di Alfredo Morganti – 25 marzo 2017
Oggi Piero Ignazi spiega come sia probabile che la destra trovi, a tempo debito, un ricompattamento. E ammonisce sull’errore di considerare Forza Italia più ‘moderata’ rispetto a Salvini. In realtà, spiega, c’è una koiné di base tra le forze di destra, una koiné populista-plebiscitaria, che non è mai andata perduta. E che potrebbe essere di nuovo il collante giusto per ‘ricompattare’, appunto, quel che oggi appare frammentato a livello superficiale, ma non nel profondo. Finalmente qualcuno, tra i commentatori di Repubblica, punta i fari e pone di nuovo l’attenzione sulla destra, ne mostra il pericolo, la definisce per quel che è: populista, plebiscitaria, ma non da ora, storicamente. E ciò, in quanto ostile alle istituzioni rappresentative, tenace sostenitrice del legame Capo-Popolo, infastidita dalla primazia della ‘legge’, insofferente verso le istituzioni sovranazionali. Qualcuno comincia a diradare la nebbia, a bucare la cortina fumogena entro la quale tutte le mucche sono divenute grigie e a ristabilire delle differenze. E a dire, insomma, che la destra è la destra, e i grillini sono i grillini. Fare un impasto non serve a niente, tanto meno mischiare alla rinfusa le cose solo per giustificare delle scelte scellerate come le larghe intese o i governi tecnici.
Fare di Grillo la macchietta utile alla bisogna è diventato un po’ lo sport nazionale della classe dirigente. Quando si dice ‘populista’ si pensa e si indica soprattutto lui, magari in compagnia di Salvini. Ignazi spiega, al contrario, che tutta la destra è populista, non solo Salvini. Salvini è solo più greve, più coatto, e più intollerante. Ma il populismo non è solo intolleranza o grevità. È, in realtà, avere in odio le istituzioni rappresentative e la centralità della ‘legge’, e puntare al rapporto diretto e leaderistico tra Capo e Popolo. Una cultura, peraltro, che è molto diffusa nel Paese, e che non è radicata solo nella destra dello schieramento. A essa attinge anche il fianco ‘sinistro’. Tolte la grevità e l’intolleranza, c’è più populismo in Italia di quanto se ne sospetti. È un humus che ingenera una politica ridotta a pochi slogan forti e a qualche sussulto mediatico, nulla più. Non è un caso che la ministra tedesca Ursula Von der Leyer inizi a sostenere che il populismo si sta sgonfiando. Quale populismo? Quello greve, quello coatto, quello intollerante? Forse. Ma quello vero no, quello è ben radicato. L’ostilità verso le istituzioni rappresentative (e prima ancora verso la politica dei ‘partiti’), verso la legge, la passione per l’uomo solo al comando, sono forti anche sui media e nei salotti politici, non solo nelle piazze dei lepenisti, oppure sui blog 5stelle.
Qual è il punto? Il punto è che sarà sufficiente che questa destra plebiscitaria, populista, liberista, si contrapponga ai lepenisti (o, meglio, li renda mansueti e addirittura li incorpori in sé!), facendosi comunque paladina della ‘democrazia’, e aprendo magari ai diritti civili (matrimoni gay, fine vita, ecc.), per raccogliere consenso a palate. Un po’ quello che è successo in Olanda, né più né meno. Il ‘populismo’ rozzo si sgonfia, ma quello vellutato si accresce e rafforza la propria posizione di governo. Portando a compimento lo scardinamento del sistema rappresentativo in nome di democrazie sempre più ristrette, ipermediatiche, prive di contrappesi, ai limiti dell’autoritarismo. Tutto questo mentre si fa credere che i veri nemici della sinistra (e nuovi Hitler) siano Grillo e quelli come lui (ricordate la campagna contro Saddam?), che gli elettori grillini siano tutti dei fascisti, che i moderati di Forza Italia potrebbero essere, nel caso, i partner di qualche ‘necessario’ governo di larghe intese, che Salvini è diverso da Berlusconi e non si alleerà mai con lui, che la crisi istituzionale c’è solo per colpa dei gufi, e che se ci fosse stato l’Italicum sarebbe stata una bellezza – che come finisce il ‘congresso’ si riparte, che tanto si punta convinti al 41%, ma che, se va male, qualcuno dovrà pure fare lo sporco lavoro di allearsi con la destra. Tutto qui, semplice semplice.