di Alfredo Morganti – 8 marzo 2016
Oggi Stefano Folli, dopo aver strigliato la minoranza sul tema primarie, scrive che “un passo alla volta si va verso la separazione sostanziale fra le due anime del PD”. Una scissione strisciante dunque, che accade perché deve accadere o sta accadendo, e che nessuno starebbe governando realmente. Ma forse è più che una scissione, e il termine è persino sbagliato. Diciamo che ci sono due partiti diversi (con due sistemi di valori, due programmi elettorali, due visioni del mondo, due pratiche politiche) che faticano a stare assieme, e che se stanno assieme è solo perché si fa un grande sforzo reciproco: Renzi perché quei voti gli servono, la minoranza per atto di estrema lealtà, diciamo così. E se fosse il momento invece di acquisire consapevolezza piena del tema? Se fosse il momento di prendere atto, fuori tempo massimo ma va bene lo stesso, che la convivenza è forzosa e fa male, anzi malissimo soprattutto all’elettorato del PD? E se ammettessimo che così non può andare avanti, perché ciò determina il ridimensionamento politico e numerico della sinistra interna, la fuga di iscritti e simpatizzanti (le primarie sono l’ennesima testimonianza), un clima di depressione e di sfiducia, il senso di percorrere un vicolo cieco, il tormento di non poter fare nulla di più che difendere il proprio cantone?
Ammettere che la rottamazione ha funzionato, sarebbe già un passo notevole. Rottamazione di ideali non solo di persone, di una tradizione che faceva riferimento ai grandi partiti di massa, di una cultura politica, che oggi latita sostituita dal grido di battaglia: ‘vincere!”. Un’onda rottamatoria che sta inondando il PD e il Paese. Leggevo alcuni dati significativi sull’atteggiamento degli italiani e dei piddini verso la chiusura delle frontiere (e verso la fine dell’Europa solidale delle persone, ma non di quella delle banche e delle reti e dei flussi finanziari). In Italia il 56,4% vuole i controlli alle frontiere contro i migranti. Nel PD la cifra è consistente, il 40,2%. Vuol dire che in questo partito c’è stato un movimento tellurico alla base, più ancora che al vertice. Che una fetta di militanza, iscritti, elettorato PD oggi è fuori, e al suo posto ne è arrivata un’altra. Una specie di spoil system della base. Che questa non è nemmeno mutazione genetica, che testimonierebbe al limite una continuità con l’organismo precedente, ma una catastrofe vera, che ha prodotto un’altra cosa. Una cosa che è difficile persino classificare. Direi una ‘bestia’ nata per vincere, comunque sia, dovunque sia, senza alcuno scrupolo, anche indossando la maglietta avversaria. Be’, come si faccia a stare in quest’altra cosa oggi, come si faccia a condividere un rapporto di comunità e di solidarietà con un mondo così diverso, che si vede lontano un miglio quanto sia diverso, è davvero per me un mistero. Forse la sfiducia che cresce nel popolo di sinistra non dipende solo dalle pessime iniziative renziane, ma anche dalle cattive risposte offerte a quelle iniziative. E purtroppo ci stiamo persino facendo il callo.