Salito al soglio di Pietro nel 2013, Papa Francesco ha fortemente caratterizzato il suo ministero spostando l’attenzione della massima autorità della chiesta Cattolica verso il mondo degli ultimi, degli sfruttati, dei poveri, di quelli che lui ha definito “scarti” della società.
Il suo linguaggio fresco, privo di fronzoli, lontano da un clericale burocratese, gli ha consentito di entrare in una forte sintonia con il vasto mondo dei fedeli che lo hanno visto e sentito sempre più vicino alle ansie e alle difficoltà della vita concreta, spesso condotta nella difficoltà di una povertà di ritorno.
Papa Francesco, con grande forza e, si direbbe , senza guardare in faccia a nessuno, proprio in coerenza con uno il suo ruolo profetico, ha denunciato senza mezzi termini, senza diplomatismi, l’orrore della guerra, anzi delle guerre, i cui tremendi strascichi di morte e distruzioni, così vasti, profondi e inumani, hanno inevitabilmente offuscato i torti e le ragioni, spingendolo in ogni possibile occasione ad invocare almeno un immediato cessate il fuoco sia nel conflitto russo ucraino che in quello israelo-palestinese e mediorientale più in generale. E né a dire che tale invocazione si sia concretizzata solo attraverso discorsi, parole, inviti, considerato che, invece, per quanto riguarda il conflitto russo-ucraino,ha impegnato il Vaticano, nel luglio scorso attraverso la missione del cardinale Parolin, segretario di Stato, in una molto concreta iniziativa di pace. Che, quand’anche rimasta senza successo, ha comunque mostrato a tutto il mondo il volto di una chiesa concretamente attiva sul terreno della lotta per la conquista della pace, per il risparmio di tante vite umane che da essa dipende, per un nuovo spirito di convivenza fra popoli e nazioni che essa comporta.
Recentemente papa Francesco è anche intervenuto in un settore generalmente molto delicato nell’ambito del magistero della chiesa cattolica, quello della morale sessuale, da sempre caratterizzata da una visione critica della sessualità e del piacere generato nell’uomo e nella donna dalla sua pratica. Una critica fondata su una mai realmente superata visione peccaminosa, appunto, del piacere, del godimento, nonostante essi rientrino a pieno titolo fra i valori positivi di una vita relazionale vissuta in pienezza e in libertà.
In proposito Francesco ha espresso parole molto chiare e innovative per il tradizionale magistero della chiesa cattolica, mettendo così fine a quel pregiudizio peccaminoso di cui sopra: «La castità è una virtù che non va confusa con l’astinenza sessuale». Essa va piuttosto intesa come «la volontà di non possedere mai l’altro. Amare è rispettare l’altro, ricercare la sua felicità». Al contrario la lussuria è «un demone» che «devasta le relazioni tra le persone (udienza generale di mercoledì 17 gennaio tenuta nell’Aula Paolo VI – vedi Adista Notizie, n. 3 del 27/1/2024-Notizia 41727 CITTÀ DEL VATICANO-ADISTA)
Naturalmente, nel suo ruolo di Papa, Francesco ha toccato molti altri importanti temi della vita associata dell’umanità e del rapporto di essa con tutto il resto della realtà naturale e ambientale, spendendo parole di estrema importanza (enciclica Laudato Sì) nel denunciare la urgente necessità di ristabilire un equo rapporto uomo-natura, di affrontare con tempestività e giustizia la transizione energetica, così come l’ancora insufficiente cammino in questa direzione. E ancora il tema della fraternità, della solidarietà umana, del superamento dell’ingiustizia sociale causata da uno sviluppo economico sociale fondato sul produttivismo, sul consumismo, sull’individualismo, sulla ricerca spasmodica del profitto.
Anche se su alcune questioni cruciali nella vita della chiesa come il mancato superamento dell’obbligatorietà del celibato per l’ordinazione sacerdotale, la mancata piena apertura alle donne ancora non ammesse a ruoli riservati a soli maschi, un ancora insufficiente spazio riservato al laicato, un non pieno riconoscimento del valore decisionale di istituti collegiali, come i sinodi, probabilmente causati anche da una resistenza della burocrazia clericale della curia romana, la spinta modernizzatrice di Bergoglio è appannata o non riesce a farsi strada, tuttavia non si può in alcun modo mettere in dubbio che il suo è stato fino ad ora un papato di forte innovazione, spesso anche di rottura con concezioni o pratiche precedenti, che ha rimesso in pista la chiesa con la modernità, da un lato, con una concretezza che non esito a definire giustamente “politica” nella misura in cui ha invitato a ricercare nella realtà dell’organizzazione dei rapporti umani, della società umana, le cause di ingiustizie, guerre, distruzioni dell’ambiente e ha, conseguentemente, dall’altro, spinto per un capovolgimento di quell’organizzazione da fondare sul valore della prassi di un amore individuale e sociale tale da riformarla nelle sue strutture più profonde.
E’ proprio alla luce di tutte queste considerazioni che sono, invece, rimasto profondamente turbato dalla recentissima esternazione di papa Francesco a proposito dell’interruzione volontaria della gravidanza e del ruolo all’interno di essa svolto dai medici definiti, molto duramente e seccamente, “sicari”
Un vero e proprio scivolone!
Nella conferenza stampa tenuta a fine settembre nel volo di ritorno dal viaggio apostolico in Belgio, Papa Francesco, rispondendo a una domanda sull’aborto ha affermato, innanzitutto, che «le donne hanno diritto alla vita, la vita loro e la vita dei figli». Un aborto, ha spiegato, «è un omicidio, si uccide un essere umano», e «i medici che si prestano a questo sono, permettetemi la parola, sicari…………….Su questo non si può discutere», perché «la scienza dice che al mese del concepimento ci sono tutti gli organi già, dunque si uccide un essere umano». Lo spunto di riflessione, inoltre, era stata la storia del Re del Belgio Baldovino, che si dimise pur di non firmare una legge abortista (V. https://www.provitaefamiglia.it/blog/le-normali-parole-del-papa-sullaborto-scatenano-lira-di-medici-e-del-belgio).
La posizione del papa sulla questione appare innanzitutto estremamente contraddittoria: da un lato, infatti afferma il diritto della donna alla vita sua e a quella dei figli, dall’altro ha incolpato i medici della soppressione della vita del feto, definendoli “sicari”, quindi soggetti autori di un reato, certamente morale, visto che sia in Belgio che in Italia, l’interruzione della gravidanza, praticata nei limiti delle rispettive leggi, non è un reato. Ma è proprio questo il punto! Sembra di tornare indietro di oltre 40 anni, visto che la legge che consente in Italia l’interruzione della gravidanza è del 1978 (legge n. 194). Ben può certo dire il Papa che la Chiesa sul punto non ha mai cambiato idea, rispetto a quanto invece è intervenuto nella società civile che, nel referendum abrogativo del 1981, per ben il 68%, si dichiarò favorevole al mantenimento della legge, e ben può dire, altresì, senza anche in questa tematica guardare in faccia a nessuno, nel rispetto della sua missione profetica, che un aborto “è un omicidio, si uccide un essere umano”, ma le cose stanno veramente così? Siamo effettivamente di fronte ad un omicidio? Qui è proprio la visione profetica che, a mio parere, viene a mancare, laddove Papa Francesco si lascia irretire in una logica squisitamente materialistica, che definirei di materialismo volgare, richiamando il parere della “scienza secondo cui al mese del concepimento ci sono tutti gli organi già, dunque si uccide un essere umano”
Ma un essere umano è forse un insieme di organi? No, assolutamente no. Un essere umano è molto più di un insieme di organi, è un essere dotato, certamente grazie ai suoi organi, ma grazie anche alla sua esperienza di vita fin dai primi momenti della nascita, fin da quando, cioè, può vivere autonomamente senza più la simbiosi con il corpo della madre, della capacità vieppiù intensa di sentire, di percepire, di elaborare di cominciare ad avere una propria relazionalità, una propria, perché no?, spiritualità. E’ impossibile indicare un momento netto di passaggio a questo livello evolutivo in cui l’insieme di organi gradualmente diventa persona, ma certo non si può affermare, se non operando una forzatura ideologica, che ciò avviene fin dal primo mese del concepimento. Stando alla tesi del Papa, a ben vedere, se l’interruzione della gravidanza avvenisse prima del decorso del mese dal concepimento, quando non ci sono ancora tutti gli organi, allora non vi sarebbe alcun omicidio! Tesi, francamente, del tutto insoddisfacente, che non tiene conto di ciò che è tipico di un processo vitale, e cioè il suo movimento, la sua dinamicità.
Si tratta, per contro, di un work in progress, in cui il momento decisivo è costituito dalla separazione dal corpo materno. L’interruzione della gravidanza è senza dubbio l’interruzione di un processo vitale in corso destinato alla formazione di un essere umano, ma ciò non autorizza in alcun modo ad affermare che, invece, si tratta dell’eliminazione violenta di un essere umano, quindi di un omicidio.
L’affermazione del Papa, inoltre, risulta, stando, almeno, a come riportata dai media, contraddittoria, laddove sembra porre in contrapposizione la donna che sceglie di interrompere la gravidanza con il /la medico che effettua l’intervento, addossando a quest’ultimo/a la responsabilità di sicario, quando, invece, l’operatore sanitario interviene solo per consentire alla donna di realizzare la sua scelta interruttiva, scelta in genere molto difficile, dolorosa, proprio perché, evidentemente, si colloca nel punto di intersezione e di contraddizione fra una gravidanza non voluta, non frutto di una scelta amorosa, e la consapevolezza dell’interruzione di un processo vitale. Dice bene Francesco quando afferma che «le donne hanno diritto alla vita, la vita loro e la vita dei figli», ma esiste un comportamento astrattamente “giusto”, un comportamento astrattamente “cristiano”, un comportamento astrattamente coerente con il messaggio di liberazione umana di Gesù di Nazaret, applicabile una volta per tutte, o non invece, in questa materia, siamo in presenza dello scontro concreto, tutto interno alla vita reale, fra la vita della donna e la vita di quel processo vitale che essa porta nel grembo. Io penso che, in un’ottica di fede cristiana, occorre assumere, con il massimo della consapevolezza, questa aporia, coscienti che la vita umana è piena di aporie nel suo fluire dalla nascita alla morte. Quale sarebbe il comportamento giusto, cristiano, di una donna che porta in grembo il frutto di una violenza, di uno stupro, di una relazione imposta con la forza, nella più totale assenza di una relazione amorosa? Non quindi, per volere rimanere all’interno di una visione cristiana, anche se forse un po’ datata, un dono di Dio, ma un “dono” del demonio. Il sacrificio di portare a termine comunque la gravidanza? Può essere. La scelta di interrompere la gravidanza? Può essere. Ciò che veramente è importante è che la donna possa operare la sua scelta nella massima libertà e nel massimo rispetto del principio dell’autodeterminazione e, in buona sostanza, nell’inevitabile solitudine della sua propria coscienza. E in questo contesto definire l’operatore sanitario, che ha il compito di esaudire la scelta della donna, “sicario”, appare veramente un grave errore, oltre ad una grave offesa.
In proposito particolarmente significativa è la riflessione della pastora Ilenya Goss – Coordinatrice della Commissione per i problemi etici posti dalla scienza delle chiese battiste, metodiste e valdesi che in un ideale interlocuzione con il Papa ha detto: “No Francesco. I medici che assistono le ragazze e le donne che scelgono di non portare avanti gravidanze indesiderate non sono sicari, sono professionisti che lavorano nel nostro Paese dove la Legge 194 tutela la maternità responsabile e il diritto di ogni donna a scegliere di quanto riguarda innanzitutto il suo organismo e la sua vita, evitando situazioni clandestine che mettono a repentaglio la salute e la sopravvivenza di donne e ragazze in difficoltà.………… No, non sono sicari, ma uomini e donne che ogni giorno stanno accanto a chi vive situazioni complesse, dolorose, drammatiche, spesso intrise di violenza subita e taciuta. Sono quelle donne e quegli uomini che sanno guardare negli occhi le persone, e rispettano la dignità senza imporre nulla, senza sottrarsi alla richiesta di aiuto di chi comunque cercherebbe il modo per non vivere quella gravidanza, mettendosi in pericolo…………”(V. https://www.facebook.com/ilenya.goss/posts/10227395662539682?ref=embed_post)