Lo 0,6 politico e quella politica economica italiana fallimentare

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Gustavo Piga
Fonte: Gustavo Piga
Url fonte: http://www.gustavopiga.it/

di Gustavo Piga – 6 febbraio 2015

E così parlò la Commissione europea. Raccontandoci di come andrà l’economia italiana nel 2015.

http://ec.europa.eu/economy_finance/eu/forecasts/2015_winter_forecast_en.htm

Toh, sorpresa, crescerà allo 0,6%. Un triplo mistero.

Mistero perché è lo stesso esatto numero previsto dalla stessa Commissione in Novembre quando fece l’ultimo aggiornamento delle stime, malgrado i non minuscoli cambiamenti in positivo avvenuti da allora per l’economia europea.

Mistero perché è, di nuovo, lo stesso esatto numero previsto dal Governo nei suoi documenti ufficiali di finanza pubblica per la crescita 2015.

Mistero perché cozza contro le fanfare di ufficiose revisioni al rialzo delle stime di crescita previste dalla Banca d’Italia pochi giorni dopo l’uscita del suo Bollettino Economico di gennaio e, in maniera più ambigua, da altri centri studi. Fanfare riprese in maniera convinta da esponenti governativi. Il mantra? “Siamo fuori dalla recessione, state sereni”.

Può darsi, ma la Commissione sembra dire ben altro: che malgrado tutti i fattori positivi intervenuti da novembre ad oggi (e sono tanti: prezzo del petrolio in calo, tasso di cambio che si deprezza, spread in (leggera) chiusura (seppure solo nominalmente e non in valore reale, cioè tenendo conto dell’inflazione)) l’Italia non cresce di più, ma stagna. Con una disoccupazione 2015 che cresce, rispetto a novembre, dalle stime di 12,6% a 12,8%. E’ un vero peccato, se la Commissione avesse effettuato una stima “seria” almeno questa volta, che istituti di ricerca nazionali prestigiosi e che dovrebbero essere indipendenti si prestino a fare da coro asservito agli slogan di Governo: ne perdono di credibilità. La verità vera rimane quella di un’economia che al primo fruscio di vento rischia di andare a rotoli (vedi recessione) per il quarto anno consecutivo: tensioni con la Russia, con la Grecia e rischio di downgrading da parte di agenzie di rating sono veramente rischi concreti con probabilità non irrilevante.

Messa a nudo la propaganda, resta l’altro mistero: perché quel numero non si schioda? Due le spiegazioni, complementari e non alternative.

Primo, basta leggere il dettaglio dei dati della Commissione per capire le ragioni di una performance che non si smuove da quella minimale prevista in novembre, malgrado un contesto per ora più favorevole: gli investimenti privati sono scesi nelle stime da una aspettativa di crescita del +1,4% di novembre ad una del +1%. Ovviamente, come sempre si fa quando si vuole dare qualche finta speranza, gli investimenti 2016 (quelli che occupano i pensieri di maghi e stregoni) sono previsti crescere sempre più: dal 3,1% al 4,1%. La verità vera, espressione assurda, è semplice: le imprese rimangono pessimiste sul futuro e non scommettono i loro soldi, trattenendo liquidità. E lo fanno per una ragione molto ovvia: una assenza di domanda interna malgrado la crescita forte dell’export, una mancanza di ossigeno che è presto spiegata dalla revisione dell’andamento dei consumi pubblici (stipendi ed appalti pubblici), che dal previsto -0,3% passano al -0,5%. Tagli di spesa buoni? Macché, ovviamente pessimi, a casaccio, vista la totale latitanza della spending review dall’agenda di Governo. Tagli che distruggono PIL ed occupazione e bloccano la manina privata degli investimenti.

Altra storia in Spagna, dove la crescita è stata rivista al rialzo addirittura dall’1,7% di novembre al 2,3%: con un deficit che rimane attorno al 4,5%, e con una spesa per consumi pubblici in salita è ben più facile sostenere l’economia! Ma questa intelligenza di politica economica pare mancare al nostro Governo che si contenta di dire che abbiamo negoziato con successo in Europa. Un successo che tutti i numeri della Commissione su quello che conta davvero per la gente, PIL ed occupazione, mostrano renitenti all’appello.

Rimane poi la seconda spiegazione, quella dello “0,6 politico”, più assurda ma non da escludere: che oggi la nostre economia viaggi veramente al misero 0,6 grazie all’economia europea sospinta dal tasso di cambio e che in realtà a novembre, quando la Commissione tirò fuori lo stesso dato in un’economia senza sostegno forte della politica monetaria, si sovrastimò abbondantemente la crescita italiana per non mettere in difficoltà il nostro Governo che aveva da poco fatto uscire il suo +0,6% (guarda un po’, lo stesso numero) di PIL per calcolare il valore dei saldi di finanza pubblica.

Come la giri la giri, c’è una professione in grave crisi ed in cerca di credibilità: quella dei previsori economici, ormai schiavi della politica e della sua esigenza di nascondere sotto il tappeto le prove evidenti della sua mediocrità progettuale e programmatica.

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