L’Italia fragile e quella che cena con Obama

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Alfredo Morganti

di Alfredo Morganti – 19 ottobre 2016

È un’Italia più fragile e più debole quella che si è seduta al tavolo con Obama. Un’Italia drogata da bonus, sgravi e minori tutele, nonché da incipienti premi maggioritari. Mai come in questi anni renziani è stata più ampia la forbice tra paese reale, quello vero, quello delle vite vere – e Paese ‘narrato’, quello che è chiuso nel bozzolo degli annunci, delle chiacchiere, dei siparietti, della cartapesta di Palazzo Chigi. I dati dell’Osservatorio Inps sul lavoro parlano chiaro, sono i numeri che tutti purtroppo ci attendevamo. Le assunzioni a tempo indeterminato sono calate di un terzo, i voucher hanno avuto un’impennata, i licenziamenti per ‘giusta causa’ sono cresciuti di un altro terzo e appena un quarto dei nuovi rapporti di lavoro è a tempo indeterminato. In sostanza il trionfo del lavoro precario, sottopagato, privo di tutele. Roba da terzo mondo. Un risultato che è frutto di 18-20 miliardi di euro pubblici buttati nel calderone senza fondo degli sgravi, e di una riduzione delle tutele sul lavoro come non si vedeva dal giorno in cui è entrato in vigore lo Statuto dei lavoratori.

Un Paese fragile, drogato, finto. Ecco l’Italia dello State Dinner. L’Italicum produrrà altro doping, offrendo 340 seggi in ‘premio’ a chi avrà avuto, sì e no, il 20-25% dei voti con un’astensione del 40%. È la fine del concetto stesso di rappresentanza, quello che assicurava che tra i vertici della piramide sociale e istituzionale e la sua ‘base’ vi fosse almeno un po’ di concordanza, il minimo consentito dalla decenza. E invece no. Lo stacco è sempre più ampio e Renzi lo accelera. Le disuguaglianze crescono, gli abissi si ampliano, diventano più numerosi i nuovi poveri (dossier Caritas) – si ‘sproporziona’ il rapporto tra Paese istituzionale e Paese sociale. La crescita è zero virgola, mentre i danni sociali sono a doppia cifra. Questa è la fotografia impietosa che varie fonti propongono. Una melma che solo la bulimia comunicativa del premier riesce a nascondere, solo la vecchia pratica di mettere la polvere sotto il tappeto riesce a camuffare. Renzi ci ha fatto credere di voler dare un impulso nuovo al Paese, ma non ha fatto altro che accelerare e lucrare sulle tendenze già in atto.

Stona dunque la mondanità dello State Dinner dinanzi a un Paese più diviso, diseguale e con meno tutele. Stonano le parole fuori luogo di Obama, rispetto alla contesa referendaria. Stona la campagna di comunicazione renziana, con quei suoi claim populisti e demagogici, rispetto alla grandezza morale, alla monumentalità istituzionale della Costituzione in vigore. Stona la propaganda che ci inonda rispetto alla realtà che è sotto gli occhi di tutti. Stonano i bonus, gli sgravi, le regalìe, rispetto alla necessità che abbiamo di investimenti e politiche strutturali. Stonano questi tre anni con le speranze mal riposte che pure Renzi aveva suscitato in una parte di elettorato di sinistra. Pensate, persino Monti oggi ha ragione a dire quel che dice (e ho detto tutto): “i problemi dell’Italia non dipendono tanto dalla forma costituzionale e dalla legge elettorale, ma da alcuni connotati fondamentali: l’evasione, la corruzione e una classe politica che usa il denaro degli italiani di domani come una barriera contro la propria impopolarità”. Per ‘classe politica’ intende Renzi, of course.

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