L’impronta digitale del premier

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Anna Lombroso
Fonte: il Simplicissimus
Url fonte: https://ilsimplicissimus2.wordpress.com/2016/01/18/limpronta-digitale-del-premier/

di Anna Lombroso per il Simplicissimus – 18 gennaio 2016

L’abbiamo visto inorgoglirsi per l’omaggio canoro di bimbette a scuola, compiacersi per gli auguri cantati dalla Puppato nelle vesti di Marylin, l’abbiamo visto infliggersi una secchiata d’acqua pur di ribadire la sua esistenza sui media e quindi in vita. L’abbiamo visto davanti alla lavagna come il maestro Manzi a spiegare al popolo bambino la sua pedagogia, l’abbiamo sentito sproloquiare in puro broccolino, l’abbiamo visto e sentito, più guitto  che mai, nella sua scadente interpretazione di leader sciovinista che duella proprio come nelle sceneggiate coi due bulli che si minacciano ubriachi di vino cattivo e paura, sperando che gli altri guappi li trattengano per non rischiare un pugno dato o preso: tenetemi che l’accido! Che si sa che i nostri tiranni non riescono mai a essere indipendenti da qualche altro più tiranno di loro.

L’abbiamo sentito farsi guardiano di legalità e trasparenza, mentre infuria un caso di infame corruzione, malaffare avvelenato, familismo sfrontato: i babbi so’ piezze ‘e core, condito di quel tanto di  P2 che in quei traffici opachi non guasta. L’abbiamo visto sulle piste, in barca, correre, pedalare. Non l’abbiamo visto, come altri prima di lui, mietere, trebbiare, piegare la potenza del marmo al suo virile piccone, perché si sa che non gli si addice la fatica e nemmeno il lavoro, che aborrisce talmente da averlo cancellato per far posto alla schiavitù, la nostra.

Ma che dittatore sarebbe, sia pure nella categoria dilettanti – e spetta a noi non farlo diventare professionista – se non avesse pensato di farsi la sua polizia, non di quelle di una volta, Ovra, Stasi, Kgb, Cia, Mossad, alcune delle quali ancora attive e non tanto segrete da non essere facilmente sospettate e identificate dietro crimini, delitti, trame, complotti. No, la sua deve essere come lui, tecnologica, innovativa, futurista, dinamica. Quindi deve parlare in gergo, ovviamente – non a caso il potenziamento renziano del Nucleo per la Sicurezza istituito nel 2013 dal governo Monti, si chiamerebbe Agenzia per la Cyber Security – ma soprattutto deve rispecchiare la sua  filosofia: stare virtualmente dentro lo Stato, per essere beneficato di investimenti, organizzazione e risorse, per ricevere legittimazione e protezione, ma  essere invece “personale e privata”, tanto che a dirigerla è stato incaricato Carrai, il più vicino, affine, amato e premiato dei famigli del reuccio, prescelto – e questo a prima vista potrebbe essere originale e sorprendente rispetto alla tradizione del giglio magico, fatta di improvvisazione, incompetenza, impreparazione esibite come qualità irrinunciabili – per la sua esperienza in materia, collaudata addirittura in una  società di sua proprietà, in barba al conflitto d’interesse.

È stato il Fatto, giustamente scandalizzato, a annunciarci che la selezione del personale è andata a buon fine. Ma è ovviamente l’Unità a congratularsi perché la nostra sicurezza è in buone mani. Lo fa con un commento entusiasta  sul quotidiano fondato da Gramsci, ma anche con uno analogo e dello stesso autore, Paolo Messa, sul “quotidiano net”  Formiche, fondato dal Messa medesimo,  che si estasia per la lungimiranza con la quale Palazzo Chigi ha deciso di prevenire i rischi legati alla Cyber Security,  non  ancora “percepiti dall’opinione pubblica”, raccogliendo raccomandazioni e direttrici del principale alleato dell’Italia,  gli Usa, intenti a promuovere, e esportare com’è costume,  “un’adeguata cultura della sicurezza”. E se lo scrive Formiche, ci dobbiamo credere: è stato soggetto promotore, si legge in Formiche.net, prima di un cyber breakfast (sic) poi di un seminario con  le intelligenze più lucide dell’intelligence occidentale dalla Pinotti, al direttore del Cyber security national laboratory, dal presidente della Delegazione italiana presso l’Assemblea parlamentare della Nato,   al Rappresentante permanente d’Italia presso la Nato, e  per non lasciare dubbi, alla presenza di  due autorevoli ospiti statunitensi: una ricercatrice del Center for strategic and international studies, e la Chief information officer di Lockheed Martin.

Ecco, non sorprende dunque il consenso suscitato dalla Cyber security targata dal tandem Renzi – Carrai, indirizzata a ispirare l’azione dei soggetti pubblici: ministeri, autorità, organismi militari, a stringere “efficaci partenariati con i soggetti privati cui è affidato il “controllo delle infrastrutture informatiche e telematiche”, tutti ugualmente concordi nella volontà di salvaguardare la “sensibilità delle informazioni del governo, delle sue infrastrutture critiche, dei suoi asset scientifici ed industriali che sono alla base dell’economia nazionale”.

Fin troppo facile per chi come me è affetto da un’indole diffidente nei confronti dei reali intenti del regime, sospettare che si possa trattare della contemporanea e moderna rivisitazione del ruolo dei delatori di condominio, di Giuseppone ‘o spione, aggiornati grazie a un sistema di sorveglianza esteso ai comportamenti e all’agire dei cittadini, “monitorati” nei consumi, nelle spese, nelle preferenze, nelle conversazioni, nelle inclinazioni, con l’esclusione di chi è collocato sull’inviolabile scanno di un qualche potere, del quale sempre di più, grazie a bavagli e limitazioni, sarà protetta la privatezza, compresa quella concernente dialoghi di ordinaria corruzione, abitudini disdicevoli, frequentazioni disinvolte.

E non ci rassicura la “competenza” dell’esperto cui è affidato il delicato incarico. Palazzo Chigi avrebbe smentito che l’incarico abbia natura “politica”, ha al tempo stesso assicurato che verrà superata la incompatibilità “tecnica” e di opportunità: Carrai il fondatore della Cys4, una start up che si occupa proprio di sicurezza informatica e ha soci israeliani e americani. E intende fare chiarezza sulla qualifica di Carrai, che avrebbe rivendicato per sé e per i suoi uomini la qualifica di “agente”.

Ma non potrà certo confutare che il criterio primario di scelta sia la fedeltà cieca e assoluta al premier, che vuole imporre il suo supersceriffo contro il parere dei Servizi, specie l’Aise, il Servizio esterno, ex Sismi, l’ Aisi o il  Dis, Dipartimento per le informazioni e la sicurezza della Presidenza del Consiglio, che si sono sempre opposti  per non perdere competenze e preoccupati della possibile subalternità dell’organismo all’Esecutivo.

Non sarà che nell’Olimpo  di Renzi, i dittatori di riferimento siano quelli delle repubbliche di Bananas? Quelli ben attrezzati di squadroni e squadracce, di una rete di spioni addetti al controllo della popolazione, a tutelare i traffici, a intrattenere relazioni con le varie malavite, grazie a agenzie e polizie provate convertite in organi di Stato e organi di stato tramutati in aziende personali?

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