L’importanza del futuro dei Kurdi e del Rojava

per tonigaeta
Autore originale del testo: Antonio Gaeta

di Toni Gaeta  28 gennaio 2016

Un sotterraneo tramutato in tomba, uno stillicidio lento e inesorabile: gli ultimi sei giorni di Cizre, ormai sotto coprifuoco da metà dicembre, sono lo specchio terribile della guerra del governo turco contro il Kurdistan. Ventinove persone sono bloccate nei sotterranei di una casa estremo rifugio dall’artiglieria pesante dell’esercito turco. Sono in trappola: feriti 8 giorni fa, sono senza cibo né acqua. Uno dopo l’altro stanno morendo, senza possibilità di aiuto, né assistenza.

Sono già 4-5 le vittime. I 25 sopravvissuti sono impossibilitati a uscire dal fuoco dell’esercito turco, che non cessa. Ancora ieri i carri armati vomitavano razzi. Una potenza di fuoco che ha danneggiato seriamente l’edificio, il tetto potrebbe collare sui feriti intrappolati.

E le ambulanze non riescono ad arrivare: «Non siamo in grado di raggiungerli, una situazione disumana – commentava sull’agenzia kurda AnfEnglish il parlamentare dell’Hdp Sariyildiz – Chiamano il 155, il numero d’emergenza, che gli dice di uscire ma parte subito il fuoco contro chi ci prova. Nell’incontro con il governatore ci è stato detto di convincerli ad uscire e a raggiungere le ambulanze, ma non possono farlo. Tra loro una donna e due studenti universitari».

La campagna militare imbastita dal presidente Erdogan è lo specchio del clima dispotico che ha investito la Turchia: l’Akp era alla ricerca di un nemico interno, con cui stringere il giogo repressivo su tutto il Paese e lo ha individuato nel Pkk (Partito dei Lavoratori Kurdi) e nel popolo kurdo.

Se a sud est è in corso un massacro dei Kurdi, tutta la Turchia è nel mirino: in Kurdistan si moltiplicano i raid contro i civili e i coprifuoco, mentre a colpire è anche la magistratura.

Dopo la sottoscrizione di un appello internazionale da parte di 1128 accademici di tutto il mondo (tra cui anche Noam Chomsky) in difesa dei diritti dei Kurdi, la procura di Istanbul ha aperto un fascicolo contro oltre 130 accademici turchi, di cui sono già stati posti agli arresti 18, con l’accusa di “propaganda terroristica”.

Inoltre, é notizia di questi giorni che per i due giornalisti turchi, Can Dündar ed Erdem Gül (vedi foto), rispettivamente direttore e capo-ufficio redazione di Ankara del quotidiano Cumhuryet, arrestati nel novembre 2015, con l’accusa di “raccolta di documenti segreti per fini di spionaggio militare e politico, nel tentativo di rovesciare il governo con ostentato sostegno al terrorismo”, é stata richiesta la pena dell’ergastolo, con isolamento per 23 ore al giorno.

La loro “colpa”, in realtà, é solo quella di avere pubblicato un articolo, con il quale si denunziava il fermo da parte della gendarmeria di un camion pieno di armi, risultato poi di proprietà dei servizi segreti turchi e destinato all’Isis. «Chi ha scritto quell’articolo di stampa pagherà un prezzo alto!» dichiarò il presidente Erdogan, poco prima che la procura muovesse le false accuse.

Fonti russe sostennero, poi, che il motivo per cui la Turchia abbatté il bombardiere russo, diretto a colpire postazioni Isis, é perché i piloti avevano avvistato colonne di camion turchi carichi di armi in viaggio verso le aree irachene controllate dall’Isis, contestualmente ad altre colonne di camion carichi di petrolio, provenienti da queste stesse aree, ma dirette in Turchia.

Lunedì scorso 11 membri dell’Hdp, il partito di sinistra pro-kurdo, sono stati arrestati su ordine del tribunale di Istanbul, perché accusati di sostenere il Pkk. Tra loro il tesoriere del partito e un membro della segreteria. La stessa corte ha aperto un’inchiesta contro l’emittente turca della Cnn per aver usato il termine “dittatore” in riferimento a Erdogan.

Sorte peggiore per Refik Tekin, il cameraman di ImcTv, ferito dai soldati a Cizre mentre catturava il momento della barbara uccisione di 9 persone, tra cui un membro del consiglio comunale, che sventolavano bandiere bianche. Refik Tekin sarà arrestato, una volta fuori dall’ospedale, con l’accusa di essere membro di un’organizzazione terrorista separatista.

Ma Erdogan punta ad una politica più aspra, che istituzionalizzi la repressione. In preparazione c’è un piano di azione contro il terrorismo. Lo ha fatto sapere il portavoce del governo, Numan Kurtulmus: 303 articoli volti a colpire la struttura sociale ed economica dei gruppi considerati terroristi: ovvero il Pkk, giacché l’Isis sfugge al mirino di Ankara..

La campagna lanciata a fine luglio contro lo Stato Islamico, infatti, si è presto rivelata una copertura, per bombardare il movimento kurdo, mentre gli islamisti godono dell’impunità turca e, quindi, non sono stati toccati.

L’avversione verso i Kurdi e in particolare del PKK non finisce qui, giacché fin dall’inizio dell’opposizione da parte dei Kurdi siriani del Rojava all’avanzata dell’Isis, Erdogan ha aiutato in tutti i modi gli islamisti jihadisti.

La misura dell’avversione turca per i kurdi di Rojava l’ha data l’altro ieri il fermo di un convoglio di aiuti diretto a Kobane. Le guardie di frontiera di Ankara lo hanno bloccato nella città di Suruc, sud della Turchia, e hanno confiscato i medicinali. «Voleva passare il confine illegalmente», hanno detto le autorità turche ed era diretto a «un’organizzazione terroristica»: le Ypg, le unità di difesa kurdo-siriane.

In vista del negoziato, previsto per venerdì dopo il rinvio, il premier turco Davutoglu lo ha ribadito: «Ankara boicotterà il dialogo se parteciperà anche il Pyd, Partito dell’Unione Democratica, rappresentante politico del Rojava. Crediamo che debbano esserci kurdi, arabi, turkmeni, sunniti, cristiani. Tuttavia, siamo contrari a Ypg (Unità di difesa del popolo) e Pyd».

Sebbene entrambe le organizzazioni siano alleate sia dei russi sia della coalizione guidata dagli Usa contro l’Isis, grazie all’efficacia militare dimostrata contro quest’ultimo, per il presidente e il governo della Turchia queste formazioni restano emanazione del Pkk. Quindi, ‘terroriste’. Per Ankara un’equazione lineare, a cui fa da contraltare l’incoerenza dell’Occidente. Pochi giorni fa il vice presidente Usa Biden tornava a etichettare il Partito Kurdo dei Lavoratori (PKK) come ‘organizzazione terroristica’, fingendo di non sapere che i kurdi siriani che vincono contro l’Isis hanno il sostegno del PKK, oltre alla sua giuda politica.

Posizione più netta e chiara, invece, quella di Mosca. Il ministro degli Esteri Lavrov ha ribadito l’impossibilità di raggiungere la pace, se i kurdi siriani saranno esclusi dal negoziato.

Al di là di quelle che sono ‘questioni di politica internazionale’, ciò che interessa far sapere e diffondere sono i motivi della connivenza con il dispotismo turco da parte dei governi europei (in particolare) e occidentali più in generale. Il 1′ é connesso con i flussi migratori dei Siriani verso l’Europa. Il 2′ é costituito dalla natura assolutamente innovativa dell’esperienza sociale e politica, che stanno compiendo i Kurdi siriani del Rojava. Si tratta, infatti, di un’esperienza che ha necessità di essere ben conosciuta da movimenti e partiti di Sinistra, europei e americani !

L’atteggiamento molto ipocrita e dei governi europei nei confronti di un regime più che dispotico, come quello turco, sta nell’affidamento che essi fanno sulla Turchia, come stato contenitore dei grandi flussi migratori provenienti in prevalenza dalla Siria (ma non solo). Su questo aspetto siamo alla follia assoluta, giacché le autorità regionali turche (cui sono affidate le accoglienze dei profughi) lamentano il trattenimento presso il governo dei miliardi di euro assegnati da Bruxelles alla Turchia, con finalità di realizzazione di campi per profughi.

Quindi, non solo stando alle fonti russe, Erdogan lucra anche a vantaggio della sua famiglia sul petrolio proveniente dall’Isis (che lo ruba agli iracheni), per quanto non consegna i fondi UE alle amministrazioni locali, che hanno il compito di allestire i campi.

Circa il 2′ dei motivi, esso interessa tutto l’Occidente, che per questo sostiene tramite la Nato il despota Erdogan. Nel Rojava, infatti, é in atto un esperimento di assetto sociale e politico, fondato su una forte partecipazione popolare al governo del territorio e delle istituzioni, che lo gestiscono. In questa forma di partecipazione, profondamente democratica, le donne hanno un ruolo determinante, che non é mai inferiore a quello maschile. Ad esempio, per ogni carica o autorità é previsto il doppio incarico (femminile e maschile), liberamente scelto da tutti i cittadini.

Questo tipo di organizzazione sociale é stata quella che ha permesso di rovesciare le sorti dell’invasione della Siria da parte dell’Isis. Essa ha smascherato il carattere non risolutivo delle azioni dei governi occidentali e ha messo in evidenza l’oggettiva importanza del ruolo di Mosca nella sottrazione all’Isis di diverse importanti città siriane, ma anche irachene.

I governi USA e UE nutrono il forte timore che l’esperienza di città come Kobane si diffonda a macchia d’olio, impedendo alle grandi compagnie private di continuare a spadroneggiare. Per questo si affrettano ad appoggiare un “dittatore” come Erdogan, che non fa mistero di ammirare Hitler e si allea persino con Benjamin Netanyahu, per stroncare l’offensiva in Iraq dell’Iran e più in generale degli Sciti contro l’Isis, noché per far fronte alle sanzioni russe contro la Turchia, a seguito dell’abbattimento del bombardiere russo.

Ciò che ai cittadini europei occorre assolutamente comprendere é che tutti i problemi a noi derivanti dalla destabilizzazione del Medio Oriente possono essere risolti soltanto appoggiando con tutti i mezzi le popolazioni dell’area che combattono l’Isis, quale fenomeno generato dai governi dell’Occidente capitalistico ! Nonché sfiduciando in modo assoluto il presidente e il governo della Turchia, al pari del regime medioevale dell’Arabia Saudita.

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