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di Luca Billi, 12 giugno 2017
Sapete che non riesco proprio ad appassionarmi al tema della legge elettorale. Ho due sole richieste: che sia costituzionale dal punto di vista giuridico e comprensibile dal punto di vista sintattico e grammaticale. Mi pare che le ultime non avessero queste caratteristiche e anche quella di cui si va discutendo ora sia piuttosto oscura. Poi credo che il sistema proporzionale sia quello più aderente alle caratteristiche della nostra Costituzione, ma se i padri – e le madri – costituenti non lo definirono come elemento vincolante immagino siano possibili delle varianti.
Detto questo le recenti elezioni che ci sono state in giro per l’Europa testimoniano che non c’è sistema elettorale che tenga: quando manca la politica mancano i voti, anzi quando manca la politica le persone non vanno proprio a votare. E viceversa.
I soloni, quelli che sanno sempre tutto, prima delle elezioni nel Regno Unito ci hanno spiegato che l’affluenza sarebbe stata bassa, perché si trattava del quarto turno elettorale in due anni. Invece l’affluenza è sta alta, più alta che nelle elezioni precedenti, grazie soprattutto alla capacità del Labour di mobilitare nuove fasce di elettori, specialmente giovani, molti disillusi dalla politica e dalla sinistra. Non ci si stanca della democrazia, ci si stanca di votare per persone e partiti che non ci rappresentano, che non rispettano gli impegni. E proprio grazie a questi “nuovi” elettori il Labour di Corbyn ha sfiorato la vittoria, pur con un sistema elettorale – il maggioritario di collegio – che favorisce da sempre l’elettorato conservatore, perché dà un peso maggiore alle campagne rispetto alle città, perché favorisce piccoli potentati locali rispetto ai grandi partiti di massa. Eppure gli esperti di numeri hanno calcolato che con poco meno di tremila voti, distribuiti nei collegi in cui i candidati laburisti sono arrivati secondo per pochi voti, adesso Jeremy Corbyn, il socialista Jeremy Corbyn, il repubblicano Jeremy Corbyn sederebbe a Downing street; naturalmente la storia non si fa con i se e il Labour ha perso, ma non era impossibile che vincesse, proprio perché tante persone sono andate a votare.
In Italia i giornali di regime inneggiano alla vittoria di Macron in Francia. Certo il giovane rampollo del finanzacapitalismo ha sbaragliato, in un sistema maggioritario a doppio turno, gli altri partiti, ma grazie a un’affluenza bassissima: un francese su due non è andato a votare. Chi non vota perde sempre ovviamente, ma se milioni di persone non hanno votato significa che non c’era nessuno capace di rappresentarli. Mi rendo conto che è una banalità, eppure la regola in democrazia è sempre questa, ed è di una semplicità disarmante.
Bassa affluenza è quasi un ossimoro – un po’ come brutta calligrafia, perché questa parola significa già bella scrittura – infatti affluenza significa venire in folla, abbondare. Infatti quando il popolo vota in massa, allora vince, ma quando lascia che altri votino per lui, è destinato a perdere. Ma affinché voti occorre non tradirne la fiducia e far capire che quel voto serve. Questa è l’unica riforma elettorale di cui la sinistra – in Italia, in Europa, nel mondo – abbia bisogno.