di Antonio Gaeta – 29 luglio 2018
Tutti i Paesi dell’Unione Europea da oltre 30 anni sono pacificamente “invasi” da porzioni rilevanti di popoli slavi, nord-africani e in misura minore mediorientali e latino-americani.
Se ne deduce con grande facilità che la sola “invasione” temuta da una considerevole porzione di popolazione “bianca” europea é quella dei popoli africani di colore o comunque “troppo olivastri”, come i Rom.
Nel nostro continente stiamo improvvisamente scoprendo quanto radicata sia l’ostilità nei confronti di quest’ultime popolazioni. Forse pochi sanno che il colore della pelle é la principale discriminate, su cui si fonda l’ideologia razzista: quella che da circa un secolo alimenta il nazi-fascismo europeo e statunitense. (1)
Sotto questo aspetto viviamo ancora nella prima metà del ‘900 e sembra che in Occidente gli ultimi 50 anni di progresso economico, sociale e tecnologico siano privi di conseguenze, in termini di reali cambiamenti culturali. Occorre anche dire che, purtroppo, a questa forma di arresto evolutivo ha fortemente concorso chi in Europa idealmente e politicamente diceva di voler sostenere l’unione e l’integrazione tra i popoli, senza preclusioni e distinzioni di “razza, lingua e religione” (come da Costituzioni più avanzate). (2)
Per iniziare a dimostrare l’affermazione in premessa, riporto i dati demoscopici in nostro possesso, relativi soltanto agli ultimi 30 anni. Innanzitutto le immigrazioni nella UE dai Paesi europei (Russia esclusa) non UE ! Si calcola, infatti, che dal 1987 al 2017 da Ucraina, Bielorussia, Serbia, Bosnia e tutti gli altri Paesi balcanici (prima e dopo ammissione UE o non ammessi) sia emigrato circa il 50% della “popolazione complessiva iniziale” (per non confondere con quella successiva e attuale), con destinazione privilegiata tutti i Paesi dell’ovest (Francia, Gran Bretagna, Germania, Italia, Spagna). Il dato più eclatante é quello dell’Ucraina !
Tra il 1950 e il 1970 la coesistenza tra i due grandi sistemi politici (Sovietico e CEE) mantenne una tendenziale convergenza di crescita demografica, con saldi tra natalità e mortalità sempre attivi.
Dal 1989 (caduta del muro di Berlino e poco dopo dell’intero sistema sovietico) questo sostanziale equilibrio demografico fu sconvolto (3). Si calcola, ad esempio che l’Ucraina in poco tempo diminuì di circa 9 milioni di abitanti, stessa cifra che acquistò la Francia. Negli anni successivi, fino al 2017, l’Ucraina ha visto diminuire ulteriormente la sua popolazione, portandola al 25% in meno nel trentennio. I dati demografici dicono che da circa 60 milioni, alla fine del 2017 gli ucraini sono diventati poco più di 40 milioni.
La Francia, invece, grazie anche al vituperato (in Italia) ‘jus solis’, ha raggiunto quota 67 milioni di abitanti (7 in più dell’Italia).
Occorre dire che la Francia aveva popolazione senza dubbio inferiore all’Italia, ma in pochi decenni é divenuto il 2′ Paese più popolato della UE, dopo la Germania ! Mentre in Italia il crescente saldo negativo tra natalità e mortalità, grazie anche alle temute e ostacolate (dai razzisti) “invasioni”, decresce a ritmi impressionanti.
Tutti gli economisti sanno che in un sistema economico che punta allo sviluppo (e non soltanto all’accumulazione), maggiore popolazione attiva (produttiva) significa maggiore prodotto interno lordo (famoso PIL): ovvero più ricchezza, che può essere utilizzata per la migliore integrazione culturale. Non a caso i Paesi che, dopo la Brexit e le pessime prove governative italiane, reggono le sorti della UE sono attualmente la Germania e la Francia.
Rimanendo al raffronto trentennale, i dati demografici dell’Italia ci dicono che nel 1987 eravamo 56.594.488 abitanti, con un tasso di natalità pari al 9,8%, nonché un tasso di mortalità pari al 9,3%, quindi con un saldo naturale attivo pari +26.540.
Continuando a indagare, nel 2017 l’Italia aveva 60.589.445 abitanti, con un tasso di natalità pari al 7,7% e un tasso di moralità pari al 10,7%, quindi con un saldo naturale negativo di -190.910. Se il parlamento italiano avesse approvato la legge sullo ‘jus solis’, la popolazione sarebbe in leggero aumento e non in decrescita.
L’aspetto più preoccupante é comunque quello dello stop all’immigrazione africana, che in assenza di un’adeguata politica di sviluppo dei servizi sociali (e conseguenti agevolazioni per la gestione delle nuove nascite), porterà in breve tempo a una forte decrescita demografica. Secondo le più attendibili stime ONU nel 2050 l’Italia avrà una popolazione di 56,5 milioni di abitanti, a fronte di 717 milioni di europei (nel 2018 744 milioni). In un quadro demoscopico complessivo, che stima quella mondiale in circa 10 miliardi, di cui oltre il 50% in Asia.
Se consideriamo le stime di incremento demografico in Africa (2,5 miliardi, pari a ¼ di quella mondiale), si può comprendere molto bene quanto sia dettata dall’ignoranza sul genere umano, nonché miope e anche stupida l’ideologia razzista che affligge il nostro Paese.
NOTE:
(1) – Un caso a parte é quello nei confronti degli Ebrei, in quanto popolo non indoeuropeo, sebbene abbia assorbito ampiamente la cultura patriarcale e misogina della “razza ariana” !
(2) – Circa le citazioni costituzionali del termine “razza”, é stato ampiamente chiarito che non costituisce un riconoscimento dell’esistenza delle razze, giacché la genetica non aveva ancora scientificamente dimostrato, che il colore della pelle non costituisce motivo di cambiamento del genoma umano: quello per tutti dell’Homo Sapiens.
(3) – Una frase ricorrente tra queste popolazioni recita: “La cosa più dura del comunismo é stata la fine del comunismo”