Libia. Altro che fake: i filmati delle torture ai migranti sono veri

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Nello Scavo
Fonte: Avvenire
di Nello Scavo  29 agosto 2018
Pochissimi li hanno visti eppure alcuni hanno deciso che sono falsi sulla scorta di un lavoro di fact checking su alcune foto. Noi abbiamo sbagliato due didascalie ma i video sono veri.

Ci sono due filmati con orribili torture che pochissimi hanno visto ma che tanti hanno già deciso essere falsi. Eppure chi li ha visti, non ha dubbi: contengono immagini orrende e con protagonisti profughi. Lo si capisce da alcuni riferimenti chiari che rimandano a centri di detenzione libici. Sono quindi impubblicabili per le regole morali e deontologiche della professione giornalistica e per la nostra coscienza di cristiani.

Ma allora, perché tanti hanno deciso che sono falsi? Tutto nasce da due foto da noi usate per illustrare l’articolo che raccontava di questi filmati mostrati al Papa, consegnati al medico di Lampedusa Pietro Bartolo (responsabile delle prime visite a tutti i migranti che sbarcano a Lampedusa) da alcuni richiedenti asilo. Il dottore li ha dati al cardinale Montenegro, presidente della Caritas, il quale li ha portati a papa Francesco.
Nel creare la didascalia delle foto abbiamo erroneamente scritto che erano frame tratti dai filmati. Invece si tratta di foto, anche queste consegnate da alcuni richiedenti asilo. Cosa di cui ovviamente ci scusiamo. Ma i filmati esistono, sono drammatici e sono stati consegnati alla magistratura inquirente. Ed è di questi che parla il nostro articolo.

Detto questo, però, restiamo alle critiche che ci sono state mosse per le foto.
Il sito americano di fact checking Snopes aveva già analizzato queste e altre foto nel 2017. Esattamente un pacchetto di 7 fotografie, arrivando alla conclusione «che cinque non riguardano la tratta di esseri umani in Libia» e di due «non si riesce a risalire alla fonte e quindi a dare un’indicazione certa su dove sono state scattate e quando».

Sono proprio queste ultime due, quelle usate da Avvenire. Di quelle non attribuibili al commercio di schiavi in Libia sulle nostre pagine non c’è traccia. L’analisi di Snopes parte dalle foto pubblicate su Facebook il 24 novembre 2017 da un utente, Rayon Pyne, che denunciava l’indifferenza di fronte al “commercio di schiavi attualmente in corso in Libia”. Nei mesi precedenti, l’Organizzazione mondiale per le migrazioni (Oim) aveva rivelato l’esistenza di mercati per la vendita di schiavi in Libia e Niger; una notizia successivamente confermata dalla Cnn, che aveva mostrato un filmato con le aste in cui i migranti venivano acquistati e venduti tra indicibili sofferenze e torture.

Torniamo alle due foto pubblicate da Avvenire. Per la foto dell’uomo di colore a petto nudo e legato, Snopes non è riuscito a individuare la fonte originale. Scrive il sito americano di fact checking «l’immagine è apparsa nel blog italiano Social Popular News due volte tra febbraio e marzo 2017, mentre ad agosto è stata postata nel blog Milano in Movimento che l’accreditava al fotografo italiano Alessio Romenzi, ma non sono state trovate prove a conferma».
La seconda immagine da noi mostrata è quella di tre uomini seminudi, legati ai piedi e appesi a testa in giù contro un muro. Neanche di questa il sito è riuscito a individuare con precisione l’origine. «La prima apparizione risalirebbe al 25 ottobre 2017 in un sito nigeriano: citando un utente Facebook, si sostiene che gli uomini siano stati attaccati da alcuni giovani dopo aver commesso un non meglio precisato crimine».

Quindi? Quindi è partita la contraerea. Siccome le due foto non sono riconducili con certezza alla tratta dei migranti in Libia, allora tutto è falso. I filmati (che, ripetiamo, pochissimi hanno visto) sono «falsi» e così via col solito armamentario di offese e di ironie.
Meglio ribadirlo: sono state sbagliate due didascalie. Purtroppo succede di sbagliare anche a chi cerca di lavorare sempre col massimo dello scrupolo e facendo tutte le verifiche. Per la cronaca: alcuni giornalisti e blogger che stanno attaccando Avvenire sono stati invitati a visionare quei filmati, per rendersi conto di persona della gravità di ciò che contengono. Sinora non se la sono sentita di venire a vederli.

Una procura della Repubblica ha invece richiesto e acquisito i video dei lager libici mostrati al Papa e di cui Francesco aveva parlato in aereo durante il viaggio di ritorno da Dublino, a seguito dell’Incontro mondiale delle famiglie. «Ho visto un filmato in cui si vede cosa succede a coloro che sono mandati indietro. Sono ripresi i trafficanti, le torture più sofisticate. Prima di rimandarli in Libia bisogna pensarci bene». I reportage del nostro giornale del 2017 e del 2018 sui centri in Libia sono stati invece acquisiti dalla Corte Internazionale di giustizia dell’Aja.

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