di Luigi Altea – 12 giugno 2016
Alessandro Sallusti ha sempre sognato di diventare un grande giornalista.
Finora, però, si è aggiudicato solo il premio della Penisola Sorrentina, conferitogli da una giuria imparzialmente presieduta da Magdi Cristiano Allam.
Per il resto ha collezionato una sfilza di sanzioni disciplinari e di sospensioni dall’Ordine dei giornalisti. Oltre a condanne varie dalla magistratura.
La Cassazione motivò la conferma di un anno e due mesi di reclusione, con la “spiccata capacità a delinquere, dimostrata dai precedenti penali dell’imputato” .
Giorgio Napolitano, sempre sensibile alle difficoltà dei più bisognosi, gli commutò la pena in una sanzione pecuniaria.
La grazia a Sallusti più che un atto di clemenza… fu però un ossimoro.
Basta guardarlo, infatti, quando incombe in TV, saltando da un canale all’altro per dare il cambio alla sua compagna Daniela Santanché, assieme alla quale vive da anni, ma sempre in canali separati.
Sallusti è decisamente sgraziato. Anche quando abbozza un’improbabile cortesia o quando cerca di far passare per attestazioni di simpatia le sue viscide carognate.
Sallusti sembra davvero un uccello notturno, un po’ stanco, col sorriso di maniera, smorto, gli occhi spenti, lo sguardo sfuggente, la voce monotona, il volto afflitto come fosse sempre in attesa di restauro.
Almeno a me appare come un pipistrello televisivo, tetro, cupo, sempre imbronciato, che vola basso, pesante, ostile, minaccioso…
La sua fronte è larga, e farebbe supporre una grande intelligenza e una vasta cultura, ma la sua testa grande si rivela una spugna gonfia di idee altrui… comprese le idee di Adolf Hitler, contenute nel lugubre Mein Kampf, che il geniale “pensatore” di questa povera Italia, ha deciso di pubblicare e regalare ai nostalgici e agli indomiti.
Per nostra fortuna viviamo ancora in una Repubblica antifascista nata dalla Resistenza.
E per nostra fortuna Sallusti non rappresenta certo la società italiana, anche se in lui s’identifica la sua parte nera, l’escrescenza maleodorante di un fascismo, mai del tutto sconfitto.
Rimestare i fondali fognari di una storia vergognosa serve solo ad esaltarne il fetore.
E tuttavia, limitarci a turarci il naso, in questi tempi difficili e ambigui, non basta, non elimina i miasmi e non bonifica la vita.
Liberiamo le narici, respiriamo a pieni polmoni. Solo così misureremo la profondità del nostro disgusto.