L’Europa, l’anti Europa e i tornaconti di chi non ha una visione politica

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Alfredo Morganti

di Alfredo Morganti – 30 giugno 2016

Per Renzi la Brexit è un’opportunità (sono sue parole), per la Merkel invece è, prima di tutto, “un momento molto particolare” di crisi, perché “è la prima volta che uno Stato membro decide di partire, e non ci facciamo molte illusioni” in merito alla complessità del compito che attende l’UE. Le parole, le dichiarazioni celano non solo un pensiero, ma anche un atteggiamento, uno stile politico, una visione. C’è chi sente fortissimo il peso di una transizione inedita, difficile, probabilmente tormentata, e chi fa subito due calcoli sul proprio tornaconto. A riprova di ciò già circola un’ideona, quella di creare una no-tax area per attirare con lo sconto fiscale capitali in fuga da Londra. Un mini paradiso che dovrebbe localizzarsi a Milano, ex area Expo (si è detto anche di Bagnoli, ma io ci ho colto una furbizia). Come ha dichiarato un immobiliarista milanese, si tratta di creare dei distretti agevolati (ma si parla di uno, Milano appunto) in cui attrarre capitali esteri e investitori privilegiati. Promuovendolo magari con un vero e proprio roadshow (io Renzi a fare il promotore finanziario ce lo vedo proprio).

A proposito di atteggiamento da statisti, pensate anche alla questione delle banche (ma come, noi italiani non eravamo al sicuro?). Pur di non ritrovarsi con maree di piccoli obbligazionisti o addirittura risparmiatori in piazza, Renzi sta tampinando la Merkel per godere di deroghe al bail-in e intervenire con aiuti di Stato nelle eventuali crisi bancarie, mettendo in salvo i correntisti. Le deroghe sarebbero motivate dalla crisi prodotta dal leave e dalla presunta emergenze sistemica in corso. Ancora un calcolo di opportunità renziano connesso all’esito della Brexit. Tutta qui la risposta dello premier italiano al terremoto europeo: la ricerca di nuove opportunità per il nostro Paese all’interno di una crisi di dimensioni mai viste in Europa. Eppure la lettura di quella crisi dovrebbe essere ormai chiarissima a tutti: ‘remain’ e ‘leave’ segnano la faglia di confine che separa due Europe, o meglio un’Europa e un’anti Europa. Speculare opportunisticamente sulle chance offerte dall’Europa in crisi, ignorando quasi totalmente l’esistenza di un’anti-Europa è miope. L’attivismo del premier e di tanti tecno-economisti nostrani sembra quasi la certificazione (e l’assunzione) di questa spaccatura. Come dire: la situazione è questa, pazienza, ora cerchiamo di guadagnarci qualche tornacontino. Così magari ci scappa pure il margine per qualche bonus pre-referendario.

Diversa mi sembra la consapevolezza di un uomo come Gordon Brown, che in un intervento sul Corsera insiste sullo “svuotamento delle nostre città industriali” che ormai ospitano “una quota sproporzionata di lavoratori semi-qualificati che sentono di essere dalla parte sbagliata della globalizzazione e che hanno scelto di votare leave”. Certe metafore (mondo aperto contro mondo chiuso), dice Brown, sono soltanto il rifugio di chi vuole “svuotare il sistema delle ideologie ed evitare di affrontare le enormi disuguaglianze, che sono il tallone d’Achille della globalizzazione”. Be’, queste parole non le sentirete mai in bocca a un uomo come Renzi, che al più, mentre cerca ‘opportunità’ italiane nel disastro della crisi, può chiedere la concessione della piena circolazione europea ai giovani erasmiani (e perché, i vecchi che gli hanno fatto?), ma mai dilungarsi troppo con la ‘vecchia’ storia della crisi sociale ed economica di un mondo artigiano, industriale, locale che il mercato globalizzato della finanza ha triturato a vantaggio di ristrette élite. Mentre Milano vuol fare la no-tax area a vantaggio di qualche oligarchia finanziaria che in primis non vuole essere tassata, le periferie sociali se ne vanno senza nemmeno salutare quelli che partono in business class per il roadshow promozionale del nuovo miracolo italiano.

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