Fonte: La stampa
L’Europa e la piazza, Carofiglio: «Una comunità contro il rancore tossico. L’Europa è il perno fondamentale del futuro del mondo intero»
Nel suo intervento dal palco, Gianrico Carofiglio cita Winston Churchill: «Combatteremo, non ci arrenderemo mai». Non però sulle spiagge e sui luoghi di sbarco, ma «con l’arma micidiale dell’intelligenza, nel rispetto della non violenza, ovunque un diritto viene calpestato, con allegria e senso del dovere», aggiunge lo scrittore ed ex magistrato. Davanti a lui, un tappeto di bandiere blu a stelle gialle dell’Europa, tante arcobaleno della pace, alcune dell’Ucraina. «Il valore di questa manifestazione non è: siamo uniti su tutto. È nel concetto profondo di comunità».
Una comunità che si è ritrovata?
«Una comunità di persone che condividono il metodo, stare insieme. E alcuni valori di merito, pur con opinioni diverse».
Le opinioni diverse della vigilia, per semplificare tra chi è d’accordo con il riarmo dell’Europa e chi no, hanno trovato una sintesi in quella piazza?
«Sono rimaste sottotraccia, come era giusto che fosse. È stata una prova di maturità da parte di chi è intervenuto, non per paura di affrontare punti di dissenso, ma per concentrarsi sulla comunità, che penso sia il concetto chiave del futuro delle forze progressiste».
È quello che ha smarrito la sinistra?
«Ho letto da qualche parte una definizione che mi è sembrata acuta: il Pd è un partito che ha elettori ma non un elettorato. Nel senso che a quegli elettori manca il senso di essere una collettività. E comunità è una parola bellissima: viene dal latino cum munus, dove munus sta per incarico pubblico che si esercita gratuitamente, ma anche per dono, regalo».
Questa comunità non rischia però di guardare molto al passato, a Ventotene, a Spinelli, ma poco al futuro?
«Ci sono stati interventi su Ventotene e Spinelli, certo. Ma anche altri che guardano più al futuro. La società è attraversata da vampate di rancore, che coinvolgono soprattutto i ceti più bassi. I populisti prendono questo rancore e lo indirizzano verso capri espiatori. Le forze di progresso devono invece trasformarlo in indignazione. Perché il rancore è tossico, mentre l’indignazione è il motore di cambiamento del mondo. Una manifestazione come questa offre uno spunto per ragionare di queste cose».
L’obiezione già pronta della destra: siete quelli della Ztl.
«Può darsi che in piazza ci fossero molti residenti in Ztl, ma ciò non toglie l’utilità di una militanza gioiosa. Ora la questione è scovare proprio quelli che pensano che la politica progressista sia roba da fighetti. Proporgli un’alternativa richiede un sacco di lavoro, inclusi dei momenti in cui si prova l’emozione dello stare insieme, in tanti, diversi».
Quello che unisce quella comunità è la consapevolezza che l’Europa è comunque casa nostra?
«L’Europa è il perno fondamentale del futuro del mondo, portatrice di una cultura in cui tutti siamo in grado di riconoscerci».
Il convitato di pietra della piazza, pur poco citato, era il presidente americano Donald Trump…
«Ed è stato giusto non citarlo molto. Parlarne quotidianamente è fare il gioco di un signore che non ha alcuna preoccupazione di coerenza o di decenza, capace di contraddirsi tre volte nella stessa giornata. La cosa importante è cercare di contrastarlo su tutti i terreni in cui è possibile farlo».
Il promotore, Michele Serra, ha concluso l’intervento citando Nanni Moretti: non perdiamoci di vista. Come si fa a non perdersi di vista?
«Il rischio è che una manifestazione spontanea come questa vada alla ricerca di una istituzionalizzazione. Forse un modo per non perdersi di vista è conservare il senso della situazione, dei valori, della comunità, per praticarli dove si dovrebbe. Io sono tra quelli che pensano che vada rivitalizzata la forma partito».
Lei come la pensa sul piano di riarmo dell’Europa?
«Sono contento di non avere una responsabilità politica perché posso ammettere di non essermi formato un’opinione definita. Sento tanti esprimere giudizi: io mi riconosco molto in una frase di Nassim Taleb, matematico e originale pensatore: “Se non hai un’opinione, non avvertire la pressione di averne subito una”».
Lei è stato senatore del Pd per una legislatura, anni fa. Che impressione le fa ora il dibattito che si è aperto nel partito, dopo il voto di Strasburgo?
«La diversità di opinioni, entro certi limiti, è un valore. Il problema è quando viene sfruttata per regolare conti interni. Non so se sia questo il caso, ma di certo andrebbe evitato».
Cosa si aspetta da Schlein?
«Non so cosa farei se fossi al posto suo. Forse direi che lo scenario eccezionale richiede un chiarimento: e magari un congresso non è una cattiva idea»