L’Eurobarometro e la retorica de “La Stampa” sull’Italia confusa perché ormai euroscettica

per mafalda conti
Fonte: Voci dall'estero
Url fonte: http://vocidallestero.blogspot.it/2014/11/leurobarometro-e-la-retorica-de-la.html

da Voci dall’estero

Le falsità e la retorica dei mass media si fa scomposta:  il nostro @Chemiculture ci ha mandato un commento all’articolo de La Stampa che tratta gli italiani da confusi alla ricerca di formule magiche solo perché il sondaggio dell’Eurobarometro UE rivela che secondo noi l’Euro non è una cosa buona per il nostro paese…

Se tutti pensano la stessa cosa, allora qualcuno non sta pensando” ebbe a dire il generale Patton. E da come operano i media oggi, sembra che a non pensare siano in parecchi…

E’ quanto traspare dai contenuti proposti dall’odierno main-stream: se non abbracci il “pensiero unico”, sei un’anomalia! Parlo in particolare di un articolo apparso il 30 Ottobre su La Stampa, a firma di Mario Deaglio, intitolato Ma fuori dall’Euro non c’è futuro, che commenta i recenti dati divulgati da Eurobarometer, strumento di monitoraggio della Commissione UE sullo stato di fiducia dei paesi membri nei confronti della moneta unica.  L’Eurobarometro posiziona il Bel Paese al secondo posto nella lista dei Paesi della EZ in quanto a scetticismo sulla moneta unica, con ben il 47% degli italiani convinti che l’euro non sia una buona cosa per il proprio paese, contro il 43% di favorevoli, e la restante parte di indecisi. L’Italia detiene il record dopo Cipro, paese ai massimi della sfiducia. Invece di prendere atto di questo vero e proprio balzo in avanti dell’euroscetticismo degli italiani,  cercandone magari le cause, l’articolo si esibisce in un vero e proprio esercizio di retorica che dipinge l’Italia come un paese “anomalo e confuso, una confusione avvalorata dal fatto che neppure il fronte dello scontento, organizzato da politici di bassa lega, arriva alla maggioranza assoluta. Alla ricerca di un «provvedimento semplice», quasi una formula magica… “. Discostarsi dal pensiero unico vuol dire essere confusi e sempliciotti un po’ illusi, a quanto pare.
Ma qual’è una delle tesi più sbandierate dall’articolo sulla importanza dell’appartenere alla UE, ancor di più alla EZ? Nientepopodimenoché il fatto che “fuori dall’euro non ci sono amici”, nel senso che l’Italia, qualora uscisse dalla moneta unica, verrebbe lasciata da sola, come la bimba sfigata della classe. Sì, perchè il suo patrimonio artistico, il know-how tipico del Made in Italy, la sua strategica posizione geografica, non contano niente, se non hai quello status symbol.. se sei fuori dall’euro.
Ecco un caso in cui le idee vengono soppiantate dalle ideologie: non è più l’analisi oggettiva dei dati relativi alle economie della EZ prima e dopo l’introduzione di regimi monetari più o meno flessibili a tracciare la rotta, ma l’ideologia dell’ “Euro? Non sei figo se non ce l’hai”. L’articolo de “La Stampa – Opinioni” addirittura riduce il dato reso noto da Eurobarometer alla conseguenza di un semplice atteggiamento da bambini che, rimasti scontenti per qualcosa, “non fanno più amico” l’euro – invece che ad un mal sentire comune legato, magari, ad una maggiore consapevolezza dei processi economici o magari semplicemente a un sentire più “di pancia”, basato sui ricordi che molti italiani hanno del livello di benessere reale che fu del periodo pre-euro piuttosto che dell’attuale. L’unica soluzione proposta dall’unico pensiero è chiaramente la totale cessione di sovranità da parte di ogni Paese membro dell’euro verso una generica “Europa”, che non viene mai identificata in alcuna istituzione precisa e che in ogni caso – con l’unica esclusione del detto “parlamento europeo” che in realtà non legifera – è composta da persone non elette.
Ma il “pensiero unico” espresso nell’articolo non si limita a questo. Esso infatti si articola in più ambiti, tutti campati in aria allo stesso modo: bisogna unirsi perché c’è la Cina (in effetti è una novità, non s’è mai sentito dire che i romani commerciassero coi cinesi), bisogna avere una moneta forte perchè sennò le materie prime ci costano di più (senza minimamente considerare che se importare costa meno, esportare diventa più difficile), bisogna restare nell’euro perchè sennò per fare la spesa ci vorranno le carriole (certamente prodotte all’estero), che se si svaluta la moneta il PIL cala della stessa entità della svalutazione, che bisogna cedere sovranità all’Europa perchè in Italia c’è la corruzione ed una infinità di altri infondati luoghi comuni più facili da metter giù che andare a prestare attenzione ai dati reali. Agghiacciante è la quantità di luoghi comuni utilizzati, ormai già smontati dalla buona e autorevole informazione che ormai circola sulla rete,  ma che inesorabilmente vengono riproposti sui grandi media, nella speranza che, come insegnava il buon (come addetto alla propaganda) Göbbels, la menzogna ripetuta un opportuno numero di volte diventi verità (o torni ad esserlo). E’ il caso anche del cosiddetto “dividendo dell’euro”, teoria secondo la quale l’Italia avrebbe sfruttato dei tassi (artificialmente) bassi grazie alla “maggiore credibilità” (ossia la incrollabile certezza degli investitori che il peso di una qualsiasi crisi si sarebbe scaricato sui salari reali dei lavoratori e non sui tassi di cambio dell’euro verso le altre monete) acquisita con l’aggancio valutario della lira italiana al D-Mark. La realtà delle cose è, ovviamente, un’altra. Infatti, molte volte è stato dimostrato che il crollo dei tassi d’interesse sui titoli di Stato scese in tutto il mondo nel periodo in cui fu introdotto l’euro e l’Italia si attestò intorno al 2% nel periodo pre-crisi.
Ciò che piuttosto colpisce è il dato relativo ai molti Paesi colpiti dalla crisi e che invece mostrano di essere in maggior parte favorevoli all’euro, come la Grecia, la Spagna e il Portogallo, probabilmente perché imputano ad altre cause il perdurare della crisi, magari aiutati da un forte razzismo verso il proprio Paese alimentato ad hoc dai mass media che appoggiano la retorica del “Paesi spreconi vs Paesi virtuosi”.
Evidentemente in Italia il barometro misura un’aria che si fa sempre più pesante… Sarà che l’informazione reale basata sui fatti sta pian piano squarciando il pesante velo d’ignoranza steso dai media? E che questo articolo della Stampa è un modo scomposto per tentar di redarguire e rimettere in riga il cittadino che alza la testa e annusa l’aria?
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