L’etica sportiva e la fine repentina della Super Lega

per mafalda conti
Autore originale del testo: Alfredo Morganti
L’etica sportiva e la Super Lega
Vi dico la verità. Non mi aspettavo una fine così repentina della Super Lega. Ho pensato: avranno preparato il suo lancio a mestiere, avranno attivato studi legali, società di marketing, relazioni ad altissimo livello, collaborazioni strategiche tali da schiacciare sotto lo stivale di ferro tutto il movimento calcistico. E invece, alla fine, essa si è rivelata il classico gigante d’argilla. Ed è crollata ancora in fasce. Qual è stato il calcolo sbagliato? Quello che non ha previsto la reazione dei tifosi, e che non ha calcolato la persistenza di un’etica sportiva, per quanto debilitata dai tempi che corrono e che la mettono costantemente a dura prova. Popolo dei tifosi e valori sportivi, dunque, che hanno funzionato come basi di resistenza e di rigetto.
Hai voglia a dire che è tutto tabula rasa, che impera un cinismo (nichilismo) insormontabile e che non c’è più salvezza. Per quanto ci provino ad allisciare il campo, a cancellare i rilievi etici, ad addormentare le coscienze col mercato, l’operazione non potrà mai essere definitiva, ultimativa, il lavoro ideologico per quanto tenace non dovrà mai fermarsi. Perché sennò si incappa in queste figure barbine. Nessuna tecnica, nemmeno quella più aggressiva, potrà mai cancellare le forme di resistenza che si annidano all’interno della società e della politica, per quanto singolari, per quanto puntuali. La reazione dei tifosi è stata immediata, quasi automatica. In questo caso le élite finanziare hanno dovuto ricalcolare le proprie strategie e fare un passo indietro repentino. Per quanto il calcio sia diventato di gomma, plasmandosi su interessi (mediatici, per primi) pressanti, d’altra parte non è nemmeno quel giocattolo neutro e ormai “mutato” che si vorrebbe far credere. Perché continua a convogliare passioni, sentimenti popolari, mitologie personali, affetti ed emozioni, che hanno resistito al mercato e alle lusinghe finanziarie.
È scattata l’etica sportiva. Che non è morta come ideologicamente si dice a proposito di ogni etica. E che dice: lo sport è competizione leale, chi vince deve dimostrarsi superiore sul campo, non altrove (negli uffici finanziari, per dire, o in camera caritatis politica). Pretendere in anticipo e ancor prima di competere il premio (ossia la partecipazione a una competizione che abbonda di miliardi di euro) è immorale, non è abito sportivo. Che invece è patrimonio comune dei tifosi. Lo so. È convinzione diffusa che l’etica non esista, che non si diano virtù ma solo interessi, non valori ma utilità personale, che gli stessi valori non abbiano più una tavola, che il disincanto, il cinismo, la razionalizzazione, la neutralizzazione, la tecnica abbiamo spogliato l’anima di tutto, anche di se stessa. Poi però accade questa cosa della Super Lega e ne resti piacevolmente sorpreso. Ed è forse una di quelle sorprese di cui dovremmo fare tesoro. Anche in politica. Per prima cosa in politica.
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