L’equivoco

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Alfredo Morganti
Fonte: facebook

di Alfredo Morganti – 11 marzo 2015

Ormai il disegno di Renzi è chiaro a tutti. Ed è quello di creare una sorta di ‘corpaccione’ centrale (non un partito, ma proprio un corpaccione piazzato nella neutralità mediana) entro cui confluiscano tutti quelli che vogliono (sinistra, destra, amici degli amici, passanti delle primarie), lasciando fuori solo frammenti di cose sparse di destra o di sinistra, oppure taluni movimenti antisistema, buoni senz’altro come ‘avversari’ e caratteristi in periodo elettorale. Una specie di ‘cosa’ gravitazionale che chiamiamo ‘PD’ per convenzione e che attrae pezzi di tutto, come un buco nero (ho già usato questa metafora tempo fa, e mi pare che funzioni sempre di più). Specificando che il buco nero non è un pozzo senza fondo, ma un’enorme campo gravitazionale, talmente intenso da catturare anche la luce e capace di ribaltare l’ordinario concetto di spazio-tempo (nel nostro caso ‘destra-sinistra’). Una meccanica quantistica della politica con le sue strane regole, così distanti da quelle classiche o tradizionali alle quali ancora ci si appella.

Il punto è capire questo fenomeno. E io credo che la sinistra lo abbia capito bene, anche se non è in grado di opporre la strategia giusta. In questi mesi, dobbiamo ammetterlo, la sinistra (dentro e fuori al PD) ha sbandato paurosamente: da una parte si diceva ‘la realtà avrà la meglio sulle favole di Renzi’; dall’altra, invece, ci si ostinava a considerarlo un ‘compagno’ che sbaglia; e dall’altra ancora, lo si riteneva una specie di male minore oppure un outsider da cavalcare opportunisticamente. Nessuno, nessuno ha semplicemente ammesso: la sinistra è in crisi profonda, una crisi culturale prima ancora che politica. Aggiungendo come bisognasse ripartire da lì, non da altro. E magari, invece di attendere l’esplodere delle contraddizioni fondamentali che avrebbero dovuto scassare la macchina renziana, tentare di riprendere l’iniziativa ripartendo proprio dalla missione e dalla identità, per poi aggregare forze attorno a una prospettiva strategica forte, potente, semplice da capire e ancor più semplice da mettere in campo senza tentennamenti. Il tema della scissione non era all’ordine del giorno, semmai stare nel PD (non supinamente, ovvio!)poteva essere utile per mantenere una prossimità con il movimentismo renziano, agendo quotidianamente anche sui dettagli delle sue mosse.

Dopo un po’ di mesi, la situazione appare molto più critica. L’identità e la missione della sinistra di cui sopra sono nebbiosi. Il PD è diventato una sorta di ‘equivoco’, entro cui si rischia di diventare equivoci tutti. La distinzione tra destra e sinistra è decaduta in una marmellata ingestibile di forze, un blob che si sta espandendo irresistibilmente nel ‘partito’. Non vedo più idee ma clan portatori di interessi. Con l’Italicum nascerà il partitone centrale, il resto sarà pulviscolo. Il concetto stesso di ‘differenza’ sta finendo nel concetto opposto di occupazione pragmatica del potere. I media, la comunicazione, i guru, le chiacchiere stanno completando l’opera. Il PD è ormai la scala usa e getta per arrampicarsi in alto e poi essere gettata come inservibile. Il futuro non so, ma il presente appare già molto pervasivo. Il potere si sta verticalizzando al punto da ridurre la rappresentatività ai minimi termini (via il Senato, avanti i ‘nominati’), il minimo sindacale democratico, appunto.

Se questo è vero, la domanda che rivolgo a Bersani, D’Alema, Cuperlo, Fassina, Civati e compagnia cantante è sempre la stessa ed è la domanda più classica: che fare? Da qui non si scappa. Non ci sarà scissione “perché l’Italicum ci penalizza, perché le risorse non le abbiamo, perché siamo vecchi e stanchi”? Ok, e allora? Ci basta strappare un emendamento alla riforma di destra di turno? Un fottuto emendamento per sentirsi riformisti, per sentirsi ‘noi’? Oppure lo si ammetta: di più non possiamo. Ecco, nel caso, un po’ di onestà intellettuale sarebbe davvero utile. Sarebbe un bel punto di partenza. Vorrebbe dire uscire dall’equivoco, almeno noi. L’equivoco per cui questo ‘PD’ sarebbe un partito dove la sinistra conta qualcosa e non è solo ‘un insieme di competenze’, così come si è espresso Filippo Taddei a proposito dei lavoratori. Una raccolta di idee sparse, un coacervo di abilità, intuizioni, temi: tante categorie, tanti ‘modi’, tante appendici ed ornamenti di una sostanza che però non c’è più (a proposito di aristotelismi), e che oggi ci manca maledettamente. La testimonianza di un abisso aperto, ma che sarebbe già un bel punto di partenza, come no. Là dove c’è il pericolo, in fondo, cresce anche la salvezza, diceva il poeta. Oggi il pericolo di essere sconfitti definitivamente è talmente forte, che di converso la salvezza dovrebbe essere altrettanto potente. Ma basterebbe, in fondo e più realisticamente, almeno tentare la ripartenza, piuttosto che vivere di virgole, emendamenti e passettini avanti che sono, in vero, tremendi passi indietro, sino ad affrontare di spalle, ignari, magari pure sorridenti, l’abisso di cui sopra. Con esiti che vi lascio immaginare.

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1 commento

Araldo Spairani 12 Marzo 2015 - 9:20

Concordo: tranne che con sinistra interna al PD cosa che ormai è dimostrato dai fatti non esiste più, a meno che non si voglia chiamare componente di personaggi SINISTRI.

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