L’epoca degli uomini nuovi

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Alfredo Morganti

di Alfredo Morganti – 24 aprile 2017

Stavolta è stata l’Italia a fare da battistrada. Noi abbiamo già sperimentato l’ “uomo nuovo” (Bernardo Valli, oggi su Repubblica) tre anni fa, con l’esito che sappiamo. Adesso tocca ai francesi. Macron è il leader giovane, quello mai eletto, quello che è alternativo alla ‘vecchia’ politica dei partiti tradizionali, è il ‘nuovo’ che avanza per quanto provenga dalla vecchia Banca Rothschild, è quello che semina fiducia, ottimismo, speranza a onta delle dure repliche della realtà. Deja vu, insomma. Possibile che dalla crisi della politica e dell’Europa si debba cercare di uscire sempre allo stesso modo, possibile che le classi dirigenti non sappiano fare altro che sfoderare sempre, noiosamente la medesima soluzione? Blair-Renzi-Macron, per capirci? Evidentemente la storia (anzi la cronaca) non insegna più nulla a nessuno.

Adesso il giudizio è concorde: Macron è favorito, Macron ce la farà, Le Pen è spacciata, Bruxelles si frega le mani, i mercati (perché poi sono i mercati che giudicano in ultima istanza) sono in rialzo. Tutta la classe dirigente europea, tutto l’establishment (per quanto si dica che Macron sia il candidato anti-establishment) fa banco sul giovane leader francese. Donde provenga questo ottimismo non lo so davvero. Si dà per scontato che la ‘sinistra’ voterà per Macron? Che gli operai, i giovani delle banlieu, i più disagiati sceglieranno il ‘nuovo’? Che nessun’altro al secondo turno voterebbe la ‘fascista’ Le Pen? Certo, ci vuole un bel coraggio a invocare il voto di sinistra e antifascista, dopo aver scritto in tutte le lingue che destra e sinistra non esistono più, che il voto è trasversale, che o si è populisti o si è europeisti-globalizzatori. Tertium non datur. Disegnare una nuova geografia politica e istituzionale, e poi contare ancora sulla precedente è da pazzi scriteriati. Diciamolo.

Pochi, infine, riflettono sul dato effettivo. Macron ha preso meno di un quarto dei voti, così Le Pen. Gli altri candidati veleggiano attorno al 19%. Mélenchon e Hamon (la sinistra sconfitta) sarebbero assieme capofila col 26-27%. Peraltro oggi la libertà di voto è massima, proprio in virtù della cancellazione del confine tra destra e sinistra, degli zoccoli duri, degli ambiti ideologici. L’epoca della tecnica ‘libera’ tutti, anche se ci imprigiona e avvinghia sempre di più ai suoi gadget. Il trasversalismo è regola, tant’è che alcuni commentatori lodano Macron proprio per questa ragione, per i suoi pastrocchi centristi, e rimproverano Renzi per non aver saputo fare altrettanto. Viviamo, in generale, in un’epoca di sorprese possibili (Trump, Brexit) e di elettorati che non te la mandano a dire, e solo una propaganda sciocca, da apprendisti stregoni potrebbe indurci all’ottimismo sfrenato, forzato, ingenuo di certi commentatori.

Vedremo quel che accadrà al ballottaggio. Una cosa è certa, diventare Presidente avendo preso al primo turno il 20% dei voti non ti garantisce alcunché. Sarà alle politiche, poi, che si decideranno gli effettivi schieramenti istituzionali. E comunque il tema vero, quello della rappresentanza, della ‘prossimità’ tra popolo e istituzioni, della coesione nazionale e sociale non lo decide un sistema elettorale, tanto più quello maggioritario francese, nemmeno caricando un uomo solo di tanta responsabilità. Ancorché in un’epoca difficile, complessa, articolata, insicura come la presente. Quando invece servirebbero i partiti, un sistema istituzionale a forte grado di rappresentanza e una classe dirigente di cultura, capace di uscire dal proprio orto, di guardarsi attorno, di correggere il tiro alla bisogna. Temo che dopo la fase degli uomini nuovi, giovani e antipartiti, ci troveremo davanti a un bivio. Da una parte i fascisti, dall’altra una sinistra plurale, fatta di rappresentanza sociale, di salda cultura politica, di sensibilità istituzionale e di un sistema di partiti,che non siano agenzie di comunicazione a uso personale del Capo, ma siano partiti veri, davvero democratici. Dove la parola ‘congresso’ abbia un significato. E ci iscriva per partecipare, non per votare a comando. Finalmente.

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