Legge elettorale: finalmente il Verdinellum

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Alessandro De Angelis
Fonte: huffingtonpost
Url fonte: http://www.huffingtonpost.it/2017/05/16/renzi-prepara-la-grande-conta-sulla-legge-elettorale_a_22093821/?utm_hp_ref=it-homepage

di Alessandro De Angelis – 16 maggio 2017

Renzi prepara la grande conta sulla legge elettorale

C’è un Palazzo della politica dove il telefono non ha mai messo di squillare: il Colle. In un capannello, a palazzo Madama, un paio di ex ministri parlano fitto fitto: “Anche da Arcore sono stati recapitati messaggi al Colle, attraverso i suoi funzionari più alti e autorevoli. Non c’è partito che, attraverso i più alti in grado, non abbia chiesto al Quirinale di aprire il dossier legge elettorale. E di far ragionare Renzi, che pare aver perso la testa”. C’entra l’intercettazione con il padre pubblicata dal Fatto. E non solo. Che alimenta la voglia di forzare su tutto, legge elettorale compresa. Proseguono i due ministri: “Il Colle è l’unico in grado di farlo ragionare”.

 Per carità, l’ex premier, nella conversazione, è ineccepibile visto che invita caldamente il “babbo” a dire la verità ai magistrati. Ma, al netto di questo, è l’intercettazione in sé che preoccupa, perché se esce una telefonata così privata, allora può uscire di tutto che riguarda gli anni sfavillanti del potere a Palazzo Chigi, vissuti nel mito dell’onnipotenza. E l’intercettazione arriva dopo l’affaire Boschi, quelle quattro righe del libro di De Bortoli che hanno destabilizzato il cuore del renzismo. Ugo Sposetti, avvicinato da qualche collega in cerca di pillole d’esperienza, è lapidario: “Il clima non è buono, è evidente. Basta leggere i giornali. Secondo voi, Renzi dove ha la testa?”. A quel che può uscire, che alimenta la voglia di non essere rosolato a fuoco lento. Un fedelissimo mostra sul telefono la chat del cerchio stretto, dove arrivano i messaggi del segretario. Il primo è delle 6,30 di mattina ed è un invito alla controffensiva mediatica contro la barbarie.
 Ed è in questo mood che in Commissione il testo base è stato ritirato dal relatore per evitare una traumatica bocciatura, e il Pd ha chiesto che venga assunta la sua proposta come testo base. Ma soprattutto che viene preparata la grande conta al Senato. Il pallottoliere su cui orientarsi è sempre quello di Denis Verdini, il vero ispiratore della proposta del Pd non a caso ribattezzata verdinellum. L’ex plenipotenziario di Berlusconi ha confidato a parecchi dei suoi: “Vedrete, la legge elettorale passerà al Senato con 170 voti”. Il Pd ne ha 99, Ala 16, la Lega 12, le truppe di Raffaele Fitto 9, le minoranze linguistiche 12, e fin qui il totale fa 148. A cui aggiungere il risultato del lavoro in atto. Uno dei negoziatori dice: “Alfano per ora non ci sta perché vuole lo sbarramento al 3 e non al 5 nella quota proporzionale, ma parecchi dei suoi non vogliono la coalizione con la destra. Dentro Forza Italia Romani sta lavorando e qualcuno si smarcherà”. Anche perché anche col verdinellum e non solo col proporzionale, questa è la carota che viene mostrata, le larghe intese sono nel novero delle possibilità. E poi c’è Mdp: “Che fanno? – prosegue la fonte – dicono no alla coalizione, dopo che Pisapia si è detto favorevole?”. E poi il misto e i tanti senatori in cerca di seggio come personaggi in cerca di un autore, che saranno coccolati da Verdini nelle prossime settimane.
 Il capo dello Stato, molto tirato per la giacca in questi giorni, è rimasto fedele alla sua prassi che quando lavora il Parlamento il presidente tace. Nessuno dei modelli di cui si parla può essere definito giusto o sbagliato, il problema semmai è il clima e se questa discussione porta da qualche parte, cioè se si riesce a fare una legge elettorale oppure no. Non è un dettaglio. Un vecchio democristiano che conosce bene il capo dello Stato fotografa la situazione con adamantina chiarezza: “Renzi è in una posizione dal suo punto di vista ‘win win’ perché o riesce a fare la legge elettorale, oppure dice ‘ve l’avevo detto, si voti con l’attuale’. Se così fosse il problema della prossima legislatura non è la legge elettorale, ma come fare un governo”. Si spiega anche così la sensazione che, in fondo, il modello italo-tedesco non trova l’ostilità del Colle più alto.
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