Legge di bilancio 2019, agevolazioni fiscali per la sanità privata a danno di quella pubblica

per mino dentizzi

Il Fondo Sanitario Nazionale previsto dalla proposta di legge di bilancio 2019 del governo attualmente al vaglio del Parlamento è di 114,4 miliardi. Tale stanziamento rispetto al 2018 è maggiore di un miliardo e costituisce un incremento nominale dello 0,9% ma in realtà, a fronte di un’inflazione programmata all’1,2% rappresenta l’ennesima riduzione del finanziamento, in continuità coi precedenti governi Renzi e Gentiloni, e un’ulteriore spinta alla privatizzazione, sofferta dai lavoratori, dai ceti meno abbienti e dai ceti medi.

Il servizio sanitario pubblico necessita immediatamente di essere rifinanziato. Le norme in vigore prevedono, al contrario, agevolazioni fiscali per le prestazioni acquistate dal privato, in forma diretta o intermediata da assicurazioni e fondi sanitari contrattuali e non. È necessario e possibile invertire da subito questo paradigma. Le prestazioni sanitarie che si possono acquistare privatamente sono di due tipi:

  • quelle previste nei Livelli Essenziali di Assistenza garantite dal Servizio Sanitario Nazionale con o senza ticket
  • quelle non previste nei Livelli Essenziali di Assistenza che il Servizio Sanitario Nazionale non è tenuto a garantire


Da questo angolo visuale le possiamo distinguere in:

  • sostitutive perché acquisite in forma privata invece che ottenute dal pubblico, per libera scelta o per costrizione derivante dall’impossibilità del servizio sanitario pubblico a fornirle nei tempi clinicamente o socialmente necessari all’utente, anche a causa della sottrazione di risorse degli ultimi anni;
  • integrative perché acquisite necessariamente in forma privata non essendo previste nei Livelli Essenziali di Assistenza, quindi non dovute e non fornite dal servizio sanitario pubblico.

Non tutte le prestazioni e le forniture che il Servizio Sanitario Nazionale non è tenuto a garantire vanno considerate non essenziali per la prevenzione, cura e riabilitazione di condizioni patologiche e dovrebbero essere accessibili: valgano per tutte le cure odontoiatriche, la fisioterapia e le psicoterapie. Sia la spesa sanitaria privata diretta che quella intermediata sono oggetto in varia misura e con diverse modalità di agevolazioni fiscali, con conseguenti detrazioni di imposte, che negli ultimi anni hanno conosciuto una progressiva espansione, sostenuta anche dall’introduzione di piani sanitari integrativi nei contratti collettivi di lavoro. Queste agevolazioni non distinguono tra prestazioni sostitutive e integrative.

Riteniamo che le facilitazioni fiscali per le spese sanitarie private sia dirette che intermediate contribuiscano a mettere in discussione i fondamenti del servizio sanitario pubblico, a negare il diritto alla salute come “diritto degli individui e interesse della collettività” e a rendere più difficile l’accesso alla tutela della salute alla grande maggioranza della popolazione per i seguenti motivi:

  • Hanno un impatto negativo sulle entrate dello stato e quindi anche sulla consistenza del Fondo Sanitario Nazionale, costituendo un risparmio e un beneficio solo per chi ne usufruisce e un onere a carico di tutti i contribuenti, in particolare coloro che ne sono esclusi
  • Incentivano la sanità privata, indebolendo la solidarietà del sistema basato sulla fiscalità generale progressiva, aumentando le disuguaglianze sociali, escludendo milioni di cittadini a basso reddito, che non possono dotarsi di assicurazioni o fondi sanitari
  • Introducono e favoriscono lo sviluppo di un doppio binario nell’accesso ai servizi, privilegiando chi ha un’assistenza integrativa, creando un’ulteriore discriminazione non solo in base al reddito, ma anche alla posizione lavorativa, a favore dei lavoratori dipendenti tutelati da contratti collettivi, rispetto ai giovani, ai precari, agli anziani, a chi non ha un lavoro stabile e ad ampi settori del lavoro autonomo
  • Le assicurazioni e i fondi integrativi non coprono i bisogni assistenziali più rilevanti, soprattutto quelli che si manifestano nell’età avanzata, promettono una medicina predittiva inefficace spacciata per prevenzione, favoriscono il consumismo sanitario moltiplicando prestazioni inutili o inappropriate, con incremento dei costi sia per gli assicurati che per il servizio pubblico, a cui gli stessi si rivolgeranno per la frequente necessità di approfondimenti successivi.

Alla luce di queste considerazioni riteniamo necessario rivedere la normativa fiscale relativa alle varie tipologie di spesa sanitaria privata. Avevamo proposto di introdurre e utilizzare subito nel 2019 la distinzione tra prestazioni e fondi sanitari integrativi e prestazioni e fondi sanitari sostitutivi dei LEA e di:

  • abolire ogni agevolazione fiscale per le prestazioni sostitutive dei Livelli Essenziali di Assistenza, per qualsiasi modalità di acquisizione privata, sia in forma diretta a carico dei cittadini, sia intermediata da fondi, mutue o assicurazioni.
  • confermare per il momento solo le agevolazioni fiscali per le prestazioni integrative dei Livelli Essenziali di Assistenza acquisite in forma diretta o tramite fondi sanitari integrativi, cioè esclusivamente dedicati alle prestazioni non previste dai Livelli Essenziali di Assistenza.

Nella gestione dei fondi sanitari integrativi sosteniamo la gestione nella modalità in assistenza indiretta perché rispettosa del rapporto di fiducia e garante della libertà di scelta del medico curante. La modalità in “assistenza diretta”, al contrario prevede la contrattualizzazione del rapporto fra il terzo pagante e il medico tramite una convenzione nella quale sono inseriti delle voci quali: modalità di pagamento, onorario, nomenclatore, gestionale, iter burocratico, tempario, sconti, penalità. Queste voci non sono neutre, ma condizionano negativamente il rapporto medico/paziente e la qualità delle prestazioni sanitarie.

Riteniamo comunque che in prospettiva anche le spese per le prestazioni integrative non debbano godere di agevolazioni fiscali e il Servizio Sanitario Nazionale debba essere messo nelle condizioni di assicurare le prestazioni e le forniture necessarie non comprese negli attuali Livelli Essenziali di Assistenza, quali le prestazioni odontoiatriche, riabilitative e le psicoterapie, in modo da rendere inutili le agevolazioni fiscali anche in questi casi.

Le maggiori entrate derivanti dall’abolizione delle predette agevolazioni fiscali, commisurate alla loro entità stimabile nell’ultimo anno devono essere destinate al Fondo Sanitario Nazionale vincolandole a specifici progetti di salute ed assistenza. Siamo consapevoli che in alcuni casi il ricorso al privato sia una scelta obbligata per le difficoltà del servizio pubblico a rispondere in modo adeguato, anche a causa del prolungato sottofinanziamento, e che la richiesta di prestazioni sia in parte legata a prescrizioni inappropriate. Quest’ultimo aspetto richiede un impegno culturale nella formazione dei medici alla pratica fondata su evidenze.

Tuttavia, nella situazione attuale, proponiamo che le prestazioni individuate nei Livelli Essenziali di Assistenza e non erogate nei tempi indicati dal Piano Nazionale di Governo delle Liste d’Attesa, usufruiscano del rimborso previsto per i cittadini costretti ad acquisirle dal privato, come già previsto dall’art. 3 comma 13 del Decreto di Legge 124/1998. Le regioni devono rendere nota ai cittadini questa norma, finora poco conosciuta e poco applicata, garantendone la piena attuazione.

In conclusione, l’obiettivo di questa proposta è eliminare incentivi perversi che inducano i responsabili della sanità pubblica a trascurare o rinviare gli interventi necessari per assicurare l’effettiva erogazione dei Livelli Essenziali di Assistenza nell’ambito del Servizio Sanitario Nazionale, confidando nell’ormai diffusa rassegnata abitudine dei cittadini a ricorrere a prestazioni a pagamento o partecipare a costosi e discriminanti piani sanitari sostitutivi.

Da troppi anni gli ultimi governi hanno preferito affamare la sanità pubblica e agevolare la sanità privata, senza riguardo agli effetti sulle disuguaglianze di accesso a carico delle persone dotate di meno risorse e sull’efficacia degli interventi.

  • Si tratta di spostare il sistema degli incentivi in modo che la sanità pubblica sia spronata a fare fino in fondo la propria parte, garantendo l’assistenza in ogni territorio del nostro paese, in modo che il ricorso a prestazioni a pagamento non sia favorito o condizionato dalle carenze qualitative e quantitative del servizio.
  • Si tratta di cambiare prospettiva: sostenere il pubblico affinché svolga al meglio il proprio ruolo anziché agevolare fiscalmente soluzioni alternative. Non per astratte ragioni ideologiche ma perché la sanità pubblica garantisce efficacia e appropriatezza a costi minori, è più equa, promuove la solidarietà e l’uguaglianza tra i cittadini e favorisce la coesione sociale.

I firmatari:

Germana Aglietti, Vittorio Agnoletto, Donatella Albini, Piergiovanni Alleva, Fulvio Aurora, Angelo Barbato, Bruna Bellotti, Pietro Bertolotti, Paolo Bosi, Antonietta Bottini, Sergio Caserta, Ivan Cavicchi, Franco Cilento, Mino Dentizzi, Nerina Dirindin, Paolo Ferraresi, Marzia Frateschi, Aldo Gazzetti, Marco Geddes, Elena Granaglia, Gavino Maciocco, Sergio Marsicano, Nick Sandro Miranda, Antonio Muscolino, Loretta Mussi, Antonella Nappi, Francesco Pallante, Violetta Plotegher, Gianpiero Riboni, Rosa Rinaldi, Antonella Salvini, Eugenio Serravalle, Manuela Serrentino, Ugo Sturlese, Raffaele Tecce, Lucilla Tedeschi, Gianluigi Trianni, Lanfranco Turci, Mauro Valiani, Danielle Vangeri

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