Leader e popolo

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Alfredo Morganti,

di Alfredo Morganti – 25 marzo 2016

Ha detto in questi giorni Jonathan Coe che avremmo bisogno di grandi leader. Può darsi, tenendo conto che quel che abbiamo non è un granché, tanto più se si pensa che, mai come in questo periodo, il leaderismo paradossalmente fa tendenza. Credo, tuttavia, che i grandi leader non bastino e non possano bastare. Credo che lo sfacelo che c’è attorno (e che le immagini dei profughi lasciati nel fango o le esplosioni di Bruxelles testimoniano ampiamente) non possa essere solo frutto dell’assenza di bravi capitani o di grandi statisti. In realtà sono i popoli a essere soprattutto venuti a mancare. Si dice ‘l’Europa dei popoli’, ma io non scorgo nessuno di questi due terminali in giro. Eppure la storia, come dice Brecht, non sono i generali a farla, ma l’ingegno e la forza e le braccia di chi progetta le mura e trascina i mattoni con cui si è costruita Tebe dalle sette porte. Senza popoli, senza quel lavorìo, quell’ingegno, quelle braccia, quella sofferenza non c’è alcuna storia, tutt’al più distaccate monografie di qualche potente, e nemmeno tanto. Se ci pensate, d’altronde, la cosa è comprensibilissima. Cos’è in fondo la politica? In una secca formula, è anche la sintesi di una classe dirigente, di una serie di istituzioni e di un popolo, appunto. Venendo a mancare questi tre elementi (le istituzioni sono sotto attacco, appare evidente a tutti) non c’è politica. Non c’è l’energia di fondo che garantisce uno sviluppo, un’evoluzione e degli accadimenti che possano essere letti davvero come storia, come crescita di una cultura, di una consapevolezza comune, di una sistema di istituzioni nel tempo. Ma perché non c’è un popolo? Perché gli individui che vedete attorno ragionano per sé, sono dediti ai propri gadget, ai propri godimenti, alle proprie illusioni, alle proprie soddisfazioni (quando ci sono!) ed è come se avessero perso il tragitto comune. Come se il senso della collettività fosse stato travolto dal senso del nulla. Come se si procedesse a tentoni, perseguendo puri egoismi, e se ne fosse pure lieti. Senza un grande popolo non nasce nemmeno un grande leader, ma ci toccano in cambio degli outsider, delle controfigure. Ed è la politica la mancanza più grande.

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1 commento

Paolo maghero 29 Marzo 2016 - 1:14

In parte si può essere d’accordo con la sua riflessione, il medio oriente ed il nord Africa è una polveriera e non da ora, isis con i profughi e l’immigrazione sono eventi recenti di cui probabilmente ci ritorneremo sopra a lungo. Non sono d’accordo con l’esempio di Tebe che c’entrano i popoli che sono costretti a lavorare o per schiavitù o per bisogno!? I popoli ci sono quando c’è un comune interesse sia materiale che ideale. Per quanto riguarda l’interesse materiale siamo in un epoca del “benessere” dell’arricchimento, e quindi dell’egoismo più sfrenato di tutte le nazioni industrializzate. Cosi possono emergere popoli con ideali e se non sono bene amministrati finiscono in veri disastri umanitari. Isis, gruppi di neonazisti, e cosi via. Non credo che siano i popoli a formare un leader non c’è politica appunto perchè con l’egoismo lo dice lei stesso un politico o leader cerca solo i consensi per gestire, o per arrivare al potere, senza nessun ideale.

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