di Alfredo Morganti – 4 febbraio 2016
C’è un punto nell’attuale (spesso molto ideologico) dibattito sulle unioni civili e sull’adozione del ‘figliastro’ che mi sembra davvero discutibile. Si dibatte e ci si infervora come se il mancato riconoscimento per legge fosse in grado di azzerare il flusso attuale dei comportamenti umani. E invece no. Sono molte le coppie che GIA’ OGGI crescono dei figli senza che si tratti di coppie eterosessuali e senza che una legge li tuteli. E che continuerebbero a farlo incuranti, seppur preoccupati. Impedire l’adozione non muterebbe di un palmo questa situazione, semmai lascerebbe intatti i dilemmi che vivono adesso queste coppie, e che tutti conosciamo. La legge, se fosse approvata, riconoscerebbe invece dei diritti a realtà sociali e familiari che non possono di certo, in caso di mancata approvazione, essere cancellate. A meno che non si intervenga con una bioetica di tipo penale, ma inorridisco all’idea. Ed è molto ipocrita affermare che l’adozione di un figlio da parte di coppie omosessuali sia sbagliata e controproducente. Perché le coppie che vivono quotidianamente la realtà della genitorialità, e che nessuno potrebbe assolutamente eliminare dalla faccia della terra, continuerebbero a farlo anche in assenza di una legge che riconosca i diritti di genitori a tutti gli effetti, e senza spostare di un millimetro il corso delle cose.
Si badi, qui non si tratta affatto di ‘certificare’ con una legge la mera realtà delle cose. Semmai è il contrario: è senza una legge che si certifica questa realtà per quel che è, la si lascia essere, e di fatto la si registra burocraticamente nei termini della sua più rozza fenomenologia. Al contrario, una legge che riconoscesse i diritti di questi ‘genitori’ che oggi lo sono solo di fatto, muterebbe e di molto la realtà, a partire da quella umana, perché introdurrebbe una casistica di diritti in grado di modificare i costumi e la vita di ognuno. Il diritto non registra, il diritto ‘produce’, e spesso, se è in sintonia con i segni delle grandi trasformazioni epocali, ‘ribalta’ vita, abitudini e costumi.
Dico di più. Non è impedendo il sorgere delle unioni civili che si mette a freno il dilagare delle convivenze omosessuali. La realtà sociale muta di per sé, per propria necessità, con forza endogena, diritti o non diritti. La società continua a esistere anche in assenza di una buona (o cattiva) politica. Chi non vorrebbe le unioni civili è come se dicesse: ci sono, d’accordo, ma io non le voglio e dunque, non riconoscendole nel codice, è come se le cancellassi. Ma negare diritti non equivale a ‘cancellare’, semmai a certificare qualcosa nella sua nuda vita. Al contrario, se si riconoscessero le unioni civili, ci sarebbe invece stato un cambiamento enorme sul piano del diritto e dunque dell’esistenza concreta di molti donne e uomini, eterosessuali compresi. Per cui trovo noiosissimo il dibattito (soprattutto da sponda religiosa) che si oppone alla legge in discussione motivandolo con la contrarietà (ideologica) rispetto alle convivenze omosessuali e alle adozioni. Si tratta in realtà soltanto di un’opposizione formale, ideologica appunto, e in via di principio, quasi il tentativo di cancellare (nei termini di un ipotetico ‘diritto negativo’) le emergenze della realtà, quando questa è molto più prorompente e vorticosa del pensiero che la rimugina. Nel corpo, nella vita di ognuno, persino nell’esistenza degli acerrimi oppositori, gli schieramenti trasversali sono più frastagliati e complessi di quelli ideologici, e persino di quelli etici o religiosi. La vita, alla fin fine, le ideologie se le divora in un morso solo.