di Nicola Boidi 15 marzo 2016
Le Undici tesi su Feuerbach di Marx, secondo Ernst Bloch (6) .
Sesta e ultima parte: Il punto archimedeo del pensiero.
«Per la prima volta lo spirito è diventato….un canto veramente politico, e finalmente è uscito dal contemplato e dal passato per farsi al presente….. Nella società borghese il passato domina sul presente, nella società comunista il presente sul passato. E il presente domina insieme all’orizzonte che è in esso, che è l’orizzonte del futuro, che dà al flusso del presente lo spazio preciso, lo spazio di un presente nuovo, agibilmente migliore».
E. Bloch, Il principio speranza.
Con la Tesi 11 –«i filosofi hanno solo diversamente interpretato il mondo, ma si tratta di trasformarlo» – Ernst Bloch, filosofo dello spirito concreto dell’utopia , fenomenologo del principio speranza quale la più potente delle passioni d’attesa, giunge all’ultimo approdo nella sua circumnavigazione nelle Undici Tesi su Feuerbach del giovane Marx. Si tratta , come si è visto, di una circumnavigazione contrassegnata dalle tappe di grandi temi filosofici generali: il concetto di«esperienza filosofica» tra intuizione e attività, la vera natura dell’autoalienazione umana e il suo superamento nell’umanesimo del materialismo storico e dialettico , la dialettica teoria – prassi ( filosofia – politica). Nell’intento di disambiguare la parola d’ordine della Tesi 11 Bloch la «disincaglia» dalla doppia pericolosa secca del pragmatismo, dalla Scilla e Cariddi del pragmatismo, dal pericolo del naufragio o nel pragmatismo positivista, borghese capitalistico e nella sua potenziale minaccia dell’infame versione fascista, o nel pragmatismo«ufficiale di Stato » sovietico, con la sua punta estrema del realismo social-stalinista.
Superare lo stretto e far riprendere una« libera navigazione » alla prassi politica della « trasformazione del mondo» significa per Bloch porla in costante confronto e mediazione con la teoria filosofica, far sì che ogni passo dell’agire nel mondo sia contrappuntato da una necessaria«retroazione» di riflessione, di meditazione, di approfondimento dell’analisi, di incessante conoscenza del contesto in cui si agisce, a livello« micro» e«macro». La prassi oggettiva e finalizzata a un contesto collettivo, politico, sociale ed economico, necessita della permanente mediazione dialettica della riflessione e interpretazione soggettiva, dell’interazione della coscienza individuale.
Ma per giungere a cogliere quello che Bloch definisce«il punto archimedeo» non solo delle Undici Tesi ma dell’intero complesso dell ‘opera di Marx è necessario inserire ancora un elemento nella dialettica teoria soggettiva-prassi oggettiva, un elemento decisivo per la nascita di questa« nuova figura dello spirito» ( evocando Hegel): la sua fuoriuscita da un sapere quale mera contemplazione del passato per giungere a un sapere ormai aperto al presente e all’orizzonte del futuro in esso contenuto , orizzonte che dà al flusso del presente«lo spazio preciso…di un presente nuovo, agibilmente migliore». E’ la proposta di una« scienza del nuovo», come la chiama Bloch.
Prima di Marx, annota infatti Bloch, ogni sapere era riferito essenzialmente al passato, poiché solo questo è contemplabile. Il presente e il suo«fronte», il divenire del nuovo, restava al di fuori del suo concetto, un mero impedimento alla contemplazione. Il rapporto tra sapere e passato è molto antico, e si origina là dove la pura contemplazione dell’oggetto del sapere esclude dal suo orizzonte di riflessione il processo lavorativo; questo oggetto del sapere doveva essere solo ciò che era perfettamente configurato, la mera essenza, il già stato.
La più nuova ed estrema forma di questa « eredità antiquaria», il suo massimo potenziamento, si è rivelato essere il pensare sotto forma di merce. Il capitalistico diventare merce di tutti gli uomini e di tutte le cose è il potenziamento non solo della loro alienazione ma anche l’immagine speculare« aggiornata» di quella forma di pensiero che esalta il divenuto, il factum. Il factum fa dimenticare il divenire così come il prodotto reificato fa dimenticare il produttore, o l’apparentemente fisso dietro di sé fa dimenticare l’aperto davanti a sé. Il modello originario di questo pathos« antiquario» trova la sua antica manifestazione nell’anamnesi platonica del dialogo Menone, dove Socrate riferendosi alla contemplazione del passato originario dell’anima, dice:« Il ricercare e l’apprendere non sono assolutamente altro che reminiscenza». Nè il pensatore della dynamis, nell’antichità greca, Aristotele, né l«’Eraclito redivivo » dell’eterno divenire processuale e dialettico nella modernità , Hegel, si sono sottratti a questo«incantamento » del pensiero reminiscenziale. Per Aristotele l’essenza è il«che cosa era l’essere», determinato e conchiuso su sé stesso.
In Hegel ,da parte sua , l’accadere è completamente piegato alla sua storia compiuta, e l’essenza è la realtà divenuta, in cui«essa è tutt’uno con la sua apparenza». Nell’Ideologia tedesca Marx rileva questa posizione meramente contemplativa, reminiscenziale e antiquaria nello stesso Feuerbach:«Tutta la deduzione di Feuerbach relativa ai rapporti reciproci degli uomini finisce soltanto col dimostrare che gli uomini hanno e sempre hanno avuto bisogno l’uno dell’altro. Egli vuole stabilire la coscienza di questo fatto, vuole dunque, come gli altri teorici, suscitare soltanto una giusta coscienza su un fatto esistente, mentre per il comunista autentico ciò che importa è rovesciare questo esistente».
Il culto dell’anamnesi che impone la semplice relazione tra sapere e passato ha tra i suoi effetti, come sottolinea Bloch, quello di costituire una relazione da semplice politicante da caffè( da« chiacchere da bar » diremmo noi) con le questioni del presente, per non parlare dei problemi di decisione del futuro, relazione che poi corrisponde con il punto di vista borghese di classe più miope. Questa posizione di classe si trova a suo agio solo nel rapporto con il passato remoto, tanto più a suo agio quanto più sono lontani nel tempo gli oggetti, quanto più adeguato alla pace della contemplazione pare il loro isolamento. Così l’antico Egitto permette maggiore scientificità storica rispetto alle crociate o alle due guerre mondiali, e addirittura l’apparente carattere del tutto passato della natura fisica( apparenza totalmente smentita dai più recenti sviluppi delle scienze naturali) diventa una sorta di Iper Egitto dal granitico carattere del già divenuto di una materia trionfalmente definita«morta».
Il marxismo rovescia questa prospettiva, mostrando la sua potenza proprio nei confronti del presente. La sua nuova scienza si sperimenta, corrobora e dimostra, in quanto universale scienza dell’accadere e della trasformazione, proprio sul fronte avanzato dell’accadere, nell ’attualità della decisione di volta in volta da prendere, nel dominio della tendenza rivolta al futuro. Per il marxismo nemmeno l’epoca più remota è oggetto di culto antiquario, trattandosi sempre e comunque di storia di società classiste e di lotte di classe; inoltre non sospende il giudizio di scienza della storia sulla storia del passato più prossimo, come è invece accaduto per ampie parti della dottrina borghese. Quest’ ultima sta impotente di fronte all’accadere presente , senza alcun concreto rapporto di sapere con esso, mentre invece il divenire presente richiede una decisione, mostrando nei suoi confronti una generale insipienza e ignoranza.
Persino i grandi pensatori dell’ideologia borghese nascente del XVII ° e XVIII° secolo, sicuramente immersi nel loro presente e proiettati verso il futuro, protagonisti dell’elemento sorgivo e rivoluzionario della loro classe( rivoluzione dapprima religiosa, poi filosofica , politico-giuridica, scientifica ed economica) furono però intrappolati da un ‘orizzonte ideale illusorio e astratto, orizzonte che andava oltre il segno. La condizione che determinava tale prospettiva astratta sul presente e sul futuro era la barriera di classe . Essa trovava, dualisticamente, un alleato nell’opposta barriera statico- contemplativa del sapere come anamnesi, come reminiscenza del passato, che si oppone a ciò che effettivamente si avvicina e sta sorgendo, al presente visto come imbarazzo e al futuro visto come fumo e privo di forma.
A questa dottrina e a questo sapere segnati da una« tonalità» dualistica si oppone il marxismo quale scienza storico-dialettica della tendenza che vede il fine del suo sapere in una nuova costruzione mediata del mondo. Per Bloch il marxismo è«la mediata scienza del futuro della realtà e in più della possibilità obiettivo-reale insita in esso; tutto ciò allo scopo dell’azione». La materia del nuovo metodo marxista del sapere è una materia portata alla luce ma in sé non conclusa:«solo l’orizzonte del futuro, come vi si installa il marxismo, con quello del passato come atrio, conferisce alla realtà la sua dimensione reale».
Qui s’incardina il luogo del punto archimedeo del pensiero che nella sua scientia nova si oppone tanta alla Scilla dell’astrazione del sistema razionalistico scientifico, giusnaturalistico ed economico, che alla Cariddi dell’analisi meramente materialistico-naturalistica del mondo . Quell’analisi materialista che nei suoi esordi moderni ( in particolare in Bacone) aveva svolto una funzione di disincanto del mondo ( di liberazione della sua conoscenza dai modelli della filosofia magico-ermetica) una volta esaurito tale compito ha avuto esiti estremamente retrogradi nei confronti degli oggetti della conoscenza ( già con Hobbes, tanto nella sua filosofia della natura che nella sua antropologia politica). Gli sviluppi di questo modello di materialismo portarono a risolvere i fenomeni storici in fenomeni biologici e, a loro volta, quest’ultimi in fenomeni chimico-fisici, giù giù fino alla base atomica di ogni cosa. Così la battaglia di Maratona, ad es. era riducibile a movimenti di muscoli, e i Greci e i Persiani e il significato storico e sociale di tale battaglia scomparivano totalmente dentro movimenti muscolari completamente substorici. Questi a loro volta da fenomeni fisiologici si risolvevano in processi organico-chimici, e infine la chimica organica, comune a tutti gli esseri viventi, approdava alla danza degli atomi come base generalissima di ogni cosa.
L’intero corso del processo storico veniva così sommerso nell’universalismo di una meccanica totale, con la perdita di tutti quanti i fenomeni e le loro distinzioni. Questo genere di materialismo meccanico- naturalistico ponendo come sua risoluzione finale l’atomo e nient’altro entrava in quella generale indistinzione, in quella « notte dell’Essere in cui tutte le vacche sono nere». Eppure il primo antico campione del materialismo, Democrito, aveva posto come suo imperativo quello di«salvare i fenomeni». Feuerbach proponendo un modello di materialismo antropologico e non fisico , rese un grande servizio al giovane Marx , e Le Undici tesi gli danno il giusto riconoscimento su questo punto.
Il fatto è che , come evidenziò più tardi Engels nella sua Dialettica della natura, per il marxismo lo starting point o punto archimedeo per il processo storico è l’uomo che lavora. Il mondo della storia e della cultura scopre come sua effettiva e unica autentica base i modi sociali di soddisfare i bisogni degli uomini, l«’insieme dei rapporti sociali» che prende il posto della feurbachiana astrattezza umana, il processo sociale di scambio con la natura stessa. Si tratta di una base molto più specificamente materiale di quella degli invisibili processi atomici, anzi tale che non fa dei fenomeni e dei caratteri storici qualcosa di oscuro e indeterminato. Per la prima volta si afferma la luce o punto archimedeo del rapporto degli uomini con gli uomini e con la natura . E proprio perché il materialismo storico e dialettico a differenza del materialismo unilateralmente naturalistico non è contemplativo, scopre nel suo punto archimedeo non solo la chiave della teoria ma anche la leva della prassi.
Che il marxismo non distrugga né la leva della prassi né la nuova organizzazione della materia vivente alla quale la leva solleva, è esemplificato ancora una volta dalla Tesi 10:« Il punto di vista del vecchio materialismo è la società borghese, il punto di vista del materialismo nuovo è la società umana o l’umanità sociale». Solo un mondo in cui sia possibile una rovesciabilità qualitativa e non un mondo del meccanico sempre di nuovo, della pura quantità, dello storico invano, consente una trasformazione di questo tipo. Ma il mondo consente tale trasformazione solo se abbraccia l’orizzonte della possibilità oggettivo- reale che vi è contenuta, altrimenti anche la dialettica di tale mondo sarebbe una dialettica del segnare il passo. La dialettica marxista abbraccia l’intera realtà e nella sua nuova scienza si è accasata molta maggiore potenza creatrice. L’avvenimento che accade nel pensiero di Marx è«la speranza del sapere della vita», un evento in sé non concluso poiché , sottolinea Bloch,« esso stesso è un unico movimento in avanti nel mondo trasformabile e implicante felicità». L’annuncio complessivo e finale delle Undici Tesi su Feuerbach è l’annuncio della umanità socializzata, in alleanza con una natura a lei riconciliata, è« la trasformazione del mondo in patria».
Volendo tracciare un consuntivo finale di questo itinerario in sei tappe sulla riflessione ed interpretazione che Ernst Bloch dà delle Undici tesi su Feuerbach del giovane Marx, potremmo dire che nel capitolo del Principio speranza ad esse dedicate – Trasformazione del mondo ovvero “ Le undici tesi su Feuerbach di Marx” – Bloch riprende e porta a piena maturazione i lineamenti dello« spirito dell’utopia concreta » dal loro versante etico-politico, di stretta relazione e combinazione dialettica tra teoria e prassi, lineamenti già tracciati ed elaborati nell’opera omonima ( Lo spirito dell’utopia) di una quarantina di anni prima.
Di versante etico-politico si deve parlare perché altrettanto essenziale alla formazione di un autentico «soggetto storico» è per Bloch « l’altro versante»: la sua educazione e potenziamento alla dimensione estetica. In questo contesto l’«estetica» viene intesa in senso etimologico , quale scienza o disciplina allo sviluppo della sensibilità interiore del soggetto, una sensibilità modellata e temprata attraverso l’ esperienza di relazione tanto con gli oggetti quotidiani di vita, che con gli elementi del mondo naturale o i manufatti artistici. Ognuno di questi oggetti, ognuna di queste relazioni, come asserisce Bloch,«continua l’educazione del soggetto a sè stesso , prosegue il cammino verso l’incontro con il Sè ». Tale educazione e tale cammino incontrano delle specifiche essenziali esperienze o tappe lungo il loro tragitto che si chiamano:«una vecchia brocca»,« lo stupore interrogativo »,«la forma della domanda incostruibile», lineamenti di una filosofia estetica già tracciati in Lo spirito dell’Utopia.
Questa« educazione all’interiorità» che si connota come filosofia estetica, trova in Il principio speranza la sua matura ripresa ed elaborazione sotto la forma di una«metafisica dell’oscurità dell’ora o dell’immediato istante vissuto», che lungi dal ricadere nell’ontologia esistenziale del tempo heideggeriano, si connota invece come punto di transito, come luogo d’incontro o incrocio« tra estesissime mediazioni tra passato e futuro in mezzo all’ora opaco». Questa densa e intensa esperienza dell’istante temporale è appunto il luogo di raccolta dell’esperienza estetica, della sua liberazione da quella rete infinita di relazioni con il mondo sotto l’imperio dell’immediato piacere o godimento acefalo e del mero valore strumentale di scambio, di«denaro dello spirito» come totale mediatizzazione della coscienza soggettiva. Questo raccoglimento e liberazione estetica del soggetto lo rendono capace di proiettarsi verso la finalità etico-politica dell’impegno nella« trasformazione del mondo » , da cui l’analisi sulle Undici tesi su Feuerbach. Il volto etico-politico del soggetto utopico non potrebbe esistere senza il volto dell’educazione all’ estetica o viceversa, come se l’incontro con il Sè ,con il«soggetto storico» mai ancora realizzatosi, fosse«il prisma che cattura la luce dell’utopia» come direbbe Theodor Adorno.
L’articolazione del soggetto della metafisica dell’Ora di Bloch esula da questo contesto e richiederà una trattazione a parte. Ugualmente ci dovremo interrogare se e in che misura lo spirito dell’utopia blochiano possa intrattenere relazioni con il nostro tempo«postmoderno», che oscilla tra una totale immersione storica in un«eterno presente» che non ha alcuna proiezione futura verso un comune destino collettivo e, al suo opposto, l’affermarsi di« distopie » o utopie negative sull’emergere di processi portatori di minacce mortali tanto per il destino storico dell’uomo che del mondo della natura ambiente, storia antropica e storia naturale ormai ineludibilmente affratellate in un unico abbraccio. Saranno queste le prossime tematiche da affrontare.
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qui potete leggere le precedenti puntate di “Le Undici Tesi su Feuerbach di Marx , secondo Ernst Bloch”:
Parte prima: le premesse generali.
Parte seconda: l’intuizione è anche attività (Tesi 5, 1, 3)
Parte terza: dall’autoalienazione al vero materialismo o vero umanesimo (Tesi 4,6,7,9,10) .
Parte quarta : la verità si annuncia nella dialettica teoria-prassi ( Tesi 2, 8)
Parte quinta: La parola d’ordine della Tesi 11.
buona lettura