Le undici tesi su Feuerbach di Marx, secondo Ernst Bloch. Parte terza: dall’autoalienazione al vero materialismo o vero umanesimo

per nicola

di Nicola Boidi, 3 ottobre 2015

Le undici tesi su Feuerbach di Marx, secondo Ernst Bloch.

Parte terza: dall’autoalienazione al vero materialismo o vero umanesimo (Tesi 4,6,7,9,10) .

«L’humanum dunque non si trova dovunque in ogni società “ come universalità interna, muta , che leghi molti individui solo naturalmente”, non si trova affatto in una qualche universalità presente, piuttosto si trova in un difficile processo…. quanto più scientifico è il socialismo , tanto più concretamente esso ha al centro la preoccupazione per l’uomo, e come meta il superamento reale della sua autoalienazione»

Ernst Bloch, Il principio speranza

La seconda stazione sul cammino delle Tesi che, nell’interpretazione di Ernst Bloch, deve portare la riflessione alla comprensione della meta finale dell’Undicesima Tesi–«I filosofi hanno solo diversamente interpretato il mondo, ma si tratta di trasformarlo » – è quella che si sofferma sul tema e si pone l’interrogativo di quale sia l’autentica essenza dell’umano. La risposta a tale quesito che accomuna Feuerbach e Marx, è che l’umano innanzitutto non è dato nell’ esperienza immediata, mentre si danno immediatamente solo le forme o espressioni della sua auto-alienazione, dell’ estraniarsi dell’uomo da questa sua natura. Nel giudizio di Marx Feuerbach però, con la sua antropologia filosofica, coglie solo la prima e più superficiale di queste forme : il sentimento, credo e dottrina della religione, il sovrannaturale o trascendente come autoalienazione dell’uomo nell’immaginario celeste. Secondo Feuerbach la trascendenza dell’uomo ha la sua origine nelle profondità della fantasia di desiderio, per cui la divinità è il desiderio dell’uomo trasformato in ente reale. Marx annota che Feuerbach non ha compreso che una volta terminato questo lavoro resta ancora da fare la cosa più importante. Non a caso la prima delle Tesi riunite da Bloch nel « gruppo antropologico-storico», la Tesi 4 , osserva:

« Feuerbach prende le mosse dall’ auto-estraneazione religiosa, dalla duplicazione del mondo in un mondo religioso e in un mondo terreno. Il suo lavoro consiste nel risolvere il mondo religioso nella sua base mondana. Ma il fatto che la base mondana si distacchi da sé stessa e si costruisca nelle nuvole, come un regno fisso e indipendente, è da spiegarsi soltanto con l’auto-dissociazione e con l’auto-contradditorietà di questa base mondana. Questa base deve essere perciò dapprima compresa nella sua contraddizione e poi rivoluzionata praticamente rimuovendone la contraddizione. Pertanto,dopo che, per esempio, la famiglia terrena è stata scoperta come il segreto della sacra famiglia, è proprio la prima a dover essere criticata e dissolta praticamente».

Dunque per Marx l’autoalienazione dell’uomo non si risolve svelandola semplicemente nella sua proiezione religiosa; il suo superamento non consiste nell’accogliere ingenuamente e acriticamente l’espressione di desiderio dell’interiorità dell’individuo come l’indubitabile centro e nocciolo della sua umanità, ma semmai come il fondo « oscuro , inumano» («pulsionale» direbbero all’unisono Freud e Lacan) che vi giace sepolto al suo interno. Il fatto che Feuerbach riconosca che la struttura profonda, desiderante dell’individuo umano, si scinda o si estranei dalla sua base mondana proiettandosi in una dimensione celeste, deve consequenzialmente portare a disincantare il suo ultimo feticcio – la natura umana ultima e individuale della sensibilità, del desiderio e del sentimento – poiché attribuire l’essenza umana alla struttura desiderante dell’individuo non fa altro che costituire un dualismo tra un individuo astratto e un genere umano altrettanto astratto, una polarizzazione o scissione tra desiderio e ragione che Feuerbach chiama uomo.
Marx rafforza tale concetto e lo esplica ulteriormente nella Tesi 6 :

« Feuerbach risolve l’essenza religiosa nell’essenza umana. Ma l’essenza umana non è un’astrazione immanente all’individuo singolo. Nella sua realtà essa è l’insieme dei rapporti sociali. Feuerbach, che non si addentra nella critica di questa essenza reale, è perciò costretto: 1) a fare astrazione dal corso della storia, a fissare il sentimento religioso per sé e a presupporre un ‘individuo umano astratto , isolato; 2) per lui , perciò l’essenza umana può essere concepita solo come genere, come universalità interna, muta, che leghi molti individui naturalmente»

L’umano non si trova ovunque in ogni società ( non nella nostra società globalizzata del ventunesimo secolo) come fosse un’ «universalità interna, muta, che leghi molti individui solo naturalmente », ma si conquista soltanto attraverso un difficile processo che per Marx coincide con il comunismo. L’essenza reale dell’uomo è « l’insieme dei rapporti sociali», è « intersoggettività» come hanno appreso tutti coloro che si sono formati alla scuola di Hegel. Anche la polarità individuo-genere umano, presunto fondamento « disalienato» e riconciliato con la propria identità, deve invece a sua volta essere superata per ricercare la alienazione più profonda e originaria nella natura intersoggettiva, sociale e storica, della coscienza individuale stessa.
Osserva Bloch che la più antica ispirazione storico-culturale di questo astratto dualismo tra individuo e genere umano Feuerbach la riceve dalla dottrina dello stoicismo antico: nell’età ellenistica il filosofo si ritira dalla dimensione pubblica della polis nella dimensione privata dell’individuo e allo stesso tempo «vagheggia» al polo opposto di un astratto genere umano, al di sopra di tutte le società e nazioni, quale unico universale sui singoli individui, quale luogo dell’opinione comune e della ragione retta in tutti i popoli e in tutte le epoche. Il genere umano universale diventa allora la casa umana comune inserita nella casa del mondo , anch’essa comune e buona. Questa umanità universale non è solo nostalgia della comunità politica scomparsa, ma per metà corrisponde all’opportuna ideologia della pax romana, dell’impero romano cosmopolitico, e per metà invece a una fratellanza umana d’individui diventati saggi.

Il secondo riferimento storico-culturale per «la filosofia umanistica » di Feuerbach è il modello del citoyen borghese della moderna società capitalistica, il modello della generalità dei diritti umani borghesi che s’incarnano nella figura astratta del cittadino. Le sue radici moderne vanno ricercate nelle dottrine neo stoiche tardo cinquecentesche di Grotius e Lipsius , nelle dottrine gius-naturalistiche, nel citoyen rousseuiano della Rivoluzione francese e nel pathos di un ‘umanità o un genere umano morale, proprio del pensiero di Kant. In questo modello moderno del genere umano o della cittadinanza universale( la dicotomia tra l’homme e le cityoen della Dichiarazione dei diritti della prima convenzione rivoluzionaria) determinanti sono le sue premesse formali imposte o dettate dall’economia capitalistica di mercato, ed esso assomiglia all’antico stoicismo nell’affermare una società atomizzata in individui e nell’elevare al di sopra di essa un ideale astratto di umanità e di natura umana.

Proprio questa umanità astratta in relazione antinomica o dualistica con il concetto d’individuo ( dualismo riassumibile nel concetto cristiano di «persona») viene resa bersaglio critico da Marx. La critica all’umanesimo di Feuerbach non è mossa in Marx da un disprezzo in generale del concetto di umanità ma al contrario – come dimostrano le Tesi 7, 9, e 10 – è indirizzata alla ricerca di un umanesimo reale, l’«umanesimo socialista », come preludio all’orizzonte «proletario-rivoluzionario», alla creazione del «materialismo storico-dialettico»:

Tesi 7: « Perciò Feuerbach non vede che il “sentimento religioso” è anch’esso un prodotto sociale e che l’individuo astratto, che egli analizza, in realtà appartiene a una determinata forma sociale».
Tesi 9: « Il punto più alto cui giunge il materialismo intuitivo, cioè il materialismo che non concepisce la sensibilità come attività pratica, è l’intuizione dei singoli individui nella società borghese».
Tesi 10 :« Il punto di vista del vecchio materialismo è la società borghese; il punto di vista del nuovo materialismo è la società umana o l’umanità sociale ».

Nella concezione di Marx è la prospettiva nuova del proletariato che per prima colloca il valore dell’umanesimo al suo giusto posto. Se il socialismo vuole farsi scienza esso non può avere come suo oggetto se non l’uomo, e come sua meta il superamento reale della sua auto-alienazione, reale perché opposto all’astratta consacrazione del genere umano affermata da Feuerbach. Conseguenza di quel modello gnoseologico condiviso da Feuerbach e dal corpus delle scienze positive o specialistiche, il suo concetto di sensibilità puramente passiva e non anche pratica( come abbiamo visto la volta scorsa) porta il materialismo intuitivo, a cui appartiene anche l’antropologia filosofica di Feuerbach, a intuire e a rappresentarsi gli individui singoli posti nel contesto della società e lo porta direttamente a identificarsi con quella barriera di classe che sbarra la strada all’attività rivoluzionaria che è di natura storica e sociale.

In queste tesi Marx ribadisce che l’alienazione umana va scrutata e indagata più a fondo del fondamento genericamente antropologico individuale posto da Feuerbach, va colta nei processi sociali e storici che l’originano, che determinano quella scissione o dualismo tra desiderio e ragione che in essa si manifesta, poiché per primi sono proprio i rapporti sociali ad essere scissi in due classi fondamentali : sfruttatori e sfruttati( oggi diremmo più propriamente in « estrattori di ricchezze» ed « estratti» ). Questo principio fondamentale del mondo e dell’alienazione del soggetto, come legge di processo sociale, è un al di qua ancora più prossimo dell’ al di qua antropologico di Feuerbach. (In attesa che Marx perdesse ogni fondamento nel suo stesso porlo come è nella cifra speculativa della dialettica hegeliana, ossia nell’accettare la condizione universale di alienazione, però «riconoscendola» come tale nella sua accettazione).

Nel porre nella Tesi 4 la«famiglia terrena » come fondamento auto-contraddittorio e in sé alienato della«famiglia celeste » Marx acquisisce anche per conto di Feuerbach lo sguardo dialettico, argomentando che solo lo sviluppo di una critica radicale dei rapporti che sono alla base del cielo, di una critica della loro miseria e delle loro contraddizioni e della loro falsa immaginaria soluzione di tali contraddizioni, consente di raggiungere uno stato in cui non si ha più bisogno di illusioni ingannevoli o surrogatorie. La famiglia terrena deve essere scoperta come mistero di quella celeste, risalendo nell’indagine fino a quella «scienza dell’arcano» economico-materialistica matura. Di conseguenza l’analisi dell’ autoalienazione religiosa , per essere veramente radicale, oltrepassa le ideologie per andare al ruolo più vicino dello Stato,e da qui a quello vicinissimo dell’economia politica( della legge o principio del valore di scambio) per raggiungere solo a questo punto quell’antropologia reale agognata ma non conquistata da Feuerbach.

Questa tesi troverà conferma nel seguente passo del Capitale:« di fatto è molto più facile trovare mediante l’analisi il nocciolo terreno delle nebulose religiose che , viceversa, dedurre dalle situazioni reali di vita, che di volta in volta si presentano, le loro forme incielate. Quest’ultimo è l’unico metodo materialistico e quindi scientifico. I difetti del materialismo astrattamente modellato sulle scienze naturali( da quello empiristico-positivistico a quello neopositivistico-logico-matematico), che esclude il processo storico, si vedono già nelle concezioni astratte e ideologiche dei suoi portavoce appena si arrischiano al di là della loro specialità».
Feuerbach aveva avvallato questa dicotomia definendosi materialista all’indietro ( rivolto alla base naturale) e idealista in avanti ( riguardo all’etica e alla filosofia della religione). L’impacciato finale idealismo in Feuerbach è l’esito di questa dicotomia in lui tra materialismo da una parte, e la società , la storia e la dialettica dall’altra parte. Conseguentemente la religione, o i contenuti religiosi , da lui non criticati socialmente ma solo dedotti antropologicamente, non sono confutati nella loro sostanza ma semplicemente tolti dalla loro collocazione in una trascendenza.

Annota Bloch che questa stessa riduzione feuerbachiana dei contenuti religiosi a un dissipamento della ricchezza umana dell’ al di qua risulta problematica se confrontata con la profondità dell’umanità o , viceversa, con l’umanità della profondità dell’arte carica di religiosità di Giotto, Grunewald o Bach. Feuerbach riduce tutto questo a teologia sentimentale liberamente religiosa. Inoltre nel suo vuoto idealismo egli conserva tutti gli attributi di Dio come virtù in sé, separati dal Dio dei cieli: la misericordia , l’amore, l’onnipotenza, il far miracoli, l’esaudire preghiere, sono divini senza Dio Padre. L’unico passaggio che avviene è quello dal regno dei cieli a una certa religione astratta , con le virtù reificate della «base naturale». Non viene sviluppata in questo modo l’eredità umana della religione – quale l’intendeva Feuerbach – ma si conserva semplicemente una religione a prezzi scontati, un filisteismo dei costumi, dell’etica.

Il marxismo si propone invece come un materialismo in avanti ( dell’avvenire), pienezza del materialismo senza un cielo mal disincantato da ricondurre sulla terra. Il materialismo storico-dialettico intende essere la spiegazione veramente totale del mondo in base a sé stesso, che pone anche la trasformazione ( e non solo più l’interpretazione) del mondo a partire da sè stesso, in un superamento delle sofferenze che non ha nulla a che a fare con una altra vita oltre la morte.
Manca ancora un passo perché il materialismo antropologico « revisionato» di Feuerbach conquisti lo status di nuovo materialismo storico e dialettico , di nuovo umanesimo, e disveli tutte le potenzialità della «parola d ‘ordine» della Tesi 11, della filosofia dialettica teoria- prassi: il passo in cui l’attività teorica di pensiero non si manifesta solo più come astratta e «cattiva » produzione di universali ma acquisisce invece coscienza di essere in mediazione dialettica( reciproca) tanto con l’atto ricettivo,«singolare», dell’intuizione sensibile, che con la sua necessaria messa alla prova nella prassi,nella dimostrazione di conseguenze pratiche. E’ quello che vedremo la prossima volta.

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