Le undici tesi su Feuerbach di Marx, secondo Ernst Bloch. Parte seconda: l’intuzione è anche attività

per nicola

di Nicola Boidi, 15 settembre 2015

Le Undici tesi su Feuerbach di Marx, secondo Ernst Bloch.
Parte seconda: l’intuizione è anche attività (Tesi 5, 1, 3)

«Feuerbach, non soddisfatto del pensiero astratto, vuole l’intuizione; ma egli non concepisce la sensibilità come prassi umana sensibile».

Karl Marx, Tesi 5

 

Nell’interpretazione di Ernst Bloch, come abbiamo visto, le prime dieci Tesi su Feuerbach del giovane Marx costituiscono una sorta d’introduzione generale alla tesi finale , la Tesi 11: «I filosofi hanno solo diversamente interpretato il mondo, ma si tratta di trasformarlo». Perché quell’ultima Tesi sia correttamente recepita non come l’indicazione di una mera « filosofia della prassi » né tanto meno della pura dottrina di un pragmatismo che liquida ogni sorta di filosofia ( ogni ruolo dell’attività teoretica) ma l’indicazione di una nuova relazione dialettica tra teoria e prassi, di una filosofia dialettica soggetto-oggetto, è necessario attraversare analiticamente e criticamente i temi filosofici generali, nodi-cardine dell’antropologia filosofica di Feuerbach che sono individuati da Marx nelle sue tesi. Quei temi filosofici non sono raggruppati nelle tesi marxiane secondo una stretta corrispondenza al loro ordinamento numerico.
Il primo tema filosofico e relativo raggruppamento(« gruppo gnoseologico», Tesi 5, 1, 3) che Bloch incontra è :« l’intuizione e l’ attività». Non seguendo il mero ordine numerico delle Tesi Bloch pone in testa al tema la Tesi 5, quale tesi di ricapitolazione :
«Feuerbach, non soddisfatto del pensiero astratto, vuole l’intuizione; ma egli non concepisce la sensibilità come prassi umana sensibile».
Nella prima parte dell’affermazione Marx riconosce a Feuerbach il merito del volere che sia l’intuizione sensibile il fondamento e atto primo del pensare, che non vi possa essere conoscenza materialistica della realtà che non proceda da essa e non dal mero concetto (« il pensiero astratto » ) che è invece derivato da essa. Nella seconda parte della frase però Marx rimprovera Feuerbach di limitarsi a concepire tale atto primo e fondativo del pensare – l’intuizione sensibile – in modo meramente passivo, come una mera« posizione del godimento », come direbbe lo psicanalista Jacques Lacan, in cui non avviene alcuna azione ma una mera contemplazione dell’oggetto. Manca in Feuerbach la considerazione della sensibilità anche come pratica umana sensibile. Tale riconoscimento, e contrario, in chiave critica, avviene già in Hegel, quando definisce l’ immediata impressione sensibile – l’opinione– il più astratto, e cioè più mediato, degli atti del processo della conoscenza, e tale « lezione hegeliana» è ben presente nel giudizio di Marx.

Alla formulazione estremamente sintetica della Tesi 5 Marx aveva fatto precedere una argomentazione più articolata del tema nella Tesi 1 :
« Il principale difetto di ogni materialismo fino ad oggi, compreso quello di Feuerbach, è che l’oggetto ( Gegestand,« ciò che sta di fronte») il reale, il sensibile è concepito solo sotto la forma dell’obietto( Objekt,«ciò che è proiettato fuori dal soggetto »)o dell’intuizione; ma non come attività umana sensibile , come prassi, non soggettivamente. E’ accaduto quindi che il lato attivo è stato sviluppato, in modo astratto e in contrasto con il materialismo, dall’idealismo che naturalmente ignora l’attività reale, sensibile come tale. Feuerbach vuole oggetti sensibili realmente distinti dagli oggetti del pensiero; ma non concepisce l’attività umana stessa come attività oggettiva. Perciò nell’Essenza del Cristianesimo egli considera come schiettamente umano solo il modo di procedere teorico, mentre la prassi è concepita e fissata da lui soltanto nella sua raffigurazione sordidamente giudaica. Pertanto egli non comprende l’importanza dell’attività “rivoluzionaria”, dell’attività “ pratico-critica”».

La Tesi 1 ribadisce e articola maggiormente il concetto marxiano secondo cui il fattore attività umana è già dirimente all’interno della conoscenza sensibile, che è «immediata » nel senso preciso di fondamentale e iniziale. La sensibilità come base effettiva della conoscenza non coincide affatto con l’intuizione contemplativa. Il concetto di attività è sì un concetto di origine idealistica ma di quell’idealismo specifico della società borghese, in cui la classe dominante vede o vorrebbe vedere sé stessa in attività, dunque al lavoro. E questo accade solo nella società del sistema economico capitalista, l’unica in cui il lavoro , o l’apparenza del lavoro intorno alla classe dominante, non è più una vergogna ma anzi diventa un segno d’onore. Ciò per la necessità delle forze produttive che si scatenano con lo scopo del profitto( e con lo scopo calvinista di scrutare nei segni della riuscita attività professionale nel mondo l’elezione divina, la propria individuale predestinazione alla grazia, come direbbe Max Weber) . L’ideologia della classe dominante della società capitalistica, a differenza delle precedenti società, è l’ideologia dell’imprenditore, del borghese , del cosiddetto homo faber.

Mentre l’idealismo antico e tutta la tradizione del materialismo della scienza della natura – da Democrito allo stesso Feuerbach – concepiscono l’atto intuitivo come semplicemente passivo, ricettivo,«oggettivo», l’idealismo moderno( l’idealismo tedesco) si mostra in posizione più avanzata concependo l’intuizione anche come attività o interazione soggettiva, come «elaborazione». Ciò accade in modo compiuto in Hegel , attraverso il suo metodo dialettico, e in modo paradossale e ancora inconsapevole, nella sua Dialettica Trascendentale, in Kant.
Però l’idealismo tedesco, come sottolinea la Tesi 1, conosce il lavoro, la poiesis o produzione, solo in termini puramente spirituali, di gnoseologia dell’esperienza del soggetto, come lavoro astratto e intellettuale, ( unicamente come atto creativo o ideativo, conoscitivo in tal senso) e non anche materiale, di divisione sociale tra lavoro intellettuale e manuale , economico-politico, come farà compiutamente solo Marx. Nella Tesi 1 Marx combina insieme i due suggerimenti : quello di Feuerbach di tornare alla concretezza dell’atto esperienziale dell’intuizione sensibile o materiale, e quello di Hegel di considerare ogni atto, anche quello ricettivo o intuitivo di un oggetto, non come immediato ma mediato,«concreto» nel senso dello stratificato storicamente( è il suggerimento di sviluppare una «coscienza allegorica» dell’«oggetto concreto o concresciuto» – concretum – « stratificato processualmente», direbbe Theodor Adorno).

L’invito hegeliano a considerare la natura mediata dell’esperienza induce poi ad assumere nell’analisi della realtà quel principio di negazione determinata o« negazione della negazione », che guiderà la sua «dialettica perenne», come accennavamo l’altra volta . L’emergere del modello della precedentemente disprezzata, tanto a livello intellettuale che materiale, attività lavorativa– a partire dal razionalismo sei-settecentesco e poi soprattutto nell’idealismo tedesco, entrambi derivanti dall’affermazione della moderna società borghese – soppianta o costituisce comunque il controcanto di quella concezione tradizionale, tanto idealistica che materialistica, di mera teoria o contemplazione dell’oggetto della conoscenza. In quelle tradizioni è assente tanto il pathos della«produzione razionale» ( del lavoro dell’intelletto) che quello della reciproca produzione dialettica soggetto-oggetto, teoria-prassi.

Perché poi il concetto di «produzione razionale » trapassi dal mero meccanicismo matematico degli oggetti e dei corpi del razionalismo cartesiano e del «materialismo progredito» di T.Hobbes alla concreta forma storica del lavoro designata dall’Economia politica ,per cui la produzione razionale diventa la forma produttrice di processo storico, deve intervenire la dinamica del concetto gnoseologico di lavoro, sia pure storico-idealistico, nella Fenomenologia dello Spirito di Hegel.
E’ la celebre poiesis o alienazione del desiderio soggettivo del Signore nella sua elaborazione o « differimento del suo godimento» da parte del Servo. Si tratta di un pathos della «produzione -alienazione» notevolmente superiore a quello razionalistico della seicentesca età della manifattura, di un Cartesio, Spinoza o Leibniz. E’ proprio il Marx dei Manoscritti economico-filosofici del 1844 che esalta la grandezza della Fenomenologia nel fatto che essa «coglie l’essenza del lavoro e concepisce l’uomo oggettivo , l’uomo verace perché uomo reale, come risultato del suo proprio lavoro». Il Marx giovane rimprovera a tutto il materialismo a lui precedente la mancanza del rapporto perennemente oscillante tra soggetto e oggetto, il perenne rapporto dialettico hegeliano che si chiama lavoro.

La celebrazione borghese del lavoro e dell’operosità ( di matrice calvinista) è però agli occhi di Marx ideologica perché essa comunica una parvenza del lavoro, non è l’operosità completa e giusta che può provenire non dall’imprenditore ma solo dal contadino, dall’artigiano o dall’operaio salariato. L’imprenditore invece rappresenta unicamente quel modello di lavoro che è valorizzazione dello scambio della merce sul «libero mercato» della domanda e dell’offerta, un processo e un rapporto economici astratti e reificati, che determinano un rapporto nuovamente passivo, esteriore e astratto ( nel ruolo di lavoratore o produttore in genere, e di consumatore) . Di questa astrazione e reificazione dei rapporti economici potremmo individuare come loro attuale forma estrema e sublimata la compra-vendita di titoli finanziari nei mercati borsistici e, sopratutto, al di fuori dei mercati regolati.

Per motivi opposti, né l’idealismo , che trasfigura tale concetto borghese astratto di lavoro, né tanto meno il materialismo antropologico di Feuerbach , che segue il modello tradizionale del materialismo scientifico della natura, conoscono la reale attività sensibile. Infatti pur ricercando oggetti reali invece di pensieri reificati o astratti, Feuerbach esclude da questa ricerca di realtà i fenomeni dell’attività umana storicamente data( gli oggetti economici, politici, sociali , culturali, etc.). Egli assume a modello dell’intuizione reale sensibile il processo di esperienza e conoscenza delle scienze naturali( fisica, chimica, biologia), ma senza considerare che anche queste «scienze pure» ricevono i loro fini e i loro materiali unicamente dall’applicazione tecnologica delle scoperte scientifiche(da una loro retroazione) nell’attività pratica- economica dell’industria e del commercio.
Questa base ( o «struttura») materiale dell’economia capitalistica è la condizione mediatrice generale, la mediazione dell’intero mondo sensibile esistente al presente.

Questo avrebbe dovuto suggerire a Marx, opinione di chi scrive, che anche il modello scientifico è un modello di comprensione reificata della realtà, mediato dalle leggi dell’economia capitalistica, e che di conseguenza la sua teoria del materialismo storico e dialettico non poteva modellarsi a «scienza del socialismo» ma a filosofia dialettica che accoglie a un tempo i procedimenti, contenuti e risultati delle ricerche e indagini scientifiche e li critica nella loro inevitabile natura alienata o reificata. Se venisse a mancare tale base della struttura capitalistica, a Feuerbach non solo il mondo naturale risulterebbe enormemente cambiato, ma addirittura gli verrebbe a mancare completamente il mondo umano, anzi la sua stessa facoltà intuitiva e infine la sua stessa esistenza. Se è vero che la natura esiste da prima dell’uomo, essa però non è la natura in cui si trova a vivere Feuerbach, quella natura che oggi non si trova più da nessuna parte( la natura oggi è storicamente o antropologicamente mediata).

Non è un caso che la Tesi 3 celebri il valore centrale del lavoro umano nel mondo reale dato, in opposizione tanto a Feuerbach che ai futuri «marxisti volgari»:
«La dottrina materialistica, secondo la quale gli uomini sono prodotti delle circostanze e dell’educazione, dimentica che sono proprio gli uomini che modificano le circostanze e che l’educatore stesso deve essere educato. Essa è perciò costretta a separare la società in due parti, una delle quali sta al di sopra dell’altra. La coincidenza nel variare delle circostanze dell’attività umana, o autotrasformazione, può essere concepita o compresa razionalmente solo come prassi rivoluzionaria».
In particolare Bloch osserva come questa Tesi si scagli contro due principi presuntamente oggettivistici e aprioristici che sono condivisi da entrambe le posizioni: 1) il concetto di «datità», emblema della scuola empiristica di pensiero , concetto cardine dell’oggettività materialistica; 2) il concetto della priorità dell’essere sulla coscienza, concetto esasperato in maniera meccanicistica contro ogni iniziativa soggettiva( e ripreso, a scopi di polemica politica, dalla gnoseologia di «materialismo oggettivo» che Lenin sviluppa in Materialismo ed Empiriocriticismo ) .

1)Il «dato» già solo nel suo significato implica un interlocutore o soggetto a cui è dato, proprio quello che il concetto positivistico vorrebbe escludere dal suo presuntamente puro orizzonte oggettivo. Ciò significa che non solo ogni dato è mediato dalla struttura soggettiva ma inoltre che nel mondo umano non esiste dato empirico esperienzale, cosiddetto « immediato», che non sia mediato e «prodotto elaborato» da tale mondo e dalla sua stratificazione storica .Se il dato non è per niente semplice ma il risultato di processi elaboratori precedenti, tanto manifesti o consci , quanto inconsci, allora si rivela l’apriorità dei processi economici e (tecnologici-industriali) su ogni esperienza e conoscenza, tanto individuale che istituzionale.

2)Il concetto della priorità dell’essere sulla coscienza, da parte sua, incappa nella sua esagerazione in due differenti contesti: A) sul piano gnoseologico, quando afferma l’indipendenza dell’esistenza del mondo esterno dalla coscienza umana; B) sul piano storico, quando pone la priorità della base materiale rispetto allo spirito.

A) Sul piano gnoseologico: Feuerbach estrapola una sua specifica esagerazione da quell’affermata indipendenza dell’essere, equiparandola all’indipendenza dell’essere dal lavoro umano. Solo se al contrario si riconosce la necessaria mediazione tra l’esperienza del mondo esterno e il processo lavorativo dell’uomo – argomenta Marx – si può affermare definitivamente l’indipendenza e l’oggettività ( sia pure spuria) di questo mondo esterno o essere rispetto alla coscienza. La stessa attività intellettuale della coscienza è parte di quel lavoro «mediatore». A sua volta il lavoro o l’ attività umana – tanto intellettuale che manuale – è oggettiva, non cade al di fuori del mondo esterno, così come non vi cade la mediazione soggetto- oggetto nel suo accadere. Il mondo esterno esiste indipendentemente dalla coscienza soltanto perché esso non si manifesta né come puramente oggettivo né come puramente soggettivo.
Esso al contrario manifesta la mediazione reciproca tra soggetto e oggetto in modo tale che l’essere determina sì ovunque la coscienza ma non l’essere naturale generico alla Feuerbach né l’essere essenziale, ontologico, altrettanto generico, alla Heidegger, ma quell’essere storicamente decisivo, e cioè l’«essere economico» , il quale contiene a sua volta una quantità straordinaria di coscienza oggettiva( di «spirito oggettivo»). Invece per Feuerbach l’essere preordinato alla coscienza è naturale e preumano ( «pre-istorico»).

B) Sul piano storico: l’esagerazione della priorità della base materiale rispetto allo spirito viene contestata dalla Tesi 3 secondo cui la base materiale – il modo umano di produzione, lo scambio lavorativo con la natura(«il ricambio organico con la natura»), gli stessi rapporti di produzione ( la legge del valore di libero scambio della merce sul mercato della domanda e dell’offerta) – tutto ciò è dotato di autocoscienza, di carattere soggettivo,«metafisico» o «spirituale»( questo argomento sarà potentemente sviluppato soprattutto a partire dal Capitale). Ciò non vale solo per la società borghese perché in ogni società umana la base materiale oggettiva( struttura) dei processi produttivi è riattivata dalla sovrastruttura della coscienza soggettiva. In questo rapporto tra essere economico e coscienza ,il riconoscimento della priorità dell’essere economico non dà soddisfazione al materialismo volgare ma al contrario dà alla coscienza soggettiva umana il posto più reale tra le condizioni o i fattori del mondo esterno che essa contribuisce a creare( il posto del feticismo della merce e del suo valore di scambio nella società borghese) .

Nell’affermare che le circostanze – dei processi storici o delle condizioni naturali – fanno gli uomini tanto quanto gli uomini facciano esse, il giovane Marx combatte contemporaneamente una guerra su due fronti: 1) contro la teoria meccanicistica dell’ambiente che finisce nel fatalismo dell’essere, da una parte; 2) contro la teoria idealistica del soggetto assoluto, dall’altra parte. Marx riconosce che il mutamento delle circostanze può avvenire solo in riferimento a quella conformità oggettiva alle leggi che vincola anche il fattore soggettivo e l’attività.( non si tratta di un soggetto liberamente o arbitrariamente agente).
L’interazione tra uomini e circostanze e la mediazione soggetto-oggetto si mostrano pertanto perennemente reciproche , perennemente dialettiche. Se l’ordine consequenziale circostanza -uomo viene privilegiato da Marx rispetto a quello contrario, però esso è articolato in modo tale che l’uomo e la sua attività restano sempre l’elemento specifico della base materiale della storia, ne rappresentano la radice e di conseguenza anche la rovesciabilità.. Perfino l’idea teorica diventa per Marx una forza materiale quando s’impadronisce delle masse ( ma lo può fare anche in forma rovesciata e perversa , come testimonia lo stesso Marx a partire dal 18 Brumaio) e a maggior ragione è una forza materiale il mutamento tecnico( scientifico-industriale) e politico delle circostanze, e ugualmente lo è il fattore soggettivo inteso in questo inequivocabile( cioè dialettico) modo interno al mondo materiale.

L’ultimo sviluppo alla Tesi 3 lo dà Il capitale che attribuisce con estrema decisione l’uomo alla natura, ma una natura a sua volta implicante uno sviluppo della forza lavorativa già elevato( una natura già fortemente mediata dalla società e dal processo storico). Qui l’attività umana autocosciente diventa la parte più importante della natura, in qualità di prassi che rovescia proprio alla base l’essere materiale, il quale a sua volta condiziona in maniera primaria la coscienza che la segue. Per Marx la comprensione del fattore lavorativo,la relazione soggetto-oggetto vivente che è l’uomo che lavora è fondamentale per comprendere la priorità dell’essere oggettivo, il suo non essere affatto un factum brutum né una datità, ma la leva e il motore della storia.

La priorità di una natura implementata dal lavoro umano, «storicizzata», non fu mai considerata o percepita da Feuerbach. La storia non è di conseguenza presente nel suo materialismo puramente passivo, contemplativo, e questo impedisce a Feuerbach di superare il limite della pura teoresi. Pur ponendo il pathos umano al centro della sua critica della religione ( l’unica critica da lui sviluppata), egli non lo sviluppa in maniera conseguente e adeguata nel rapporto con l’oggetto che rimane distaccato, aristocratico, meramente contemplativo. Per lui la prassi è solo un affare volgare: «La concezione pratica è una concezione impura, contaminata dall’egoismo».
E’ a questa incomprensione dell’essere oggettivo che Marx contrappone la sua mediazione con il meglio dell’intuizione attiva,il pathos dell’attività rivoluzionaria, «pratico-critica». L’incomprensione della vera natura dell’essere oggettivo porterà poi Feuerbach a non cogliere la vera causa dell’ autoalienazione dell’uomo, di cui la religione è solo un epifenomeno, e gli sbarrerà la strada al vero materialismo , non quello antropologico ma storico-dialettico. Su questo tema, come vedremo la prossima volta, s’incentrerà l’interpretazione di Bloch con il secondo raggruppamento di tesi :«gruppo antropologico-storico» ( Tesi 4,6, 7, 9, 10).

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