Kissinger e l’oscuro avvertimento a Moro: “Stop compromesso storico o la pagherà cara”
C’è un’ombra inquietante legata alle vicende politiche dell’Italia della prima metà degli anni ’70 nella biografia dell’ex segretario di Stato Usa. Fu il portavoce di Moro, Corrado Guerzoni, a raccontarla in una testimonianza giurata durante il processo alle Br
Fu Corrado Guerzoni, portavoce di Aldo Moro, in una testimonianza giurata in sede processuale ai terroristi delle Br, a raccontare quel colloquio con Kissinger, avvenuto a margine di una cena ufficiale a Washington. Guerzoni spiegò che Kissinger sostenne che l’allargamento della maggioranza di governo italiana a tutti i partiti non era per gli Usa una strada praticabile.
Audizione di Eleonora Moro
Deposizione di Eleonora Moro resa il 11 agosto 1980 dinanzi alla Commissione parlamentare d’inchiesta sul “caso Moro”. (stralci)
Presidente.
Ho già spiegato alla signora Moro che cosa significa questa audizione e che cosa comporta. La signora preferisce rispondere ad alcune domande. Se la commissione consente, comincerò io. Lei sa, signora Moro, che la legge istitutiva della commissione ci impone di rispondere a determinati quesiti, alcuni dei quali piuttosto dettagliati. Il primo riguarderebbe quali minacce, avvertimenti o pressioni sono stati ricevuti dal compianto presidente, tendenti allo scopo di fargli abbandonare l’attività politica. Vorremmo sapere se il presidente le ha mai parlato di questo genere di minacce.
Eleonora Moro.
Si.
Presidente.
Vorremmo sapere quale fosse il suo stato d’animo, se dimostrava preoccupazione e in quale misura.
Eleonora Moro.
Questa è una cosa che rimonta parecchio addietro, direi al 1975. Con precisione non saprei dire quando è cominciato; è una cosa che è venuta via via crescendo, diventando sempre più intensa e sempre più drammatica, direi.
Presidente.
Il presidente se ne dimostrava preoccupato, oppure non vi dava peso?
Eleonora Moro.
Da principio credo non avesse preso la cosa in grande considerazione; ma, piano piano, si è dovuto rendere conto che non era la solita cosa, una minaccia generica come quelle di cui spessissimo tutte le persone che hanno un filo di spazio di responsabilità si vedono far oggetto, e che questa cosa era seria. Ho sentito dire che anche a livello internazionale e nei suoi incontri come ministro degli Esteri, apertis verbis varie volte alcuni gli avessero detto che, se non smetteva questa sua idea, se non poneva fine a questo suo tentativo di portare (come si può dire?) non l’attività politica in senso stretto, ma proprio la sua linea politica, cioè l’idea che tutte le forze politiche dovessero collaborare e partecipare direttamente alla vita del paese, avere responsabilità sempre più dirette, ecc.; insomma, che questa era una cosa che doveva smettere, altrimenti l’avrebbe pagata cara. Questo gli avevano detto.
Presidente.
Sempre in ordine a questo genere di problemi ha mostrato di nutrire apprensione per possibili attentati alla sua persona o ai suoi familiari? Vi è stato un episodio?
Eleonora Moro.
Per quello che riguardava lui, quando aveva idea che una cosa andasse fatta, non c’era nessuna potenza al mondo che lo fermasse. Io ho fatto tutto quello che potevo; credo di avergli fatto passare, l’estate del 1975, come una delle più terribili della sua vita, creandogli l’inferno perché egli si ritirasse e la smettesse. E mi sono anche illusa di essere riuscita a scalfire un poco questa sua cocciutaggine; poi mi son dovuta rendere conto che non c’era niente da fare e che la nascita del suo primo piccolo nipote era stata determinante nel senso della responsabilità che un uomo, che aveva la possibilità di fare e operare quello che riteneva il bene, dovesse farlo e non potesse tirarsi indietro.
Presidente.
Vi è stato un episodio, per esempio quello dei motociclisti; lei lo sa?
Eleonora Moro.
Ma da questo momento in avanti è stato tutto un crescendo di avvertimenti, di lettere anonime, di telefonate, di segnali vari che in una certa misura, vista la mia penso naturale apprensione, mio marito cercava di non farmi conoscere, di non farmi pervenire; ma sui quali spesso l’intrattenevamo anche con Leonardi, anche per vedere che cosa si potesse fare in una situazione cosi difficile dato che quella che era la scorta, l’assistenza, la protezione erano cosi inadeguate.
Quindi lui diceva quello che succedeva, che lui stesso continuamente riferiva ai suoi superiori e che lo preoccupava, perché era una bravissima persona e faceva il suo servizio con molta dedizione e intelligenza.
Presidente.
Relativamente alla scorta, lei sa se il presidente avesse in animo di chiedere o se chiese un rafforzamento della scorta?
Eleonora Moro.
Lo fece lui moltissime volte e lo fece Leonardi continuamente con i suoi superiori, ma questa cosa non fu mai presa in considerazione.
Presidente.
Io avrei introdotto in un certo senso l’audizione della signora Moro; vediamo ora se i colleghi vogliono fare qualche domanda.
Pecchioli.
Mi consenta, signora, di cercare di approfondire un po’ la prima parte della domanda, cioè quella relativa alle minacce che l’onorevole Moro ricevette prima. Lei le ha rapportate fondamentalmente alla linea politica dell’onorevole Moro.
Eleonora Moro.
Questa è la mia sensazione.
Pecchioli.
Lei non ha la sensazione anche sul tipo di provenienza di queste minacce? Da chi potevano giungere?
Eleonora Moro.
Ho l’impressione che venissero da varie parti, che non venissero da una parte sola.
Pecchioli.
Sempre da ambienti politici?
Eleonora Moro.
Si, politici.
Pecchioli.
E lei non è in grado ad aiutarci a definire un po’ meglio la provenienza?
Eleonora Moro.
Mio marito era estremamente riservato, aveva il senso del “sacro” di quello che passava nella sua esperienza, nell’ascoltare la gente, nel sentire le cose; e sentiva il rispetto massimo che doveva alle persone che con lui si erano confidate, che andavano a parlargli un po’ di tutto: del loro caso privato, personale e di tutte le altre cose che potevano aver sentito. Erano tante e lui aveva questo senso di profondo rispetto per queste persone; per quello che era il suo lavoro doveva fare tesoro di quello che gli era stato detto, leggere come segnali gli stati d’animo e le situazioni.
Questo soprattutto con il mondo giovanile, che lui seguiva particolarmente; che questi segnali andavano presi molto seriamente e che bisognava fare qualcosa al più presto possibile. Ma quello di andare a dire: “Il tale mi ha detto” era quasi impossibile che capitasse. Chi lo conosceva bene poteva rendersi conto da quale parte provenisse un discorso ma non era mai lui a dirlo.
Del resto, chi ha vissuto da vicino la vita del nostro paese, è raro che abbia sentito affermare da una persona, che pure ha scritto e parlato tanto, che le informazioni o i dati che aveva in mano, che elaborava nel suo dire, venissero da una parte o dall’altra.
Pecchioli.
Lei ha fatto un cenno anche ad ambienti – se ho ben capito, in caso contrario me ne scuso – internazionali.
Eleonora Moro.
Lui era ministro degli Esteri a quel tempo.
Pecchioli.
Quindi lei non esclude che queste pressioni potessero ,venire anche da ambienti fuori dal nostro paese.
Lombardo.
Signor presidente, vorrei tornare – mi scusi la signora Moro della mia insistenza – sui particolari delle minacce che, come ha detto la signora, datano fin dal 1975 e che sono collegate con la linea politica che il presidente Moro andava perseguendo con lucidità in tempi anche lunghi, ma con molta coerenza e continuità.
Lei, signora Moro, ha risposto a qualche domanda dell’onorevole Pecchioli. lo credo che sia importante tornare su questi particolari e la mia domanda è specifica in questo senso.
A livello internazionale, si trattava di minacce o di consigli? Ebbene, vorrei che la signora Moro potesse ricordare questo aspetto; cioè erano politici a livello internazionale che consigliavano all’onorevole Moro di abbandonare quella linea politica, oppure si trattava di elementi di minaccia: “abbandona questa linea politica altrimenti puoi correre dei rischi! “?
In realtà, poteva anche trattarsi di consigli che riferivano minacce che vi potevano essere a livello internazionale nella discussione che questo tema aveva oramai acquistato anche in campo internazionale: cioè, dove andava il nostro paese, la nostra politica interna, le alleanze con gli altri partiti e, in modo particolare, il rapporto con la sinistra in generale e con il Pci in particolare.
Ecco, la signora, facendo uno sforzo – anche se ha detto che il presidente Moro era piuttosto evasivo e molto riservato – può aiutarci nella ricerca della verità su questo punto molto importante.
Eleonora Moro.
Posso provare a ripetere la sua domanda per vedere se l’ho centrata perché non sono una persona molto capace di capire. Lei mi chiede se mio marito abbia avuto dei consigli, diciamo affettuosi, a desistere da questa cosa che poteva essere pericolosa per lui, o se gli è stato detto apertis verbis: “Guardi, che se lei insiste in questa cosa, questa cosa le porterà dei guai”. E’, una delle pochissime volte in cui mio marito mi ha riferito con precisione che cosa gli avevano detto, senza dirmi il nome della persona. Adesso, provo a ripeterla come la ricordo: “Onorevole (detto in altra lingua, naturalmente) lei deve smettere di perseguire il suo piano politico di portare tutte le forze del suo paese a collaborare direttamente. Qui o lei smette di fare questa cosa o lei la pagherà cara”. Veda lei come la vuole intendere. La frase era cosi. E’ una cosa che a me ha fatto molta impressione. Sono rimasta a meditarci a lungo da allora in poi. Certo, via via, con gli avvenimenti come si sono svolti…
La Valle.
La data approssimativa?
Eleonora Moro.
Questo veramente è difficile dirlo perché io non sono una persona che ha molta memoria e poi mi fanno più impressione le cose che non le circostanze. Non so come spiegarlo. Le cose mi colpiscono profondamente; poi, tutto quello che è l’esterno, il giorno, l’ora, la situazione, mi sfugge perché sono una persona estremamente distratta. Ma non deve essere una cosa, se me la ricordo con tanta precisione, tanto in là.
Covatta. Signora, le è già stato chiesto circa gli avvertimenti o, comunque, le minacce che il presidente Moro ebbe a ricevere per la sua attività politica e per la sua vita politica. lo vorrei chiederle con maggior precisione se, nei giorni immediatamente precedenti il sequestro, il presidente ebbe a ricevere qualche minaccia o l’avvertimento di qualche minaccia: o direttamente o tramite suoi amici di partito o suoi colleghi di governo.
Eleonora Moro.
Allora cercherò di rispondere indirettamente, perché direttamente non ho una risposta chiara.
Durante i mesi precedenti, sempre su mie insistenze – veramente pesanti, devo dire – mio marito si era deciso a chiedere una più seria protezione nel complesso; e, secondo me, se si era deciso nonostante la sua riluttanza, perché tutto quello che riguardava lui non aveva importanza, quindi chiedere una cosa per sé gli dava veramente fastidio; credo che solo per farmi stare zitta abbia fatto questa richiesta. Se non avesse avuto dei dati ben precisi avrebbe calmato me, non avrebbe fatto questa richiesta.
Covatta.
A proposito di questa sua risposta, signora, altre personalità che hanno reso la loro interpretazione dei fatti a questa commissione hanno avuto modo di sostenere che per l’appunto di questo si sia trattato e cioè che il presidente non chiese misure particolari di sicurezza, ma disse a lei di averle chieste, per calmarla, per l’appunto.
Eleonora Moro.
A me non risulta mai che mio marito, in tutta la sua vita, abbia detto una bugia e tanto meno a me. Quindi se lui mi ha detto questa cosa, sono pronta a giurare davanti a un tribunale che mio marito l’ha detta.
Covatta.
Mi perdoni se insisto sul punto precedente. Non mi riferivo tanto ai mesi, quanto ai giorni precedenti immediatamente l’attentato. Nei giorni immediatamente precedenti non ebbe modo di parlare col presidente di tali questioni?
Eleonora Moro.
Nei giorni immediatamente precedenti, diciamo una quindicina di giorni prima che fosse preso, dei conoscenti di mio marito, milanesi, che possedevano un’automobile blindata per loro conto, perché preoccupati per se stessi e per la loro famiglia, hanno
insistito con lui, venendo a Roma e pregandolo vivamente di accettare questa macchina, gli uni e gli altri, perché era evidente a loro che stavano a Milano che queste cose finivano in questo modo: che lui avrebbe avuto necessità di una cosa di questo genere.
Covatta.
L’onorevole Cossiga e l’onorevole Andreotti hanno avuto modo di far rilevare che le abitudini dei presidente Moro, per esempio di fare lunghe passeggiate da solo, con il solo accompagnamento del maresciallo Leonardi, o anche la sua abitudine di andare spesso al cinema, in sale pubbliche, erano tali da indicare che il presidente non temeva per la sua sicurezza, perché indubbiamente una sala pubblica cinematografica non è il luogo più adatto per garantire questa sicurezza. Vorrei conoscere la sua opinione su ciò, se per esempio queste abitudini che si conoscevano sulla vita del presidente non avevano negli ultimi tempi subito delle modifiche, insomma che cosa pensa di questa obiezione che ci è stata rivolta.
Eleonora Moro.
Ci sono varie cose da dire a questo proposito. Adesso cerco di collegarle. Prima di tutto la cosa di cui mio marito aveva veramente paura era che prendessero qualcuno dei suoi familiari, cioè facessero quello che era successo all’onorevole De Martino. Da quando è successa questa cosa lui, per quelli di casa sua, non ha vissuto più un momento in pace e quindi, conoscendolo, dico che lui abbia giocato questa carta: io faccio la mia vita di sempre, vado a spasso come sempre, faccio quello che ho sempre fatto, prendete me e lasciate stare la gente cui io voglio bene. E questo è un pezzetto della risposta. Poi c’è un altro fatto. Io me lo sono chiesto infinite volte; perché questa gente che poteva prelevarlo con tutta facilità, perché bastava telefonargli e dirgli: guardi onorevole, che o lei viene via con noi o noi le uccidiamo la scorta, lui sarebbe uscito pacifico e tranquillo e sarebbe andato con tutta calma dove questa gente gli avrebbe detto di andare, perché era molto affezionato a queste persone e se ne sentiva responsabile. Questo era uno dei pochissimi argomenti che io avevo quando gli chiedevo di farsi proteggere meglio, perché lui rischiava la vita di queste creature che, come loro stessi dicevano, da molti mesi, “noi stiamo qua a fare da tiro a segno”, era questa, credo, la ragione per cui aveva chiesto un’organizzazione più seria della sua protezione, un’organizzazione più seria per queste creature perché fossero protette in maniera più umana, ragionevole, aveva chiesto un servizio in cui non fossero veramente un tirassegno. Poi c’era un’altra cosa…
Covatta.
Si è chiesta infinite volte…
Eleonora Moro.
Mi son chiesta infinite volte perché mai li abbiano uccisi tutti quando se lo potevano portare via tranquillamente, e forse con più scena. Se si preleva uno tranquillamente senza colpo ferire, si è più abili. Questa è una di quelle cose che se la commissione la scopre, secondo me, scoprirà una grossa parte della verità.
Covatta.
Vorrei fare un’ultima domanda su questa prima parte degli avvenimenti. Chiedo scusa se la costringo ad andare con la memoria al momento, immagino, più doloroso per lei. La mattina del 16 marzo è stato detto e scritto che il percorso dell’automobile dei presidente, l’itinerario dell’automobile cambiò all’ultimo momento, che il maresciallo Leonardi fece una telefonata prima di uscire, e altre cose di questo genere. A lei risultano preoccupazioni particolari, motivi particolari per giustificare queste cose?
Eleonora Moro. Era tanto tempo che si angosciavano enormemente su queste cose e, quindi, cercavano nei limiti del possibile di cambiare i percorsi tutti i giorni o ogni due giorni, di vedere di sistemare in qualche modo cambiamenti degli orari se era possibile. La situazione di mio marito era che, pure essendo forse ordinato mentalmente, esternamente non era molto ordinato, non è che uno potesse contare che tutti i giorni o ogni due giorni di seguito sarebbe uscito a quell’ora, perché magari una telefonata o qualche altra cosa lo obbligava a trattenersi ancora in casa a sbrigare qualche cosa, a fare qualche cosa di diverso da quello che aveva messo in conto di fare nella giornata. Questo è un altro problema: come potevano essere le Brigate rosse così sicure che quel giorno, a quell’ora in quel punto, l’onorevole Moro sarebbe passato? L’onorevole Moro lo potevano prendere nell’altro verso, nell’altro tipo di incrocio. Se si potesse chiarire come mai questa gente avesse questa sicurezza, un’altra grossa parte della verità sarebbe evidente.