Le sardine fanno politica. Forse più e meglio di tanti altri che pure le giudicano

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Alfredo Morganti

di Alfredo Morganti

Ci sono quelli che le sardine le odiano (e sono in linea con l’odio che esprimono ogni giorno, quale loro principale cifra politica) e quelli che sembrano preoccuparsene, quasi prendersene cura, come Mario Lavia su ‘Linkiesta’, che le mette in guardia, bontà sua, dai rischi della ‘piazza senza politica’. Senza politica? Non conosco un movimento con un istinto politico più forte delle sardine. Leggetevi il loro manifesto se non l’avete fatto. Dicono di non portare simboli di partito, perché temono che ciò possa dividere invece che unire e possa indebolire l’impatto, ma non sono apolitici, anzi.

Con le sardine la politica assume la forma della piazza intelligente, civile, della comunità urbana, della pacatezza di toni, dei contenuti espressi con mille voci. Io sono persino dell’avviso che il movimento non debba avere alcuna specifica evoluzione, né ambire a farsi ‘parte’ (divenire partito o fazione), ma debba solo testimoniare potentemente e per quanto è possibile, per quanto il tempo storico consenta, il sentimento di sinistra plurale che c’è nel Paese e che chiede una riscossa. Con ciò, unendo appunto l’umanità che lo compone invece di tentare un rischioso salto organizzativo, e cristallizzare (e isolare!) questo sentimento diffuso.

Si può fare politica senza essere ‘parte’, ma solo disponendosi con decisione su un lato degli schieramenti, quello di sinistra nella fattispecie. La politica non è soltanto organizzazione, e i partiti per quanto benedetti, non sono tutto. Così come non è tutto lo Stato, non sono tutto le istituzioni democratiche (per quanto si muoia per difenderle), non sono tutto (e meno male) i politici che si alternano nei talk show. La democrazia rappresentativa non è un rito ristretto a pochi attori, sempre gli stessi, per quanto essenziali e guai a chi ce li tocca (il Parlamento, i partiti, le istituzioni, i leader, gli enti territoriali), ma è composta di cittadini e di soggetti sociali che decidono di essere partecipi in vari modi: nelle associazioni, nelle organizzazioni, nelle piazze, nelle discussioni in un mercato, oppure in una biblioteca comunale o nei social e così via.

Oggi viviamo tutti in una grande agorà, che è croce e delizia dei tempi. La nostra vita pubblica è costituita da una infinità di casematte gramsciane, reali e digitali, nuove e tradizionali. La democrazia è più che mai composta di “parti” organizzate, ma pure di soggetti che “parti” non sono, che però si schierano (Lavia se ne faccia una ragione) e si dispongono di qua o di là, e fanno comunque, proprio così, in termini altrettanto radicali, politica. Proprio come le sardine. Proprio come i tanti amici, compagni, soggetti sociali, cittadini, donne e uomini che escono dalle loro case, con civiltà, rispetto, e si ritrovano non come quattro amici al bar quando tutto è perduto, ma come la ragione vera della sinistra, quella che non muore mai. La giustizia sociale, l’equità, la democrazia, la libertà di tutti.

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