Fonte: Originale
di Vincenzo Musacchio, 4 maggio 2018
Le mafie ormai hanno in mano il nostro Paese e non più usando la violenza, l’intimidazione o il terrore stragista ma molto semplicemente utilizzando la loro arma più potente: le enormi quantità di denaro con le quali corrompono, creano lavoro, fanno impresa. Le nuove organizzazioni criminali non hanno più bisogno di imporre la loro legge poiché spesso sono le stesse comunità che accettano di accogliere i loro esponenti, alcune volte rassegnandosi alla loro presenza altre facendo affari con loro. Pur se dura da scrivere purtroppo questa è la verità.
Le mafie attuano di fatto politiche sociali ed economiche al posto dello Stato latitante. Le politiche sociali attuate a livello istituzionale, centrale e periferico, se realizzate con serietà e competenza e non come strumento clientelare, sono uno strumento di lotta alle mafie efficacissimo. Basterebbe garantire condizioni minime di sostentamento, in quei posti dove lo Stato latita, affinché le persone siano messe in condizioni di lavorare. Il lavoro, la cultura, l’istruzione e le politiche economico sociali, sono un antidoto efficacissimo contro le mafie. Come posso avere fiducia nello Stato se il lavoro mi è dato dalle organizzazioni mafiose?
E’ difficile rinunciarvi, anche se quel lavoro è sfruttamento, è concessione, è capestro, resta pur sempre lavoro e quindi meglio un lavoro illegale che la disoccupazione certa. Allora lo Stato (siamo una democrazia di matrice solidaristico sociale) deve contrapporsi a questo garantendo un lavoro onesto, tutelato da diritti e non concesso ma meritato. Deve trasformare il lavoro illegale delle mafie in legale non clientelare. Bisogna sottrarre terreno alle mafie realizzando quelle politiche sociali che tutelino le fasce più deboli della popolazione che sono poi quelle che andranno a ingrossare le fila della manovalanza mafiosa. Gli imprenditori e i commercianti “sani” devono trovare con l’ausilio dello Stato e delle sue forze migliori, la forza e il coraggio di dire no alle mafie non cedendo alle facili lusinghe delle medesime.
Per essere più semplici nel nostro scritto facciamoci una domanda molto semplice: quando i Casalesi interravano rifiuti tossici in tutto il Paese, di chi erano questi rifiuti? Di certo non erano dei Casalesi! Qualcuno li produceva e invece di smaltirli per le vie legali si serviva di loro che offrivano un servizio a prezzi stracciati! Tutto questo giro d’affari produceva lavoro e a essere coinvolti erano in tanti ognuno con il proprio tornaconto. L’imprenditore smaltiva a prezzi convenienti, il mafioso guadagnava e creava lavoro, la manovalanza otteneva lavoro per sopravvivere e sfamare la propria famiglia, il politico corrotto aveva il suo ritorno elettorale. Un sistema perfetto nella totale assenza dello Stato! È oramai chiaro che l’immobilismo delle istituzioni ha consentito alle mafie di riempiere un vuoto caratterizzato proprio dalla mancanza di politiche sociali e occupazionali. Costringiamo lo Stato a utilizzare due strumenti infallibili contro le mafie: diritti e lavoro!
(Vincenzo Musacchio, direttore scientifico della Scuola di Legalità
“don Peppe Diana” di Roma e del Molise).