di Pina Fasciani – 6 maggio 2018
Giannini, venerdì sera a ottoemezzo, con la sua solita melensa ruffianeria, ha rilanciato il titolo di “padre nobile”, promozione coniata a suo tempo da La Repubblica, nei confronti di Uolterino.
Uolterino si è naturalmente prestato e ha detto cose sensate, condivisibili, il che è un bene.
Uno direbbe meglio tardi che mai.
Ha detto cose che, a ben guardare, potevano essere dette anche quando Renzi lanciò la rottamazione, quale clava nei confronti della sinistra, usata in particolare con quelli che lo potevano insidiare di più, in particolare D’Alema, non certo Uolterino. Il quale a quei tempi e anche dopo, sostenuto da Repubblica, si acquattava nel loggione centrale del teatro renzista e dispensava di quando in quando, pillole di saggezza, da vero padre nobile. Così facendo legittimava qualunque cosa, anche la liquidazione ai saldi del PD.
I saldi, quelli finali, avvenuti con il voto del 4 marzo, lo hanno preoccupato ( ma tu guarda) e ieri sera, alle brutte, ha rilanciato il progetto originario del suo PD. Un partito plurale, con leadership plurale, collegiale, con vocazione maggioritaria, e via ribadendo.
Curiosamente pero’ alla domanda “ma Renzi fa da ostacolo a questa sua idea?” lui non ha risposto con un si o un no, lui è inclusivo, lui si tiene tutti, le vittime e gli assassini, il famoso “ma anche” è tornato, quel ma anche che ha reso il PD né carne, né pesce , che non è né di destra, né di sinistra, un blob “plurale” buono per tutte le stagioni. Un blob che, senza alcuna identità, ha consentito le incursioni del renzismo e la liquidazione della sinistra, sia quella di radice cattolica che quella di radice socialista.
Conclusioni? Appello a una generica unità, appello a un generico ritorno al popolo, appello a una generica inclusivita’, appello a un generico pluralismo.
Mi sembra evidente il perché, se questi sono i padri nobili , il PD ha fatto questa fine.