Le mancate dimissioni di Letta.
La cifra del PD attuale sono le “mancate” dimissioni di Enrico Letta, non solo per la evidente sconfitta politica, ma per aver agevolato, se non voluta la vittoria di una Destra, non moderata, ma fascista e razzista, filoatlantista e guerrafondaia. L’escamotage di Letta, di “non candidarsi” al prossimo Congresso puzza lontano un miglio di una manovra per non consentire cambiamenti significativi dell’assetto interno del PD e della sua politica economica liberista e internazionale, filoatlantista e guerrafondaia ispirata dai democratici USA, mantenendo quindi fede agli impegni assunti sulla guerra e sulla politica economica d’austerità in campagna elettorale e contrapponendosi a chi, come Conte, si era distinto dal governo Draghi e dalla politica della Destra Europea. Le dimissioni erano e sono necessarie per dare un segnale politico chiaro, di voler effettivamente capito la lezione del risultato elettorale e di voler veramente cambiare posizione, politica e gruppo dirigente. Poteva essere nominata una reggenza temporanea fino al Congresso e aprire un battito vero ed efficace al fine del cambiamento. C’è da pensare che in questa fase la permanenza di Letta alla guida del PD sia proprio quella di narcotizzare il PD, per non fargli intraprendere strade troppo “pericolose” a sinistra e svincolarsi da patti sotterranei e aperti che potrebbero sconvolgere determinati piani di ferreo allineamento alle posizioni USA e della Destra Europea. Mi sembra invece che sia già terminato e si evolverà con accordi interni fra i capicorrente Franceschini, Orlando, Guerrini e Letta (c’è anche una corrente sotterranea Renziana che al momento opportuno farà sentire il suo peso). Ecco il perché delle necessarie, ma mancate dimissioni.