Fonte: facebook
di Alfredo Morganti – 13 ottobre 2014
Le liste al posto dei partiti
Francesco Bei, di Repubblica, ieri riportava le parole di Ignazio Abrignani di Forza Italia sulla novità clamorosa di queste ore. In un recente incontro del ‘Patto’, Renzi “ha accennato alla possibilità di dare il premio di maggioranza alla lista e non più alla coalizione. Verdini è inorridito, perché per noi sarebbe un massacro, ma Berlusconi gli ha risposto che ci penserà”. Queste la parole di Abrignani. Mi sono subito chiesto: ‘per noi’ chi? Perché appare chiaro che Verdini e Berlusconi pensino a ‘noi’ diversi. Il primo si riferisce a Forza Italia, e alla fine tremenda che farebbe questo partito se vi fosse un premio maggioritario di ‘lista’. Berlusconi no, lui è apparso più possibilista. All’ex Cav. sta anche bene che Renzi stravinca, purché resti una ‘testimonianza’ corposa di FI a presidiare il territorio. Berlusconi, difatti, si sente sufficientemente rappresentato da Renzi, al punto da concedergli la vittoria larga in cambio di un patto di consultazione. Verdini ancora ragiona nella logica del partito di opposizione, misura gli effetti delle scelte di governo sulle ricadute positive o negative verso la propria organizzazione. Renzi e l’ex Cav no, per loro il partito è a geometrie variabili, muove i propri confini per convenienza tattica, è elastico, flessibile, uno strumento di potere che si adatta astutamente alla situazioni contingenti. Destra e sinistra, così, non sono più nulla. Le alleanze un ‘patto’ di potere. Il territorio è solo sabbia mobile. Si vola altissimi in tutte le direzioni desiderate. Anzi si gironzola senza una meta, se non il potere per il potere.
Se ci fate caso, inoltre, si parla di premio di maggioranza alla ‘lista’, non al partito. Non è questione terminologica. La lista è una cosa, il partito è un’altra. Ieri Giorgio Tonini, su Repubblica, spiegava che nel PD come lo vede lui c’è posto per tutti, senza andare troppo per il sottile, dai moderati di centro alla sinistra radicale. Una specie di coalizione, insomma, ma intruppata tutta dentro al Nazareno. Il passaggio dalla coalizione alla lista avrebbe questa coloritura e questa unica differenza vera: prima si era rissosi e i cespugli mordevano il freno, domani si sarebbe tutti sotto consiglio di disciplina al primo mancato voto di fiducia. Ovviamente, per tenere tutti dentro, servirebbe concedere qualcosa nella misura dovuta a ognuno: un grande partito all’americana (anzi all’italiana), dove le reciproche convenienze di interesse salvano la faccia, cementano il potere, creano un rassemblement che, certo, non potremmo chiamare ‘partito’ secondo criteri tradizionali, al più, appunto, ‘lista’ (per mostrare la sua proiezione meramente elettorale). Ovvio che, se tutti fanno i bravi, a ognuno toccherà una quota di potere e di responsabilità. La teoria è molto simile a quella del ‘traboccamento’ cara ai liberisti: se i più ricchi si arricchiscono, ce n’è per tutti, perché le ricchezze ‘traboccano’ appunto verso la base della piramide sociale. Fuor di metafora: se siamo tutti assieme, se l’interesse di partito diventa comune, ove Renzi detenga potere maggioritario, quello traboccherà verso tutti gli iscritti e/o aderenti, a partire dalla classe dirigente direttamente impegnata all’interno della struttura.
Sorprende che Francesco Cundari veda nel passaggio dalla coalizione alla lista un passo avanti. Certo, siamo tutti divenuti intolleranti verso le coalizioni forzose. È normale, visti gli esiti. Ma da ciò a credere che, sostituendo le ‘liste’ (non i partiti!) alle coalizioni, muti davvero qualcosa è un po’ da ingenui. E poco cambia che vi sia una soglia di maggioranza a stabilire limiti e confini del premio stesso. Il tema è aggirabile con un bel ballottaggio tra liste che, assieme, magari non superano nemmeno il sessanta per cento effettivo dei votanti. Il punto vero è che questa accelerazione all’americana, produrrà la fine (definitiva) dei partiti così come li conosciamo. Le liste di cui si favoleggia diverranno insalatiere dove si mischierà una cinica misticanza di appetiti. Le coalizioni saranno ‘ristrette’ in una lista, insomma. Con la differenza che, nel caso di dissidenza, scatterà il tallone di ferro del Segretario a dirimere le contese. Renzi, dunque, vuole il premio alle liste per applicare la teoria del traboccamento e per controllare meglio i comportamenti dei deputati. Berlusconi perché è uno sponsor del PDR. Il risultato è la trasformazione dei partiti in molluschi e degli elettori in risorse mobili, volatili, proprio come i confini di partito. Per conquistare questi elettori non si dovrà più disegnare un percorso, indicare una prospettiva, stabilire delle temporalità. No. Si dovrà solo suggestionarli con annunci stroboscopici, blandirli con paroloni a effetto, sedurli, proporre scambi (io dò 80 euro a te, e tu dai un voto a me), ferree reciprocità, convenienze a breve. E cioè ‘acquisire’ il loro voto, non il loro effettivo consenso. Liste, appunto, non partiti. Una differenza che Cundari fa finta di non vedere.