di Antonio Gaeta 19 settembre 2016
Nel tentativo di contribuire alla divulgazione delle conoscenze, che permettono una più agevole individuazione delle dinamiche da millenni operanti tra classi dominanti e classi dominate, più avanti riporterò la situazione vissuta dagli antichi Greci pelasgici, così come desumibile da alcune tragedie scritte e sceneggiate dal grande Sofocle. Per ora proseguiamo nell’esame delle caratteristiche che differenziano il “fato” dal “destino”.
Certamente, con riferimento al singolo individuo, il “destino” é relativamente più individuabile, giacché determinato dal complesso di convinzioni e conseguenti azioni socialmente operanti nel corso del tempo di vita individuale. Quest’ultime sono caratterizzate da percorsi di non facile navigazione mentale ed emozionale, più o meno idonei ai fini dell’acquisizione di situazioni sociali e di comportamenti culturali. Con essi il singolo, nel corso della formazione e della crescita, é stimolato a fare o disincentivato (non fare): valutazioni, ragionamenti e acquisizioni di conoscenza (consapevolezze). Tutti aspetti per comodità comprensiva riconducibili all’esercizio del concetto cristiano di “libero arbitrio”, il cui valore é comunque condizionato dalle sacre scritture al rispetto del “fato” voluto da Jahvè.
Restando nel campo delle condizioni “fatali” generate dai “nuovi dei” dell’alta finanza, chi gioca in borsa, é indotto a credere che le sorti dei propri evanescenti investimenti sono riconducibili alle dinamiche del “destino”.
Tutti noi siamo convinti che quanto più veloci saranno gli altri negli apprendimenti delle dinamiche dei titoli borsistici, tanto più il nostro “destino” sfugge al nostro controllo di singolo individuo, che subisce penosamente anche tutta la vita. Al contrario, siamo anche convinti che, quanto più avremo l’opportunità e la capacità di essere lungimiranti rispetto ai nostri simili (ma anche esperti nelle tecniche di manipolazione delle convinzioni altrui), tanto più sarà facile per noi beneficiare di un “destino favorevole”.
Un altro esempio potrebbe essere quello dei genitori appartenenti al ceto medio che, con l’aiuto di docenti della stessa taratura mentale, riescono a far diventare un bambino un prodigio d’intelligenza. Anche qui si tratta di una scommessa e di una speranza, fondate sulla capacità di influire sul “destino”: scommesse e speranze abilmente alimentate dai circuiti persuasivi in possesso degli strumenti di potere dei “nuovi dei”. Essi fanno affidamento sul mito più potente di tutti: “il sensibile miglioramento delle condizioni economiche e, quindi, di vita del singolo” ! Tuttavia, si tratta di un tipo di futuro, che é instillato nella fantasia dei perdenti, spesso alimentata solo da frustrazioni personali, conseguenti ad un “fato” non accettato dalla loro mente, giacché proiettata nella conquista di mirabolanti successi nell’ambito del “segmento temporale”, che ognuno di noi crede di percorrere. In questa corsa al successo necessitano esempi, che assumono le stesse caratteristiche e funzioni degli antichi “eroi”.
Tuttavia, anche nell’industria cinematografica statunitense (quella più propensa alla promozione di questo genere narrativo) molto spesso accade “l’imponderabile”: ovvero la manifestazione del “fato”. Tenuto sempre ben nascosto a tutti i protagonisti che scommettono sul loro “destino”, il “fato” improvvisamente incombe, travolgendo qualsiasi possibilità di rendere felici le nostre vite: anche quelle già rassicurate da un “destino” ben progettato.
[segue con l’articolo dedicato alla Vera didascalia del mito di Edipo]
Antonio Gaeta