di Alfredo Morganti – 10 aprile 2018
Ne ho viste di consultazioni per la formazione del governo. Ma questa è la più bizzarra di tutte. Ogni protagonista del ‘giro’ vorrebbe governare da solo, e avrebbe voluto che gli elettori gli avessero dato la forza necessaria a farlo. In alternativa si dichiara a priori all’opposizione, tipo il ‘semaforo’ PD. Il clima resta quello di una campagna elettorale permanente: tutti sono convinti che le urne siano ancora aperte, e che si stia duellando a colpi di leaderismo e storytelling. Bisogna capirli, sono nati e cresciuti in una temperie che ha ridotto la politica a comunicazione, metafore calcistiche e storielle ottimistiche. Tutta la nuova leva di dirigenti è figlia di questo tempo maggioritario della miseria. E adesso annaspa nella pozza d’acqua del quasi-proporzionale. Non invidio il Presidente Mattarella: la condizione affinché le consultazioni abbiano un esito positivo è che si accetti la responsabilità del dialogo, delle alleanze e del governo parlamentare. Che non ha nulla a che vedere con il ‘qui comando io’ che faceva da refrain e grido di battaglia del maggioritario (‘porcellum’ o altro poco importa).
Se l’esecutivo continua a essere interpretato come la fortezza entro cui asserragliarsi per governare quasi non esistesse un Parlamento, non c’è da meravigliarsi se le consultazioni sembrano il prosieguo della sceneggiata elettorale. Il populismo non è la rabbia di destra tout court, ma la visione politica per cui tra il Capo e il Popolo non c’è o non deve esserci nulla, nessun corpo intermedio, niente di niente, per primo il Parlamento. Così che il Capo parli direttamente al Popolo, la linea politica sbandi a seconda dell’umore rabbioso o meno del Popolo medesimo, ogni battito d’ali alla base divenga una tempesta al vertice, e i ‘politici’, pur facendo credere di essere dei maschi alfa, in realtà dipendano dal primo noVax che passa, dal lobbista che circola al Palazzo, oppure da una torma di commenti insultanti sui social. Questa è la ‘disintermediazione’ che esige oggi il ‘populista’, che trasforma i partiti in carta velina, e straccia la rete dell’opinione pubblica, facendo apparire dal fondo una canea rabbiosa di grida spaiate. Se tutto questo non cambia e non si ribalta, se la democrazia parlamentare e rappresentativa non riprende spazio, se i partiti non ritornano a essere ponte tra società e politica, io credo che non ci sarà scampo. Non tanto per la sinistra, ma per la qualità della democrazia, che della sinistra è casa, ricovero, salvezza.