di Antonio Gaeta 2 maggio 2016
Come molto accuratamente dimostrano ed espongono l’antropologa Heide Gottner Abendroth e l’archeologa Marija Gimbutas, il clan matriarcale costituisce il tipo di aggregazione sociale di base, che accomunò e accomuna tutt’oggi tutte le società matriarcali. Dalle esposizioni sulla Rivista ‘Antropologia: sintesi biologica della specie’ (https://www.facebook.com/2000sex/) si può facilmente capire che trattasi di aggregazione di tipo familiare, fondata sulla comune discendenza matrilineare di uomini e donne (figli e nipoti) della stessa capostipite femminile (cosiddetta “matriarca”). Tale comune discendenza consente al clan una solidità sociale straordinaria, giacché fondata sulla religiosa appartenenza alla rappresentante umana della Grande Madre. Da questa tutto ciò che esiste proviene, in essa tutto muore e grazie ad essa tutto si rigenera. Per questo essa é unica Dea, sebbene si manifesti sotto i triplici aspetti di dea generatrice, dea della morte e dea della rinascita.
Il modello filosofico-religioso é ispirato a ciò che i sensi corporei permettono di apprendere, senza lasciare spazio alcuno ad astratte speculazioni sull’esistenza di realtà extrasensoriali.
La grande Dea é visibile, udibile e percepibile in tutte le sue manifestazioni, giacché essa é il complesso di tutto ciò che incessantemente in cielo e in terra nasce, esiste, muore e si rigenera. Tuttavia, anche le morti dei singoli esseri viventi di ciascuna specie vegetale ed animale (umana compresa) sono soltanto ‘trasformazioni’ nell’ambito delle forme comunque viventi, giacché concepite dalla Dea come eterni cicli biologici auto-rigeneranti. In essi l’individuo trova la propria giustificazione d’essere, in quanto componente essenziale di una comunità, senza la quale egli non potrebbe esistere.
Il rapporto diretto tra l’individuo e il dio, che le società patriarcali legittimano e istituzionalizzano con la creazione delle caste sacerdotali, nelle società matriarcali non é neppure immaginabile, giacché il rapporto con la grande Dea é mediato soltanto dai fenomeni naturali, cui le matriarche rendono omaggio con riti, che non sono definibili “pagani”.
Il “paganesimo”, infatti, nasce con le prime società patriarcali e si fonda sul culto di divinità ultraterrene, che spianano la strada alle religioni monoteistiche, che noi oggi conosciamo.
I riti che le matriarche officiano sono soltanto modi per rendere più evidenti (soprattutto agli adolescenti) le leggi naturali: quelle che caratterizzano la grande Dea. Non si può neppure definirli di tipo “animistico”, perché già nello ”animismo” si coglie la prima scissione tra ‘spirito’ e ‘materia’: quella che caratterizzerà tutte le culture patriarcali ancora oggi [nell’uomo scissione tra ‘psiche’ (anima) e ‘soma’ (corpo) e più tardi con Renè Descartes tra “res cogitans’ (cose pensanti che individuano i soggetti) e ‘res extensa’ (cose pensate, che individuano gli oggetti)].
Già Tommaso d’Aquino, nel riabilitare tutta la filosofia aristotelica, ammette l’inscindibilità dell’anima rispetto al corpo: concezione antropologica questa che costò persino la vita al sommo padre della Chiesa Cattolica, avvelenato per ordine di Carlo d’Angiò, re di Francia al servizio della Chiesa di Roma, contro gli eredi dell’Impero, prima carolingio e poi germanico (come testimonia la “Bolla Pontificia” di canonizzazione postuma e come scrive anche Dante Alighieri nella Divina Commedia).*
Come la biologia, la meteorologia, la geologia, e tutte le discipline riconducibili alla fisica contemporanea (compresa l’astro-fisica) attestano, i fenomeni naturali non consentono alla nostra mente di immaginare forze o enti sovrannaturali, che governano i processi dinamici delle ‘trasformazioni’, né i loro percorsi finalizzati ad una meta. Tutto ciò che appartiene alle ‘trasformazioni’ ha natura circolare e non lineare ! “Nulla si crea e nulla si distrugge. Tutto si trasforma !” (Lavoisier)
Da queste poche ma molto significative affermazioni si può comprendere quanto la concezione del mondo nelle antiche (ma anche contemporanee) società matriarcali fosse e sia del tutto vicina alle più avanzate scoperte scientifiche e teorie astrofisiche.
Contrariamente a ciò che molti studiosi vogliono far credere, non sono le società matriarcali l’arcano “oggetto misterioso”. Bensì la “deviazione sovrannaturale” nella storia delle ideologie necessita di uno studio approfondito circa le sue origini e le sue finalità. Ciò che desta preoccupazione, infatti, é l’evidente proiezione di forze e poteri tipicamente umani fuori dalla naturale comunità sociale: proiezione indirizzata verso esseri sovrannaturali voluta e concepita dalle società patriarcali, per giustificare il concetto di “dominio” di alcuni esseri umani su altri esseri umani.
In parole semplici, si può dire che gli studi antropologici dimostrano quanto le divinità fossero funzionali all’esercizio di poteri di alcuni contro altri. Le guerre, infatti, sono state sempre giustificate con la necessità di applicare divine volontà. Dopo l’attentato alle Torri Gemelle, persino G. Bush junior dichiarò aperta l’operazione “Induriring Freedom” (meglio conosciuta come “Guerra Infinita”), quale decisione presa per “volontà da Dio” e, quindi, “in nome di Dio”. Nulla di diverso dalla cattiva interpretazione del Corano rispetto alla ‘Jihad islamica’ (guerra santa) ma molto di simile a quanto é scritto nel Vecchio Testamento circa la distruzione di Gerico (e lo sterminio di tutta la sua popolazione) ad opera del popolo d’Israele, per volontà del suo dio Jahvè. Questo deve far riflettere molto sul genocidio in atto da decenni da parte di Israele nei confronti dei Palestinesi.
Per non parlare della creazione dello ‘Stato Islamico’ da parte della petrol-monarchia saudita !
Come ha ammesso di recente anche il Dalai Lama, le religioni spesso costituiscono fattori determinanti nell’insorgere delle guerre. Egli, però, ha omesso di dire che le religioni oggi conosciute sono tutte manifestazioni ideologiche ispirate dalla cultura patriarcale: quella che dal popolo Kurgan in poi si estese a macchia d’olio, dando origine ai cosiddetti popoli “indoeuropei”, portatori di dominio (in tutte le sue più atroci manifestazioni) da parte di esseri umani a danno di alti esseri umani.
Il dominio esercitato con la forza delle armi da parte di alcuni popoli a svantaggio di altri popoli diede origine alla stratificazione sociale: meglio conosciuta come divisione della società in classi, individuate nell’ambito della parcellizzazione delle attività economiche: ovvero delle modalità di produzione della ricchezza utile a tutti i componenti della stessa compagine sociale.
Per quanti sforzi abbiano compiuto i movimenti cristiani, prima con l’ispirazione gnostica, poi con quelle domenicana e francescana e, poi ancora con tante altre ispirazioni umanistiche, la cultura patriarcale fondata sul dominio dell’uomo sull’uomo (e soprattutto sulla donna) ha avuto sempre la meglio: motivo per cui oggi ci troviamo a vivere la catastrofe ambientale, che é la più potente negazione di tutti i principi naturali, cui si ispirarono e si ispirano le società matriarcali.
E’ in queste precise circostanze che nasce la necessità di nuove forme di organizzazione sociale, giacché quelle partitiche hanno compiuto la loro funzione storica, dando adito a tante aggregazioni accomunate soltanto dall’accaparramento di ricchezza a favore di gruppi sociali (lobbies) ma a discapito del resto della popolazione. L’esperienza già compiuta dalle nuove formazioni politiche, che operano con fatica a favore dei ceti popolari, hanno tratto linfa e alimento dal cosiddetto “associazionismo”. Quindi, é questo fenomeno sociale, ancora troppo variegato e non opportunamente considerato dalle élite intellettuali, quello destinato a sconvolgere i sempre più precari equilibri delle democrazie europee e americane.
L’associazionismo é la modalità con cui il popolo emarginato può far valere la sua forza, esprimendo formazioni politiche, che siano espressione diretta delle associazioni, in cui la gente comune può esprimere e far valere i propri bisogni.
Per ottenere questo risultato é in dispensabile imparare ad operare in ambito associativo, perché esso costituisce scuola per i rappresentanti del popolo nelle istituzioni pubbliche, che il popolo stesso intende darsi.
La crisi del Labour Party in Gran Bretagna iniziò allorché ad opera di Tony Blair il partito si trasformò in ‘casta istituzionale’, del tutto scissa dalle Unions sindacali, che l’avevano generato e sostenuto. Qualcosa di simile é accaduto al PCI, dopo la svolta della Bolognina, nei confronti della CGIL. Questa, dopo la rottura della “cinghia di trasmissione”, é rimasta orfana e totalmente sbandata nel riuscire a contrapporsi efficacemente a un governo erede di quello stesso partito, ormai morto e sepolto.
Per poter dare nuova linfa alle forme organizzative degli emarginati sociali occorre innanzitutto chiudere la parentesi epocale costituita dal “patriarcato”, in tutte le sue forme violente (ovvero tipiche di chi esercita l’arroganza del potere, conferitogli dal denaro derubato al popolo), razziste, xenofobe e maschiliste (persino nel linguaggio) e, quindi, del tutto innaturali rispetto alle dinamiche dei rapporti tra gli esseri umani, che fecondano ogni civiltà degna di questo nome.
Naturalmente, le motivazioni che animano le associazioni sono sempre connesse con necessità di tutelare interessi collettivi, volti alla valorizzazione di ‘beni comuni’. Proprio su questo terreno le società matriarcali hanno molto da insegnare ai popoli caratterizzati dal prevalere della cultura patriarcale.
Il clan matriarcale, infatti, costituisce uno storico esempio di perfetta gestione dei ‘beni comuni’, che non ha mai avuto bisogno dell’intermediazione di un apparato di tipo statale. Tutta la cultura giuridica che supporta l’importanza di ciò che é considerato “pubblico” sta dimostrando il totale asservimento ideologico rispetto alle teorie economiche e giuridiche che supportano gli interessi privati. La dimostrazione più palese é la possibilità tecnica di “privatizzare” un bene pubblico: possibilità che non corrisponde mai a una necessità sociale di tipo collettivo, ma soltanto di parte e , quindi, lobbistica.
Il fondamentale valore di tipo religioso che il ‘bene comune’ assume nell’assetto del clan matriarcale costituisce un valido esempio di grandissima importanza per l’associazionismo, giacché soltanto l’inviolabilità delle caratteristiche naturali del ‘bene comune’ può costituire garanzia di non ingerenza istituzionale nella tutela della sfera “collettiva”. Approfondiamo ?
NOTE
* In Tommaso d’Aquino l’ammissione della dignità del pensiero razionale, elaborato dall’intelletto (pur in presenza della fede), giustificava l’autorità statale terrena, personificata dall’Imperatore. Questo portò un grande sconvolgimento nell’ambito della Scolastica, che a distanza di un millennio non riusciva ancora a superare il platonismo di Sant’Agostino e con esso tutta l’ispirazione Patristica (dei padri fondatori della Chiesa). Carlo d’Angiò nelle sue mire espansionistiche approfittò di questo ‘sbandamento’ travolgendo tutto ciò che favoriva la presenza istituzionale dell’Imperatore e, quindi, la conseguente obbedienza dei vassalli, suoi sudditi. La Tomistica (il pensiero razionale di Tommaso d’Aquino) a quel tempo costituì un grave ostacolo all’affermazione di uno stato emergente e indipendente dall’Impero, quale pretese di essere il regno di Francia. Tuttavia, come sempre, le grandi opere frutto dell’umano intelletto travalicano le contingenti ‘necessità storiche’, sostenute da una sola delle parti in causa.