Autore originale del testo: Alfredo Morganti
Le anime belle del Covid
Forse non è chiaro, ma siamo in regime di pandemia con milioni di morti nel mondo (di cui quasi 120.000 solo in Italia). Sono cifre da conflitto bellico, da bombe che cadono, da linee del fronte sfondate, da civili sfollati. Non sembra, perché la rete e i servizi digitali ci aiutano a sopperire ai disagi. Ma è così, siamo in una situazione difficile, inedita, di emergenza, anche perché la campagna vaccinale è partita nel 2021, a tempo di record, certo, calcolando quanto ci vuole a creare e sperimentare un vaccino, e comunque a un anno circa dallo scoppio del contagio. Beh, sentire ancor oggi le litanìe sui poveri ragazzi “interrotti” (come dice Skytg24), o privati della socialità scolastica (Chiara Saraceno da mesi su Repubblica), oppure impossibilitati a vedere i loro amici, fa cadere le braccia.
Certo, come no, il distanziamento ha inibito molti aspetti della nostra vita: i malati in ospedale, per dire, sono soli, non vedono nessuno, nemmeno i loro parenti più stretti, solo i sanitari. E muoiono soli, quand’è. Anche i giovani, ovviamente, non possono scatenare il loro bisogno di socialità come vorrebbero, magari sciamando per le strade dei centri storici e di certi quartieri durante l’intera nottata. Ma, detto questo, la guerra è guerra, il virus è il virus. Tutti pagheremo questa fase: chi lo ha già fatto con decorsi di patologie terribili, chi con la morte, chi riducendo al minimo i rapporti sociali, chi lavorando a rischio (ad esempio i medici e gli infermieri), chi (ad esempio gli insegnanti) vedendo sconvolto il modo di operare, con esiti tutti da verificare.
In questo bailamme, le anime belle piangono la socialità perduta, come se fosse colpa degli uomini se ci troviamo in un clima di distanziamento, se le scuole sono un veicolo di contagio soprattutto per le varianti e se tutta la società si è “interrotta”, non solo la vita degli adolescenti. Le anime belle fanno il paio con i ministri all’Istruzione che, non appena nominati a febbraio, dichiarano battaglieri che “riapriremo la scuola”, oppure che “l’anno scolastico finirà il 30 giugno” (come se la DAD fosse roba da fannulloni che vanno rimessi in riga). Ecco, le anime belle che si lamentano della didattica a distanza nelle scuole superiori (perché, ricordiamolo, primarie e prima classe delle medie sono in presenza!) e i ministri che dichiarano anzitempo e a sproposito fanno parte dello stesso mazzo di carte, quello di chi sembra un po’ fuori dal mondo. E forse lo è.
Se c’è una cosa che lascia interdetti, è questo continuo rimarcare il “troppo tardi”, il “troppo poco”, il “troppo presto” rispetto a ciò che si fa, oppure si tenta di fare, da parte di un’opinione pubblica straniata e di opinionisti svagati, soprattutto riguardo la scuola. Un’opinione pubblica che ho l’impressione non veda, più che altro, l’ora di andare in vacanza, mettendo in pausa il virus per un po’. “Ce lo siamo meritato un po’ di riposo!” dicevano la scorsa estate affollando la Puglia, scorrazzando nelle località balneari – e questo ripeteranno tra un po’ di settimane. Ma il virus, badate, non si mette in pausa come un qualsiasi device. Non concede tregue. Ci possono salvare soltanto i vaccini, perché il resto è appena una strenua, per quanto necessaria, difesa della salute pubblica e personale. Talvolta penso che sono i cervelli dei grandi a essersi interrotti, più che gli adolescenti, che anzi saranno i primi a ripartire alla grande. Vedrete.