L’avvelenata

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Alfredo Morganti
L’avvelenata
La verità è che stavolta non si sta chiudendo con i morti in famiglia, con le bare in strada, nel clima plumbeo primaverile delle province lombarde. Sennò non stareste in piazza a fare i gradassi e i sovvertitori. E questo grazie al fatto che il governo, accusato di ritardi, in realtà ha tentato di sopravanzare la diffusione del virus e sta facendo test di massa per scovare gli asintomatici e ridurre i contagi nei luoghi della socialità e del tempo libero (bar, ristoranti, famiglia, palestre, piscine, cinema, teatri). Se non lo avesse fatto, se avessimo atteso l’ondata dei sintomatici, quella ammazzavecchi, ci saremmo trovati come a febbraio, con la sanità sotto botta, le terapie intensive già intasate e la paura, la fifa nera, anzi la cacaliffa tra le persone.
Oggi no. Oggi cerchiamo di isolare anticipatamente il portatore asintomatico, ossia le potenziali bombe virali pronte a diffondere il contagio. E siccome lo facciamo cercando di giocare di anticipo, sembra che la malattia non esista, che sia tutta una montatura, una dittatura sanitaria, una manovra del governo per uccidere gli esercizi commerciali, come se al governo questo convenisse elettoralmente! Me le ricordo le sciocche domande del giovane filosofo (giovane filosofo è un ossimoro), che si chiedeva a luglio quale necessità vi fosse dello stato d’emergenza dato che avevamo solo 50 letti di terapia intensiva occupati. Ma per non avere prima o poi le bare sui camion dell’esercito, stolto! Ecco la ragione. Evidentemente è vero che senza la paura dei governati non si governa affatto.
E poi basta con la tarantella del potenziamento del trasporto pubblico. Non si rimedia in tre mesi a un disastro trentennale. Non si può retrocedere in serie B il TPL, mandando in Champions automobili sempre più inutilmente grandi, e poi esigere più bus, più linee, più tram, più metropolitane in quattro e quattr’otto. Ovviamente per trasportare sempre gli sfigati, di modo che i vincenti che non pagano tasse possano scarrozzarsi sui loro SUV e occupare tutti i centimetri quadrati possibili del centro storico, senza una cazzo di regola. È questo il punto: meno tasse per tutti, automobili a go go, no regole e far west producono la fine della ricchezza sociale, l’impoverimento del bene pubblico, che poi quando viene a mancare lo si evoca e lo si esige. Avete voluto Berlusconi e Renzi, adesso contentatevi del trasporto pubblico che abbiamo e che, comunque, non usate.
Lo stesso vale per i Ras regionali, quelli che “aprite” quando si chiude e “chiudete” quando si apre. Chiedete più soldi per i bus e le metro, e usateli bene, non solo per convenzionare la sanita privata, spacciandolo pure per “modello” virtuoso. Una buona parte di classe politica è vissuta in questi anni nel solo intento di distribuire bonus, soldi e prebende ai propri clienti, solitamente collocati nella punta o quasi della piramide sociale. Così si spiega l’impoverimento del pubblico, l’arricchimento dei privati già ricchi e le profonde disuguaglianze che segnano il nostro povero Paese. Ecco un’altra verità. Il Covid insegna che solo un Paese solidale ne esce, non questa accozzaglia mal’assortita di appetiti individuali ed egoismo sociale diffuso che siamo diventati. Lo meritavate Salvini in tempi di coronavirus, adesso sareste stati davvero tutti morti, altro che “spritz libero” (a parte i ricchi, ovviamente, che una suite arredata con gusto e dei medici fedeli li trovano sempre).
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