Lavoro Precario e Povertà in Italia: la femminilizzazione della povertà
In Italia, il lavoro povero è una piaga che colpisce duramente, soprattutto le donne. La Campagna Abiti Puliti ha denunciato H&M per presunte violazioni dei diritti dei lavoratori, evidenziando una situazione critica nel nostro paese.
Attualmente, il 12% dei lavoratori italiani è categorizzato come “working poor”, individui che, pur svolgendo un’attività lavorativa, vivono in condizioni di povertà, con un reddito annuo inferiore a 11.500 euro netti, appena sopra i 950 euro mensili. La pandemia ha aggravato ulteriormente questa situazione, portando a un aumento di 400.000 nuovi casi di “working poor”.
Le donne, i giovani, i migranti e i lavoratori autonomi con contratti atipici e part-time involontari risultano essere i più vulnerabili in un mercato del lavoro che favorisce la precarietà e esporta la povertà.
Le Radici della Povertà Lavorativa
La povertà lavorativa non è solo una questione salariale; essa dipende anche da fattori individuali, familiari e istituzionali. Nel settore della moda, la situazione è particolarmente critica. Abiti Puliti sottolinea che la povertà lavorativa è influenzata dall’importo orario, dalle ore lavorate al mese, dalla continuità occupazionale e dal segmento specifico della filiera in cui si opera.
Ad esempio, lavorare in uno stabilimento di proprietà del marchio è diverso dal lavorare per un terzista nella sub-fornitura, costretto ad accettare commesse a prezzi che non consentono una giusta remunerazione dei costi di produzione, in particolare del lavoro.
Verso una Soluzione Marxista e Femminista
Sebbene la Campagna Abiti Puliti riconosca il salario minimo come una risposta necessaria, sottolinea che non è sufficiente. In un contesto globalizzato, in cui il sindacato ha perso potere contrattuale, sono necessarie misure più ampie di politica economica, fiscale e legislativa, sia a livello nazionale che internazionale.
La proposta di un salario dignitoso di base, ancorato ai diritti umani, va al di là delle logiche di mercato. Tale salario, calcolato netto e senza le maggiorazioni, dovrebbe essere di almeno 2.000 euro al mese nel 2024. Ciò consentirebbe ai lavoratori di soddisfare i bisogni primari e di risparmiare, contribuendo a una vita dignitosa.
Oltre a un salario adeguato, la lotta contro il lavoro povero richiede misure come gli “in-work benefit”, la riduzione collettiva degli orari di lavoro a parità di salario, e una revisione del modello di produzione e consumo, soprattutto nell’industria della moda.
La mancata approvazione di una legge sul salario minimo da parte del Parlamento italiano è vista dalla Campagna Abiti Puliti come un segnale preoccupante della mancanza di volontà politica nel rispondere alle esigenze dei milioni di lavoratori poveri nel paese. Un segnale che richiede una risposta decisa e impegnata per garantire dignità e giustizia a chi è maggiormente colpito da questa emergenza sociale.
Maddalena Celano