Lavoro: nuove regole, vecchi precari

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Rachele Gonnelli
Fonte: Sbilanciamo l'Europa #61
Url fonte: http://fondazionepintor.net/sbilanciamo61/gonnelli/precari/

di Rachele Gonnelli, 19 marzo 2015 – – da Sbilanciamo l’Europa #61

Due set­ti­mane sono un tempo assai breve, ma i primi segnali dell’applicazione del primo decreto attua­tivo del Jobs Act non sono pro­met­tenti, a dispetto degli annunci. I nuovi licen­zia­menti facili senza art. 18 hanno pro­vo­cato come pri­mis­simo effetto un’ondata di licen­zia­menti col­let­tivi in uno dei set­tori più fra­gili del mer­cato del lavoro, che già aveva un costo del lavoro più basso degli altri e un’occupazione tem­po­ra­nea più alta: nei call-center Alma­viva sono stati messi a rischio 7 mila posti di lavoro per poterli sosti­tuire con nuove assun­zioni meno tute­late. Ora Tito Boeri, dal suo nuovo seg­gio dell’Inps, dice che 76 mila aziende hanno fatto domanda a feb­braio di acce­dere alla decon­tri­bu­zione per le nuove assun­zioni. Con meno enfasi la Fon­da­zione Con­su­lenti del Lavoro fa notare che nell’80% dei casi si tratta di rego­la­riz­za­zioni di col­la­bo­ra­zioni a pro­getto, par­tite Iva e altra varia pre­ca­rietà e solo nel restante 20% di nuove assun­zioni. È da notare che fino ad ago­sto l’80% delle nuove assun­zioni erano sti­pu­late con con­tratti ati­pici e solo un 15% a tempo inde­ter­mi­nato. La dif­fe­renza è che ora il 100% è escluso dalla tutela dell’art. 18.

Che dire poi della cop­pia di gio­vani coniugi che a Cagliari, con il con­tratto unico fre­sco di firma, è corsa in banca a sti­pu­lare un mutuo per la casa dei sogni. Hanno bus­sato a 11 isti­tuti di cre­dito, tede­schi, ita­liani e olan­desi, ma nes­sun diret­tore ha dato loro cre­dito, nel vero senso della parola. Non hanno cre­duto, in assenza di ulte­riori garan­zie fide­ius­so­rie, alla sta­bi­lità del loro red­dito. Può darsi che la ten­denza sarà inver­tita, che arri­ve­ranno le assun­zioni di Melfi a rim­pol­pare il numero dei nuovi occu­pati, ma di certo que­sti segnali non sono dovuti a intrin­seca cattiveria.

Per age­vo­lare le assun­zioni con quello che dallo scorso 7 marzo si pro­pone come il nuovo con­tratto stan­dard, il governo, tra­mite la legge di Sta­bi­lità, ha messo sul tavolo un pac­chetto di decon­tri­bu­zione che arriva ad un mas­si­male di 8.060 euro a per­sona. Il bonus è ali­men­tato anche dai 1,5 miliardi stan­ziati dal piano Youth Gua­ran­tee del Fondo sociale euro­peo, par­tito 10 mesi fa con valu­ta­zioni otti­mi­sti­che del mini­stro Poletti: avrebbe por­tato all’inserimento lavo­ra­tivo di 900 mila gio­vani tra i 15 e i 29 anni che non stu­diano e non lavo­rano nel giro di 24 mesi. Secondo il cen­tro studi Adapt fon­dato da Marco Biagi e diretto da Michele Tira­bo­schi, su un bacino poten­ziale di 2.254 mila gio­vani Neet, gli iscritti al piano sono sol­tanto 435.729. Il flop non si ferma qui. Solo il 48% degli iscritti ha otte­nuto un primo col­lo­quio di lavoro e solo l’8,1% ha avuto una qual­che pro­po­sta di lavoro, spesso asso­lu­ta­mente gene­rica e senza alcuna for­ma­zione o appren­di­stato. Del resto, per «avvi­ci­nare i gio­vani al lavoro», durante l’Expo si farà ampio ricorso a stage gra­tuiti o pagati con qual­che ticket-restaurant. Per i non più tanto gio­vani e già spe­cia­liz­zati invece si farà ampio uso di vou­cher, stru­mento che si deli­nea come nuovo sala­rio d’ingresso.

I buoni-lavoro, con­ce­piti ini­zial­mente come forma di emer­sione pun­ti­forme del lavoro nero acces­so­rio — baby-sittering e altri lavo­retti — hanno avuto negli anni una pro­gres­sione espo­nen­ziale. Non per per­fida casua­lità ma per­ché il loro campo di appli­ca­zione è stato pro­gres­si­va­mente esteso con 12 inter­venti rego­la­tivi in 11 anni di vita dello stru­mento. Ormai sono uti­liz­zati in quasi ogni set­tore, dal turi­smo all’agricoltura sta­gio­nale, dalle aziende fami­liari alle imprese con fini di lucro e per­fino nelle ammi­ni­stra­zioni pub­bli­che e nei tri­bu­nali. Ogni tic­ket da 10 euro incor­pora una minima con­tri­bu­zione Inps e Inail e nelle indi­ca­zioni si rife­ri­sce a una paga ora­ria, ma il vou­cher è un paga­mento a pre­sta­zione, per­ciò troppo spesso viene usato per pagare una atti­vità gior­na­liera, non neces­sa­ria­mente di otto ore. Non pre­vede malat­tia o nes­suna altra inden­nità, è una spe­cie di gratta e vinci del lavoro, acqui­sta­bile e riscuo­ti­bile anche nelle tabac­che­rie auto­riz­zate oltre che online gra­zie a una appo­sita carta Poste-pay. L’unico limite è il mas­si­male, ampliato in tre anni da 3 mila a 5.060 euro e ora, nello schema di decreto attua­tivo, fino a 7 mila euro l’anno. La bozza di decreto vor­rebbe ren­derlo più trac­cia­bile, pre­ve­dendo la cer­ti­fi­ca­zione ana­gra­fica e fiscale del lavo­ra­tore da parte dell’utilizzatore, senza ulte­riori oneri incluso l’Irap, ed esclu­derne l’utilizzo negli appalti, dove si con­fi­gu­re­rebbe un dum­ping sociale, cioè con­cor­renza sleale, ma già c’è chi si oppone a que­ste rego­la­men­ta­zioni. Nel frat­tempo si sono perse le tracce del decreto che dovrebbe eli­mi­nare i cococo (sem­pre pos­si­bili tra­mite accordo azien­dale) e sfol­tire la giun­gla con­trat­tuale di altre due tipo­lo­gie, il job-sharing e il lavoro a som­mi­ni­stra­zione. Tra tagli all’Irap e decon­tri­bu­zione fiscale pare man­chino le coper­ture. Ora, se anche si avve­ras­sero le pre­vi­sioni del mini­stero dell’Economia sugli effetti del Jobs Act, cioè circa 250 mila nuovi posti di lavoro stan­dard l’anno per tre anni, è chiaro che sarebbe solo una goc­cia nel mare. In più, dal punto di vista di chi cerca un lavoro, dai tiro­cini gra­tuiti fino al punto d’arrivo del con­tratto unico a fan­to­ma­ti­che tutele cre­scenti, pas­sando per i vou­cher, si vede solo una trap­pola infi­nita della pre­ca­rietà legalizzata.

da Sbilanciamo l’Europa #61, in edicola con il manifesto ogni venerdì – sbilanciamoci.info.

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