Autore originale del testo: Fausto Anderlini
L’astensionismo
Le ragioni sono molteplici, al netto di più generali digressioni sulla democrazia vieppiù tiepida del ‘mondo libero’.
Direi che il leit motive che si sente circa la ‘scarsità’ dei candidati e il modo della loro candidatura (tardivo o abborracciato) è del tutto fuorviante. Piuttosto concentrerei l’attenzione su altri elementi.
Il primo, trattandosi di elezioni locali, è la rilevanza indiretta della posta in gioco. Cioè l’impatto sul governo centrale. Tutte le elezioni locali, soprattutto quando coinvolgono un alto numero di elettori, si inscrivono nel ciclo politico nazionale e funzionano come segnalatori di midterm rispetto al governo in carica. E’ sempre stato così. Normalmente le elezioni locali mobilitano tanto gli oppositori che i sostenitori. Salvo il caso in cui le performances di governo siano così scarse da smobilitare quelli che l’avevano votato, dando così la stura a un astensionismo disimmetrico. Anche questa una eventualità spesso constatata.
Questa posta in gioco era evidente nelle regionali del 2020 dove nei fatti si votava pro o contro il Conte due, cioè l’alleanza giallo rossa al governo. Infatti la partecipazione elettorale è stata elevata, a maggior ragione considerando che tradizionalmente le elezioni regionali erano sino a quel momento fra le meno sentite. I risultati sono noti. La destra sviluppò il massimo di mobilitazione aggressiva, ma la sinistra pro Conte fu beneficiata dalla mobilitazione spontanea di un elettorato sommerso (virtualmente astensionista e normalmente bypassato dai sondaggi) che si recò alle urne per stabilizzare il governo in carica.
Questo aspetto è totalmente mancato in queste elezioni. Il governo Draghi ha un carattere emergenziale, tecnico e consensuale. Quindi ‘politicamente neutro’. Perciò non era in gioco. Non si è votato pro o contro Draghi. Così vero che chi, come i neo-centristi renziani e calendiani, ha cercato di farsi paladino polemico di Draghi ha fatto flop.
E’ vero che un governo ‘tecnico’ orientato alla neutralizzazione politica può suscitare anche reazioni di rigetto (fu il caso di Monti) mobilitando l’elettorato. Tra Monti e Draghi vale tuttavia una grande differenza. Monti fu chiamato a scelte impopolari e socialmente destabilizzanti. Draghi è stato chiamato per rassicurare, cucire, distribuire risorse, in condizioni di emergenza.
Contrariamente a quel che sostengono i corifei l’effetto deflazionistico non è dovuto alla grandeur carismatica di Draghi e al sepeggiante presidenzialismo anti-partitico che ne conseguirebbe, ma dal suo low profile, cioè dalla percezione di neutralità che effonde.
La destra è più colpita dall’astensionismo per il suo rapporto controverso col governo Draghi, ovvero con la fase politica emergenziale. Scontenta nel suo campo sia gli elettori avversi al governo che quelli ad esso favorevoli. Troppo governativa e troppo antigovernativa. Cioè fuori fase.
Un altro fattore che spiega quel + 7 di astensione ha a che vedere col declassamento istituzionale della politica municipale ad opera del neo-centralismo regionale e del superadditum personalistico incorporato dai governatori. Non è una questione di accresciuto centralismo statale. Nel passato il centralismo era anzi motivo di mobilitazione contro di esso a partire dai municipi. E’ piuttosto il neo-centralismo regionale che disorienta la politica locale. La svuota, la declassa, senza che essa abbia elaborato una linea di conflitto adeguata al nuovo contesto. I governatori, in sintesi, hanno sostituito i sindaci. I primi cittadini pesano meno, come il voto che li elegge.
1 commento
Il problema è che i politici non rappresentano più il popolo, in particolare quelli della sinistra. Tutti sostengono big Pharma, tutti sostengono le banche, in particolare quel consorzio di banche chiamato Europa, tutti dicono di sostenere l’industria.
Anche la stampa, foraggiata dai partiti, dimentica la popolazione e parla di problemi inventati.
Il cittadino semplicemente non è rappresentato. Fino a quando non avrà qualcuno capace di rappresentarlo il cittadino non vota. Ma la tessera elettorale ce l’ha ancora.
Ma ricordate che il 50% della popolazione è in attesa di qualcuno che lo ascolti.