L’arte è nostra e non possono nascondercela

per Luca Billi
Autore originale del testo: Luca Billi
Fonte: i pensieri di Protagora...
Url fonte: http://ipensieridiprotagora.blogspot.it/2016/01/verba-volant-243-nascondere.html

di Luca Billi 28 gennaio  2016

Un curioso paradosso: proprio mentre stavamo celebrando il Giorno della memoria, ossia l’anniversario in cui è stato svelato al mondo l’orrore dei campi di sterminio nazisti, sugli organi di informazione si è parlato soprattutto di due nascondimenti.
Della decisione – non si capisce ancora di chi – di nascondere le statue antiche raffiguranti dei nudi all’interno dei Musei capitolini, per non offendere il presidente iraniano Rouhani, si è parlato molto. Ha fatto molto meno notizia – anche se è più grave, perché non c’è nemmeno l’attenuante della stupidità – un’altra copertura. A Londra, su un muro che si trova proprio davanti all’ambasciata francese, l’artista inglese Bansky ha tratteggiato in lacrime Cosette, nell’immagine divenuta un’icona pop grazie al musical Les Misérables, con alle spalle un tricolore francese sfrangiato e ai piedi una bomboletta e una nube di gas, per denunciare l’uso dei lacrimogeni sparati dalla polizia francese per respingere i migranti a Calais; la società proprietaria dell’edificio ha nascosto l’opera con un pannello di legno, evidentemente per non offendere le autorità francesi.
Se invito a cena un amico vegetariano evito di preparare i tagliolini ai quattro salumi – che pure sono una mia specialità – come nel caso in cui l’amico sia musulmano (in questo caso evito di mettere in tavola anche il vino): si tratta, con tutta evidenza, di regole di buon senso e di educazione, quella che insegnavano le nonne. Lo stesso buon senso avrebbe dovuto evitare di convocare la conferenza stampa di Rouhani proprio sotto l’immagine della Venere capitolina, per fare in modo che non apparisse in tutte le foto del presidente iraniano quel seno scoperto, per quanto di marmo: in quel caso, per non incorrere in una gaffe diplomatica, bastava scegliere un’altra sala. Coprire – e in quel modo – le statue che si trovavano lungo il percorso è stato invece un grave errore, anche dal punto di vista diplomatico, perché abbiamo trattato Rouhani – che è persona intelligente e colta – come un talebano, come un Adinolfi qualsiasi. Però la cosa preoccupante della vicenda di Roma è la stupidità. Sinceramente mi preoccupa che il cerimoniale, che è un aspetto importante e non marginale della vita di uno stato, perché attiene ai simboli che rappresentano il paese e quindi tutti noi cittadini, venga lasciato nelle mani di persone che evidentemente non sono capaci di fare il proprio lavoro. Così come è stato imbarazzante il successivo teatrino del rimpallo delle responsabilità, come se gli unici a dover pagare di questo errore fossero i falegnami che hanno montato quelle brutte casse.
Quella decisione è grave perché è stupida e perché è il segno che la stupidità – e non la fantasia come si sperava una volta – è al potere. Devo dire, per completezza, che è intriso di stupidità anche gran parte del dibattito che è seguito a questa bizzarra decisione. Non è questione di sudditanza all’islam, come hanno tuonato leghisti, fascisti e crociati di varia natura, ma è mancanza di consapevolezza che queste opere sono parte di un patrimonio culturale comune a tutta l’umanità. Se giustamente tutti deploriamo la distruzione di Palmira, allo stesso modo non possiamo nascondere le opere che raccontano la nostra civiltà. Che è anche la loro civiltà, visto che nel museo archeologico di Teheran ci sono opere fondamentali dell’arte greca. Quella Venere doveva essere liberata da quella brutta cassa non solo perché è una statua bellissima, ma soprattutto perché rappresenta le nostre comuni radici. Perché è il bello che ci potrà salvare in questo mondo in cui predominano sempre più il brutto e l’ignoranza.
La decisione di coprire l’opera di Bansky è più grave perché più consapevole. Chi lo ha ordinato sa che quella è un’opera d’arte – anche con un suo valore commerciale – e quindi non l’ha cancellata, come è avvenuto negli anni passati con tanti lavori di quell’artista, ma l’ha nascosta, perché quel messaggio evidentemente disturba. E certamente quel viso piangente, quel gas che sale, quella bandiera strappata, quel tricolore che in tanti altri quadri è simbolo di libertà, di lotta all’ingiustizia, di democrazia, sono un’offesa, un’offesa ben più provocatoria di un seno nudo.
Quell’immagine ci ricorda che oggi, a più di settant’anni dalla fine dei lager nazisti, in questo mondo – anche in questa parte del mondo, quella che ha liberato Auschwitz – ci sono ancora troppi campi di concentramento, che ovviamente non si chiamano più così, ma in cui donne e uomini vengono rinchiusi solo perché arrivano da un certo paese, solo perché la loro pelle ha un certo colore o solo perché sono poveri. Quell’immagine ci ricorda che c’è ancora un potere che usa la forza non per proteggere i deboli, ma difendere i privilegi dei ricchi. E’ questo che dà così fastidio a tutti i potenti più di quanto un culo ben modellato offenda i cardinali o gli ayatollah. Bansky, con pochi tratti delle sue bombolette, ci dice che sono ancora troppi i miserabili che vivono nelle nostre città, tentando di fuggire da un potere che non ha nemmeno più l’ideale di ordine e la fedeltà alle leggi di Javert, ma solo l’avidità e la rapacità di Thénardier. E per questo il potere fa crescere in noi cittadini la paura, ci rende sempre più cattivi verso gli altri, che invece sono come noi, soffrono come noi.
E’ difficile immaginare due opere d’arte così radicalmente diverse come la Venere capitolina e un graffito di Bansky. Eppure tutte e due sono state nascoste, perché evidentemente il potere ha paura dell’arte, della poesia, della cultura, perché evidentemente quelle due opere, per quello che rappresentano, sono uno schiaffo al potere che ci vuole sudditi ignoranti. Per questo noi abbiamo così bisogno che l’arte non sia nascosta, per questo abbiamo così bisogno che l’ignoranza sia sconfitta, per questo abbiamo così bisogno di cultura.

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