L’apologia di fascismo non è “folklore” ma un reato

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Marianna Sturba
Fonte: IlSudEst,it

intervista al sen. Franco Laforgia (Liberi e Uguali MDP) di MARIANNA STURBA, 10 novembre 2018

Senatore, lei si è esposto chiedendo a Salvini chiarimenti riguardo all’applicazione della legge n. 645/1952, detta Legge Scelba, e di come intende farla rispettare… Crede di riuscir ad avere una risposta credibile?

Mi aspetto che il Ministro ci spieghi in modo chiaro come sono andate le cose. Come è stato possibile che la Prefettura di Forlì-Cesena abbia potuto concedere l’autorizzazione ad una manifestazione di chiara matrice neo-fascista di cui pare il Ministero dell’Interno fosse a conoscenza. Non basta, come ha fatto il sottosegretario alla Giustizia Morrone, stigmatizzare la maglietta “Auschwitzland” indossata dalla militante di Forza Nuova, insultante verso la tragedia rappresentata dalla Shoah. Queste dichiarazioni non sono sufficienti se non si accompagnano a provvedimenti concreti, che riportino il Paese alla normalità e al rispetto dei principi Costituzionali. Tanto meno se si continua a mostrare equidistanza tra le due manifestazioni: quella delle camicie nere che hanno attraversato le strade di Predappio intonando “faccetta nera” e quella dell’ANPI che festeggiava la liberazione di Predappio dal Nazifascismo.

La legge n. 645/1952 sanziona, infatti, chiunque promuova od organizzi sotto qualsiasi forma, la costituzione di un’associazione, di un movimento o di un gruppo avente le caratteristiche e perseguente le finalità di riorganizzazione del disciolto partito fascista, oppure chiunque pubblicamente esalti esponenti, princìpi, fatti o metodi del fascismo, oppure le sue finalità antidemocratiche.

Saprebbe darci una motivazione sul perchè le forze di polizia non fermano mai manifestazioni palesemente illegali? Perché non vengono inviate a bloccare una palese violazione della legge? Quale sono le responsabilità del Governo ma anche e soprattutto di chi, negli anni, ha lavorato per far cadere la pregiudiziale dell’antifascismo?

L’errore di fondo è stato derubricare questi fatti a esempi di “folklore”. Parliamo di eventi che si verificano ormai da 20 anni a Predappio e così in altre parti d’Italia. Si confonde la libertà di manifestare, che è un diritto fondamentale da garantire e tutelare, con quella di negare la storia del nostro Paese. Le responsabilità più gravi delle Istituzioni stanno tutte qui: nel non essersi mai davvero impegnate a far rispettare la Legge che considera l’apologia del fascismo un reato.  E aggiungo, su questo ricadono anche le responsabilità di una certa sinistra che in un certo momento storico ha ritenuto che i morti fossero tutti uguali. I morti sono tutti uguali nel rispetto che si deve ad ogni essere umano, ma “la storia dà torto o dà ragione”, ci sono morti per la libertà e la democrazia e altri che invece difendevano la dittatura.

Riesce a darci una fotografia dell’attuale situazione che vede l’affermarsi ovunque del fascismo?

Al di là del calderone di sigle e movimenti – come Casa Pound e Forza Nuova – che fanno riferimento esplicito al ventennio, quotidianamente ci confrontiamo con un clima generale di odio, una cultura di fondo che si sta affermando nel Paese  e che spaventa per il modo in cui è riuscita ad insinuarsi nella mentalità generale. Del resto, questa stessa cultura è fomentata dalle scelte e dagli indirizzi di chi ci governa. Se penso al caso della nave Diciotti, a Riace, a Lodi vedo la negazione della dignità umana, il rigetto verso tutto ciò che ha a che fare con la solidarietà, l’integrazione, il principio dell’uguaglianza.

Il tema della lotta al fascismo è di certo un argomento di sinistra, lei è stato eletto all’interno di Liberi e Uguali, quali temi vi siete dati come centro della vostra missione?

L’antifascismo è condizione necessaria ma non sufficiente per essere di sinistra e deve essere intrinseca a tutti i partiti che si rifanno a quello che nella prima repubblica veniva chiamato “arco costituzionale”.

Noi abbiamo messo al primo posto la lotta contro le diseguaglianze e le nuove forme di povertà; il lavoro, stabile e dignitoso; un grande piano per l’ambiente che metta in sicurezza un territorio che ad ogni ondata di maltempo cade a pezzi; una vera politica redistributiva, oggi del tutto indifferente ad un governo che fa deficit per aiutare gli evasori. Abbiamo il dovere di costruire una proposta alternativa al governo giallo-verde, ma anche alle politiche del recente passato che hanno visto il centrosinistra compiere scelte ingiuste e sbagliate.

Sappiamo che Liberi e Uguali sta attraversando un percorso difficile e controverso. Ci racconta la sua verità, viste le molte versioni ascoltate?

C’è un’unica verità di fondo. Dopo il 4 marzo, al netto di un risultato deludente, anziché metterci tutti al lavoro in una comune ricerca delle ragioni di una sconfitta storica e di quelle che rendevano ancor più necessaria la costruzione di un partito della sinistra autonomo ed in netta discontinuità col passato, si è preferito relegare quel confronto nel perimetro dei gruppi dirigenti.

Da lì si è generata una paralisi del processo costituente che testardamente Pietro Grasso ha cercato di mandare avanti, sfociato poi in un insopportabile clima di ambiguità, ripicche e reciproche accuse. Un gioco del cerino volto solo ad addossare ad altri la responsabilità di aver fatto morire il progetto di LeU.

Così facciamo solo allontanare da noi tutti coloro che in LeU avevano riposto fiducia e continuano ad animare comitati promotori in giro per l’italia. Siamo ancora in tempo per dissequestrare quella discussione e trovare le modalità per coinvolgere militanti, intellettuali, personalità, realtà dell’associazionismo in un confronto collettivo su quale deve essere il profilo di una sinistra contemporanea, al tempo del governo giallo-verde, un partito della sinistra per oggi e domani.

Si parla di responsabilità della Sinistra, in cosa pensa sia colpevole la Sinistra? Quale promessa tradita, o quale bisogno non accolto?

Abbiamo rinunciato all’ambizione di avere un’idea del mondo e dello sviluppo che tenesse al centro la persona con le sue responsabilità ma soprattutto i suoi diritti.

Nella stagione politica che abbiamo alle spalle abbiamo consumato veri e propri divorzi con pezzi della società italiana, dal lavoro alla scuola, che avremmo invece dovuto rappresentare, sposando ricette non nostre che hanno aperto praterie all’affermarsi della destra. Penso per esempio al fatto che l’ultimo brandello di Statuto dei Lavoratori, nella parte di articolo 18 che era rimasta ancora in piedi, è stato eliminato da un Governo di centrosinistra.

Ora le chiedo di darci una motivazione per continuare a credere nella Sinistra. Cosa può dare di espressamente suo, e solo suo la sinistra?

Il sapere sempre da che parte stare. La capacità di scegliere i bisogni che intende rappresentare.

Quando abbiamo smesso di farlo, sposando l’idea del “ma anche”, del partito onnicomprensivo, abbiamo rinunciato alla nostra identità e alla nostra capacità di incidere nelle scelte, cosa che per esempio al PCI riusciva benissimo anche stando all’opposizione. La Sinistra è tale se è in grado di rappresentare un’occasione di riscatto sociale, di uscita dalla marginalità per tutti coloro che oggi sono gli ultimi, gli esclusi, i più deboli. Il mondo è di tutti, non solo di chi ha i mezzi per farcela.

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