di Toni Gaeta
Lo scopo della ricerca avviata con il presente articolo é quello di scavare in cerca delle origini dell’attuale situazione dell’Unione Europea, tutt’ora vincolata alla politica e cultura (soprattutto economica) degli USA, sebbene la UE ha le possibilità di rendersi del tutto autonoma.
Senza adeguata quanto necessaria informazione su come avvenne l’«unificazione» delle due Germanie dopo la caduta del muro di Berlino, non possiamo capire gli sviluppi che hanno caratterizzato e tutt’ora caratterizzano l’Unione Europea. Ma all’origine dell’egemonia tedesca in Europa c’è da analizzare una pesante egemonia di tipo militare statunitense, sebbene edulcorata dal Piano Marshall.
In questo articolo iniziale cerco di stimolare riflessioni, riportando alcune notizie attinte da Le Monde Diplomatique (1) e da Anschluss. L’unificazione della Germania e il futuro dell’Europa di Vladimiro Giacché (2).
Prima di detta «unificazione» si opponevano due Stati germanici di forze ineguali. I tedeschi dell’Est volevano le libertà politiche e la prosperità dell’Ovest, ma senza rinunziare alle caratteristiche della loro società. Tuttavia, per i governi dell’Ovest la priorità era la «liquidazione» assoluta della Rdt o DDR (Deutsche Demokratische Republik).
Il 6 febbraio del 1990, proponendo di estendere all’Est il marco tedesco dell’Ovest. Helmut Kohl perseguiva due obiettivi. Il 1° quello di ancorare saldamente la Rdt all’Ovest, per evitare che ripensamenti da parte dell’Urrs (magari con un rovesciamento di Mikhail Gorbaciov) potessero ristabilire l’equilibrio geo-politico precedente. Il 2° era quello di vincere le elezioni legislative della Rdt, nella quale il Pds (erede della Sed) (3) era quello favorito. In quel periodo il marco dell’Ovest valeva 4,4 marchi dell’Est. Il cambio immediato, con la promessa elettorale della parità, entusiasmò quanti erano abituati alle ristrettezze economiche. La realtà, vissuta poi con grande amarezza, é stata quella di una annessione, senza neppure un cambiamento costituzionale.
A questo proposito Wolfgang Schauble (4), allora ministro dell’interno della Rfg (Repubblica Federale Tedesca), responsabile dei negoziati per l’«unificazione», nella primavera del 1990 davanti alla delegazione della Rdt pronunziò parole inequivocabili: «Cari amici, si tratta di un ingresso della Rdt nella Repubblica federale e non del contrario (…) Quello che sta accadendo qui non é l’unificazione di due Stati uguali !» .
Infatti, vinte le elezioni con in vantaggio la CDU (5) dell’Est, i termini del trattato immediatamente successivo ratificarono il cambiamento di regime. Oltre che valorizzare la proprietà privata a svantaggio di quella pubblica, il trattato introdusse l’economia di mercato: ovvero libero scambio di beni e servizi, libertà di concorrenza, liberalizzazione dei prezzi dei prodotti, libera circolazione di manodopera e soprattutto di capitali. Inoltre, i principi costituzionali della Rdt, in quanto opposti a detto liberismo economico, non sarebbero stati più applicati.
Tutto ciò, come da anticipazione, senza alcuna nuova Costituzione, condivisa e approvata dalle rispettive istanze popolari, tipo Referendum. Come definire, allora, un trattato tra “governi amici”, che modifica una Costituzione a vantaggio di quella dominante ? Nel diritto internazionale si chiama «annessione».
Per farla breve, i prezzi reali dei beni e dei servizi prodotti nell’Est in poco tempo sono aumentati del 300-400% e le imprese della Rdt hanno perso ogni competitività. I tedeschi orientali sono stati privati non solo del loro mercato interno, conquistato da gruppi occidentali, ma anche dei clienti dell’Est (tipo Russia), che rappresentavano dal 60 all’80% delle loro esportazioni. Verrebbe da dire una terapia di liberismo forzato con dosi da cavallo.
Rispetto all’anno precedente (1990) la produzione industriale scese del 43,75% a luglio, del 51,9% in agosto e di quasi il 70% alla fine del 1991, mentre il numero ufficiale dei disoccupati risulta essere passato da 7.500 nel gennaio del 1990 a 1,4 milioni nel gennaio 1992, senza contare gli esodi verso l’Ovest, che si stimano in oltre 3,4 milioni di abitanti, di cui 1,4 si presume essere composto dai suddetti disoccupati.
Un approfondimento a parte merita la descrizione delle gesta dello ”angelo sterminatore”, la cosiddetta “Treuhand”, abbreviazione di Treuhandanstalt: «agenzia fiduciaria» di tipo governativo, creata come strumento per la riconversione della ex Rdt al capitalismo dell’Ovest.
Sebbene importante per conoscere meglio le caratteristiche strutturali anche della UE, l’argomento é corposo e sarà trattato in un apposito articolo. Ora credo sia più importante fare un riferimento ad una valutazione sul Piano Marshall, che tanto entusiasmò i governi europei del dopoguerra e impose tecniche del capitalismo USA.
Lo European Recovery Program (ERP) previde uno stanziamento, forse encomiabile per quei tempi, comunque di poco più di 14 miliardi di dollari, per un periodo di solo quattro anni: fino al 1951.
Con l’obiettivo di favorire una prima integrazione economica nel continente europeo, l’ERP nacque contestualmente con il programma dell’Organization for European Economic Cooperation (OEEC): organismo sostanzialmente tecnico composto di programmatori inviati da Washington, con lo scopo di spingere gli europei ad utilizzare gli aiuti, non tanto per fronteggiare le contingenze del momento, quanto per avviare un processo di trasformazione strutturale dell’economia dei Paesi Europei. Il vero scopo perseguito fu quello di favorire l’acquisto dei prodotti statunitensi e di trasformare le finalità delle industrie che avevano favorito la nascita della potenza militare germanica.
Inizialmente molti economisti statunitensi giudicarono negativamente l’impatto del Piano Marshall sull’economia europea dato che, nella loro opinione, esso aveva effettivamente agevolato una crescita sostenuta, tuttavia grazie al basso costo del lavoro. Non avendo indotto una contestuale crescita dei redditi, il Piano Marshall causò un certo ristagno nella spesa pubblica e nei consumi privati. Oggi si pensa che il Piano consentì all’economia europea di superare un momento di indubbia crisi e che favorì una ripresa che già nel 1948 fu favorevole alle forze politiche di formazione cristiana, in forte svantaggio rispetto ai partiti comunisti. Esse, infatti non avevano preso parte alle battaglie partigiane e, quindi, non beneficiavano dei consensi di gran parte dell’elettorato.
Comunque, dal punto di vista del capitalismo statunitense i risultati delle operazioni congiunte ERP e OEEC furono senza dubbio positivi. Essi generarono tra gli europei classi sociali sostenitrici del primato dell’economia di mercato, favorita da una capillare azione di propaganda, nonché di concetti quali “libera impresa”, “spirito imprenditoriale”, “recupero di efficienza”, “esperienza tecnica” e “tutela della concorrenza”, aspetti che allora in alcuni Paesi Europei erano quasi del tutto assenti.
Inoltre, essi inculcarono in noi europei il concetto che l’interdipendenza con gli USA potesse costituire una soluzione alle tensioni ed ai conflitti, che da sempre avevano caratterizzato la nostra Storia, indebolendoci rispetto all’Urss. Metodi che poi ritroviamo applicati soprattutto nel Paese europeo più dominato (giacché più sconfitto rispetto agli altri): la Germania.
Come vedremo, questi “insegnamenti”, intrisi di espropriazione culturale dei singoli popoli, hanno inciso molto sul processo di «unificazione» germanica e successivamente sulle fondamenta dell’Unione Europea: motivo per il quale le destre «sovraniste» e/o «nazionaliste», attingono facilmente in tutti i ceti sociali defraudati.
NOTE:
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– Versione tradotta in italiano
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– Imprimatur, Reggio Emilia 2016
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– Partito di Unità Socialista, esistito nella DDR prima della «unificazione»
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– Personaggio malauguratamente conosciuto in Grecia da Syriza di Alexis Tsipras
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– CDU: Unione Cristiano-Democratica di Germania, partito di orientamento democratico- cristiano e conservatore.