di Antonio Gaeta 7 febbraio 2019
L’influenza della cultura matrilineare nel corso della Storia
Epilogo
Quasi duemila anni fa, sulle sponde del lago di Tiberiade, in Galilea, un giovane ebreo, gentile e caritatevole, accusò le classi dominanti del suo tempo: non solo i ricchi e i potenti, ma anche le autorità religiose, di sfruttare e opprimere il popolo di Palestina. Egli predicava l’amore universale, e insegnava che gli umili e i deboli avrebbero un giorno ereditato la Terra. Inoltre, con le parole e con i fatti, spesso rifiutava la condizione di sottomissione e segregazione in cui la cultura giudea relegava le donne. Frequentandole liberamente (cosa che ai suoi tempi era già di per sé una forma d’eresia), Gesù proclamava l’uguaglianza spirituale di tutti gli esseri umani. Non sorprende che le autorità dell’epoca, ligi alla Bibbia, lo considerassero un pericoloso sovversivo, le cui idee sediziose andavano soffocate a tutti i costi. Quanto fossero davvero radicali queste idee, dal punto di vista di un sistema androcratico (in cui il predominio dell’uomo sulla donna era il modello di ogni altra cultura patriarcale) è espresso succintamente in Lettera ai Galati di Paolo di Tarso, 3:28.
Qui leggiamo, infatti, che per chi segue il Vangelo «Non c’è più né giudeo, né greco, né schiavo, né libero, né uomo, né donna, perché tutti siete un sol uomo in Gesù Cristo».
Alcuni teologi cristiani, come Leonard Swidler, hanno sostenuto che Gesù era femminista, perché anche solo dai testi ufficiali o «sacri» risulta chiaro che egli rifiutò la rigida segregazione e sottomissione delle donne del suo tempo. Tuttavia, il fine principale del femminismo è la liberazione della donna. Quindi chiamare Gesù “femminista” non é storicamente esatto. Credo sia più appropriato dire che i suoi insegnamenti incarnano un’ideale paritetico dei rapporti umani. Questa idea non era nuova, giacché contenuta anche nelle parti dell’Antico Testamento conformi a una società di tipo mutuale. Ma il nostro giovane falegname di Galilea l’aveva espressa in modo molto più sonoro, e questo alle orecchie delle élite religiose del tempo sembrò un comportamento eretico. Sebbene la liberazione della donna dalle forti restrizioni patriarcali non fosse il suo obiettivo principale, dobbiamo considerare la predicazione di Gesù nella prospettiva della trasformazione culturale.
Da tale angolazione ci accorgiamo di un tema sorprendente e unificante: una visione della liberazione di tutta l’umanità, grazie alla sostituzione dei valori androcratici con quelli paritetici.
Gesù e la partnership uomo/donna
Gli scritti del Nuovo Testamento attribuiti a discepoli che con qualche probabilità conobbero personalmente Gesù — i Vangeli di Matteo, Marco, Luca e Giovanni — vengono generalmente considerati la miglior fonte sul «vero» Gesù. Nonostante fossero stati scritti anni dopo la sua morte, senza dubbio con molte modifiche, sono i testi che probabilmente rispecchiano nel modo più preciso i suoi insegnamenti. Comunque più di altri scritti, tipo gli “Atti degli Apostoli”, le “Lettere ai Corinzi”. Nei Vangeli scopriamo che un fondamento dell’ideologia dominante (il modello sesso maschile superiore /sesso femminile inferiore), spicca, tranne rare eccezioni, per la sua assenza. Invece questi scritti sono permeati dal messaggio di uguaglianza ispirato da Gesù. Ancor più sorprendenti, e onnipresenti, sono gli insegnamenti secondo cui dobbiamo elevare le «qualità femminili» da un ruolo secondario o sussidiario a una posizione pariteticamente primaria e centrale.
Valutiamo ! Non essere violenti, ma porgere l’altra guancia; non fare agli altri ciò che non vorremmo fosse fatto a noi; amare il nostro prossimo (anche i nostri nemici). Queste affermazioni sostituiscono le presunte «qualità maschili» come durezza, aggressività e sopraffazione. Le virtù che siamo chiamati a stimare di più sono la responsabilità reciproca, la compassione, la gentilezza, l’amore. Se studiamo più attentamente non solo ciò che Gesù insegnava, ma anche il modo in cui egli diffondeva il suo messaggio, ci rendiamo conto che la sua fu una dottrina per una società mutuale. Gesù rifiutava il dogma che gli uomini d’alto rango (ai suoi tempi sacerdoti, nobili, ricchi e re) fossero i prediletti da Dio. Egli frequentava liberamente le donne, rigettando così le norme di supremazia maschile del suo tempo. E, in netto contrasto con le opinioni dei successivi sapienti cristiani, che discettavano sul fatto che le donne avessero o meno un’anima immortale, Gesù non predicò il supremo messaggio dominatore: “Le donne sono spiritualmente inferiori all’uomo !”. (segue)