LA VOCE DEI POETI INTENDONO I VIVENTI E I MORTI.
MARGHERITA GUIDACCI
“All’ipotetico lettore: Ho messo la mia anima tra le tue mani. Curvale a nido. Essa non vuole altro che riposare in te. Ma schiudile se un giorno la sentirai fuggire. Fa che siano allora come foglie e come vento, assecondando il suo volo. E sappi che l’affetto nell’addio non è minore che nell’incontro. Rimane uguale e sarà eterno. Ma diverse sono talvolta le vie da percorrere in obbedienza al destino.”
Questa poesia di Margherita Guidacci è già atto di amore e invito all’attenzione che la poetessa richiede a noi, distratti e in mille faccende affaccendati.
“Io nulla scrivo sulle foglie. Vi leggo quel che le foglie recano già scritto in sé, nelle intricate venature simili a vene sul dorso della mano o linee incise sul palmo. Il mio sguardo che segue il biforcarsi di vie segrete coglie ad incroci turgidi di linfa i nodi del significato. Così si fa più chiaro il messaggio. Ma quello che tu chiedi, e che tu chiami la mia risposta, non è mia, e neppure è una risposta. È la vita che parla in ogni cosa viva, mentre passa verso la morte. Vi pongo di mio soltanto un giusto angolo di sguardo. E il calmo gesto con cui, dopo averle lungamente scrutate, affido al vento queste mie foglie e il vento se le porta, egli solo compiendo, per un diritto immemorabile, il sussurrante vaticinio.”
La poetessa sa leggere tra le pieghe della vita e vi sa scoprire segni e tracce del destino. A suo agio nelle vaste regioni dell’anima, Margherita Guidacci ci conduce per mano e suggerisce la permeabilità tra il mondo dei vivi e il mondo dei morti. E in queste regioni sembra a suo agio perché è il punto focale delle sue indagazioni fervorose, e bisogna provare ad elevarsi, respirare in queste pure visioni. La pietra crudele, ci dice, tronca il volo alla brezza, e sulla pietra nulla che alla brezza risponda può germinare.
“Chi grida sull’alto spartiacque è udito da entrambe le valli. Perciò la voce dei poeti intendono i viventi e i morti.”
“Quando i tuoi occhi si fanno chiari ma avidi, e un mondo intenso come fiamma vi si specchia e consuma, raccogli presto la tua anima, portala a fiore di quello sguardo, perché la tua morte è vicina.”
“Mirabili amicizie intessono i giovani morti con i segnati di morte prima che sia colmo e declini il loro giorno terreno. Non osservasti la luce negli occhi di giovinetta cui la vita celatamente sfuggiva? Presagio d’amore tu quella errando chiamavi, e il misterioso sorriso. Ma dopo l’evento sapesti che non presagio, anzi già un’amorosa certezza ella così velava, e risposta all’Invisibile che a lei dinanzi, attraverso la nebbia, apriva segretamente il cammino.”
“La pietra è solida notte. La pietra sul nostro cuore e sulla nostra bocca. Saremo oppressi; la dura tenebra chi da noi solleverà? Ma come stolto tu credi ch’ella ti vinca! Lontani noi saremo allora e imprendibili.”
“Fatti noi quasi di sovrapposte lamine. Ogni passante qualcosa a noi rapisce. L’immagine fanciulla serbata dai primi compagni che da te si staccarono, o quella che in cuore racchiuse l’adolescente amata da cui poi ti divise l’inquieto destino. Così assottigliati giungiamo alla fine. Quanti lembi di vita perdemmo? Quante volte il nostro viso scomposto ci apparve nelle turbate acque? E perché temiamo la morte? Da molto tempo, amore, noi siamo in noi stessi disgiunti, e separate fino le nostre ossa.”
La sottile percezione del destino e del compito di vita è corollario di questa tensione:
“L’uomo che la brezza si elesse compagno invano contro di essa erigerò siepe o muro. Per lui il silenzio, come conchiglia, custodirà la sua voce. E, respinta, più violenta si leverà nel suo cuore, finché egli sorga e la segua.”
“Quando un antico viandante in te si desta ed il capo quasi da folto viluppo d’erbe solleva, tu presto interrogalo, prima ch’egli ricada nel suo sonno profondo, poiché mirabili cose egli potrebbe narrarti intorno ai viventi ed ai morti.”
BUON NATALE.
FILOTEO NICOLINI.