Fonte: La Stampa
“Le talpe sono ovunque … e parlano sempre, sono talpe edotte.
Qualcuno ha ritenuto che convenisse scaricare sul Colle la responsabilità dello sbarco, in modo da creare un alibi ai campioni della fermezza.
Cosicché il segreto è durato al massimo un paio d’ ore. Su chi possa essere la «talpa», sul Colle si sono fatti un’idea. Però non lo diranno mai.”
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di Amedeo La Mattina, Ugo Magri per La Stampa -14 luglio 2018
Il governo ha fretta di voltare pagina. Pur di chiudere il «caso Diciotti», Di Maio e Salvini sono pronti a riconoscere che l’ intervento di Mattarella è stato di aiuto, ha consentito di sbloccare una situazione da cui gli stessi protagonisti non sapevano come uscire. La versione che 24 ore dopo si raccoglie dalle parti del Viminale è quasi spiazzante.
Pare infatti che il ministro dell’ Interno, nelle stesse ore in cui Mattarella chiamava il premier per sollecitare una soluzione, avesse già deciso di dare il via libera allo sbarco dei 67 migranti. Si era reso conto di combattere da solo contro i mulini a vento rappresentati, ai propri occhi, dai colleghi della Difesa e delle Infrastrutture, per non parlare dei pm di Trapani.
MOAVERO DI MAIO SALVINI CONTE MATTARELLA
Se nessuno fosse sceso dalla nave con le manette ai polsi, l’effetto propaganda sarebbe stato pari a zero, anzi mediaticamente un boomerang. Per fortuna, dicono nel giro leghista, il Quirinale ha imposto la sua visione umanitaria, togliendo Salvini dall’ imbarazzo di una retromarcia. Addirittura il ministro si è consentito il lusso di criticare Mattarella («stupore» per il suo intervento), salvo poi ridimensionare tutto in attesa del prossimo barcone.
Di questi giochi tattici sul Colle nessuno si scandalizza. Lassù hanno imparato a convivere con la doppia natura del vice-premier. In privato, Jekyll-Salvini è gentile, amichevole, confidenziale al punto che nell’ ultimo pranzo di governo al Quirinale (racconta con il sorriso sulle labbra un ministro di peso) Matteo ha passato tutto il tempo a chattare sul telefonino, incurante della conversazione, un po’ come usava un altro Matteo prima di lui. Salvo trasformarsi pubblicamente in un Mr.Hyde che tenta di far indossare al Presidente la maglietta rossa dell’ accoglienza ai migranti, presentandolo come un capofila.
SERGIO MATTARELLA GIUSEPPE CONTE
Nella realtà, tiene a sottolineare chi lo conosce, Mattarella ha posto una questione istituzionale che va molto oltre l’accoglienza delle donne e dei bambini trattenuti a bordo.
Nella telefonata al premier, intorno alle 18 di mercoledì, il Presidente ha chiesto come fosse possibile che a una nave militare italiana venisse impedito di attraccare in un porto nazionale, in base a quali norme e su disposizione di chi.
Senza chiamare in causa Salvini, Mattarella ha preteso rispetto per la Procura di Trapani e, in futuro, per tutte le Procure cui spetterà di decidere su eventuali arresti. Ha sollecitato un po’ d’ ordine tra i poteri coinvolti nella vicenda, in quanto ognuno deve stare al proprio posto senza invasioni di campo.
E soprattutto, Mattarella ha esortato Conte a esercitare senza indugio la leadership connaturata al ruolo, lasciando all’interlocutore la sensazione che, in caso contrario, il Colle avrebbe pubblicamente manifestato un vivo disappunto.
Un’ ora più tardi, stando ad autorevoli ricostruzioni, Conte si è rifatto vivo per assicurare che i migranti sarebbero sbarcati di lì a poco, la controversia si era risolta con sua personale soddisfazione mista a sollievo. Lo scambio di telefonate doveva restare segreto perché rientra nella cosiddetta «moral suasion» presidenziale, che tanto più risulta efficace quanto meno filtra all’ esterno.
Tuttavia qualcuno ha ritenuto che convenisse scaricare sul Colle la responsabilità dello sbarco, in modo da creare un alibi ai campioni della fermezza.
Cosicché il segreto è durato al massimo un paio d’ ore. Su chi possa essere la «talpa», sul Colle si sono fatti un’idea. Però non lo diranno mai.