di Alfredo Morganti – 14 novembre 2015
Le società occidentali e le democrazie europee sono strette tra l’incudine e il martello. L’incudine del terrorismo, dell’attacco sferrato dall’Isis, dei morti ammazzati in strada. E il martello della soluzione tecnocratica, postdemocratica, il cui intento principale è la semplificazione forzosa della complessità politica e sociale, la reductio della dialettica, della partecipazione e delle differenze in nome della governabilità e della crescita. Dall’esterno l’attacco è orizzontale, senza mediazioni, rivolto direttamente alla popolazione più che allo Stato. Ed è una novità rispetto al terrorismo di casa nostra, quando le BR puntavano Moro, i magistrati, i corpi dello Stato, ed erano dentro i giochi e le tattiche del sistema politico, non corpi estranei ma attori seppur rigidamente critici e alternativi. All’interno invece il movimento del potere è verticalizzato: maggioritario, uomo solo al comando, riduzione dell’intensità e del grado della rappresentanza, tecnicizzazione e neutralizzazione della politica, protagonismo dell’esecutivo. Una stretta micidiale, curiosamente ortogonale (orizzontale dall’esterno, verticale all’interno) che sta producendo una torsione pericolosa della democrazia. Riducendone la base, restringendone la capacità di rappresentanza.
La società (giù giù sino alla vita quotidiana dei cittadini) ne esce indebolita, gli effetti sono quelli di introdurre pesanti elementi strutturali di post-democrazia o di democrazia neutra, ristretta e decisionale. L’esatto opposto di ciò che servirebbe. Se l’intento del terrorismo è intimorire, ridurre la fiducia, isolare, compito delle istituzioni democratiche dovrebbe essere, al contrario, quello di coltivare e ricostruire questa fiducia e questo senso di appartenenza e di comunità. È il capitale sociale il primo obiettivo del terrore. Inteso soprattutto come qualità relazionale. Una politica interna che disunisce, verticalizza, rafforza il vertice della piramide, riduce la rappresentanza, asserraglia lo Stato entro il recinto dell’esecutivo, asseconda obiettivamente chi ci vorrebbe soli, sparsi, irrelati, sfiduciati. Quando invece la risposta è sempre e ancora la democrazia. Lo fu con Moro. Lo fu dopo Brescia, Italicus, Piazza Fontana. Lo fu dopo BR e NAR. Lo fu quando si invitava a scendere in piazza. A essere protagonisti. A dare un segnale. Oggi il terrore ci vuole chiusi in casa (come sempre d’altronde). Ma oggi il potere ci vorrebbe sempre meno rappresentati, sempre meno differenti, sempre meno complessi, sempre meno influenti. Una doppia solitudine che ne fa una grandissima, da cui, stante le cose, sarà difficile uscire.