di Alfredo Morganti – 4 aprile 2017
Le risorse umane.
Due notizie fanno il paio in questi giorni. Secondo la prima, sul mercato del lavoro, a fronte di un tasso di disoccupazione che scende ma di una stima degli occupati che resta stabile, ci sono 51.000 inattivi in più. La seconda, invece, è che ogni anno assistiamo a 50.000 abbandoni scolastici. Inattività e abbandoni, due facce di una stessa medaglia fatta di sfiducia e di frustrazione. Sono risorse umane (studenti, lavoratori) che mollano la presa e si tirano fuori. È fuori luogo, dunque, la sciocca esultanza del governo per la disoccupazione in diminuzione (ma in realtà dirottata verso l’inattività), né fa più da barriera l’obbligo scolastico stabilito per legge. La realtà è più dura delle slides e della propaganda. Le storie sono di abbandono, non di successo. E peggio del non lavoro c’è chi il lavoro non lo cerca nemmeno più. Peggio della scuola che non funziona c’è chi a scuola ha deciso di non andarci affatto. Questo scenario indica il problema, vero, da affrontare subito. Lo spreco di intelligenza, di forza, di abilità, di valore, di umanità che c’è dietro la disoccupazione e ancor più dietro abbandoni e inattività.
Un progressivo defluire di donne e uomini, spesso giovani, che rappresenta un costo sociale incommensurabile per un Paese come l’Italia, ancor più dei cosiddetti ‘cervelli in fuga’. Eppure il governo esulta per l’abbassamento del tasso di disoccupazione, Renzi lo brandisce a gloria dei suoi tre anni di governo, tacendo ovviamente sul rovescio della medaglia, gli abbandoni appunto. L’inattività. Come se scegliere un angolo sociale buio, finire in un cono d’ombra, mollare la presa, implodere sia una colpa personale, non dipenda da meccanismi di inclusione che non funzionano più, dalla coesione sociale che difetta, da politiche sbagliate, inutili, dannose. Come se la società non contasse, ma solo i successi individuali dei più bravi, dei più ‘meritevoli’, dei più avvantaggiati, dei più dotati. E chi ha fatto un passo indietro pazienza, ci poteva pensare prima. È un problema suo. Forse non era bravo e volenteroso abbastanza. E comunque grazie: abbandonando, rendendosi inattivo, facendosi da parte, ha migliorato il tasso di disoccupazione oppure ha alzato quello di rendimento scolastico. Tanto chi abbandona è un somaro, no? E che ci va a fare a scuola? E chi non lavora è un fannullone, no? Meglio se ne stia in disparte. Lontano. In silenzio. Che alla propaganda già ci pensa il governo.