Autore originale del testo: Alfredo Morganti
La sinistra e l’illusione dei “risultati”
Governo Draghi: la sinistra spera che i “5stelle spingano insieme a noi e al PD perché i risultati arrivino”. In questo brevissimo auspicio c’è molto più che un auspicio. C’è la motivazione principale per cui da un decennio almeno la politica italiana è in stallo. Perché è puramente ridotta a un problema di “risultati” da conseguire. E che peraltro, non a caso, non arrivano. Anzi. È una “politica” ridotta al raduno dei migliori, chiusi in una stanza dei bottoni alla ricerca delle soluzioni tecnicamente più efficaci. Mentre l’informazione complice chiede che nessuno disturbi il manovratore. Il resto non conta. Anzi, più si restringe il cerchio magico dei competenti e meglio è. I governi tecnici, d’emergenza, dei migliori sono l’espressione precipua di questa ideologia dei “risultati”, di questa stolta ideologia del “fare”. Tanto più ideologica e di parte, quanto più si ammanta di un profilo tecnico, scientifico, oggettivo, da simposio platonico.
La politica che cerca risultati e che vuole essere “produttiva”, di norma, è quella che non ne consegue mai. E difatti cos’ha ottenuto il Governo Draghi? A partire dal forzoso (a dir poco) passaggio delle consegne di febbraio 2021, a piano vaccinale già predisposto ma appena avviato e a fondi PNRR già ottenuti, c’è stata una sorta di calma piatta. Del PNRR non si sa più nulla, magari finirà in armi e carbone. La situazione pandemica è ripartita alla grande. La siccità sta divorando il Po, come se fosse una sorpresa dell’utim’ora. Dinanzi alla guerra ucraina sembriano i valletti in livrea del fronte atlantista. Nulla a che vedere con la dignità, la partecipazione e il coinvolgimento pubblico con cui Conte prese di petto la pandemia agli esordi. Nulla a che vedere con la fermezza con cui si affrontò in Europa il nodo degli aiuti all’Italia flagellata dal Covid.
Cos’è la politica, dunque? È, prima di tutto, partecipazione alla vita pubblica, esercitata direttamente o mediante i corpi intermedi. Senza la quale la stanza dei bottoni diventa un bunker, anzi un videogioco e il governo una realtà virtuale anche se ci fosse tutto il padronato dietro a sostenere il fenomeno di turno messo a Palazzo Chigi. Non c’è “risultato” se non c’è un Paese intero a spingere, e se questa spinta non è il frutto di una lotta democratica condotta secondo tutti i crismi: partiti reali, opinione pubblica informata, informazione libera, attivismo dei cittadini, senso di comunità, partecipazione al voto. Senza tutto questo l’attività di governo diventa la più “improduttiva” possibile, proprio perché manca di un collegamento col Paese e con la sua “resistenza” sociale – e l’azione dell’esecutivo è circoscritta, asciugata e tecnicizzata sino al paradosso.
I governi tecnici, assembleari, extraparlamentari sono l’espressione di un’impotenza, per quanto tentino di apparire l’opposto. L’impotenza di una classe dirigente che sembra più impegnata nei propri lussi e nei propri narcisismi che immersa nei problemi del Paese. La sinistra che annaspa dietro a questi governi è destinata ad annaspanare per tutto il resto della sua esistenza. La sinistra vive di politica, non di illusioni tecniche. Di partecipazione non di “risultati” aziendali. Sennò che campa a fare? Anche perché i risultati non vengono se si è lontani dal bosco in cui ci stiamo rifugiando in molti, delusi e disincantati. E forse persino scandalizzati.