Fonte: Lucia Del Grosso
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di Lucia Del Grosso – 1 ottobre 2016
Penso sia pacifico sostenere che ieri abbiamo assistito ad un match tra un signore colto ed educato ed un piazzista che vende merce difettosa. Penso pure che quello che solo con molta generosità possa essere definito un dibattito non abbia spostato molto degli orientamenti di voto perché:
1) le opposte tifoserie sono infrangibili a qualunque evidenza;
2) gli indecisi si dividono in due categorie, cioè a) quella maggioritaria che non ha nessuna voglia di informarsi perché comprensibilmente se ne frega di rivoluzioni costituzionali, pressata com’è dall’emergenza sociale che la morde; b) quella minoritaria che, se non ha ancora deciso, è perché non è completamente affascinata dai fuochi pirotecnici di Renzi.
Quanto sopra premesso la prima domanda che pongo è: perché mai una sinistra seria e rigorosa, che pertanto ha tutt’altra concezione del dibattito politico rispetto all’indecente somministrazione di queste americanate, si debba assoggettare a queste indecorose orge mediatiche? Mi rispondo pure: perché evidentemente la sinistra di oggi questo pensiero più alto di confronto politico non ce l’ha, se l’è fatto risettare da decenni di cialtronismo politico.
Un indizio? Pesco tra i tanti. Mi pare che, se la sinistra si rivolge al suo popolo con vaghezze della serie “Le fragilità di chi non trova racconto ……..”, come fa un autorevole esponente della sinistra che vuole essere alternativa al PD (che peraltro sinistra non è), confonda tra ideologia e narrazione, senza avere ben chiaro che l’ideologia è una visione del mondo e la narrazione ne è la sua trasposizione nell’immaginario. Per cui la seconda non può prescindere dalla prima, nossignore; altrimenti ci si riduce a narrare non si sa bene cosa e ci si ritrova a navigare nel sistema senza criticarlo organicamente, nel nostro caso a partecipare alle carnevalate televisive.
Seconda domanda: Zagrebelsky è un illustre costituzionalista e uomo colto, ma in quali battaglie politiche di popolo si è sporcato le mani? E’ un sindacalista che ha tenuto assemblee con lavoratori in vertenze drammatiche sentendo sulla pelle la loro rabbia? E’ un dirigente politico che ha qualche frequentazione dei quartieri abbandonati al degrado, dei giovani se non disoccupati precarizzati a vita dal Jobs Act? Ne sono rimasti pochi e lui non è tra quelli, è invece un accademico che si è generosamente impegnato in una battaglia, peraltro erede di quel pensiero illuminista-azionista al quale mancava un ingrediente essenziale per essere guida di un grande riscatto morale e politico dei lavoratori: essere popolare. Zagrebelsky, al quale va tutta la mia stima di studioso e uomo onesto, è un signore educato che probabilmente non ha mai visto altro lavoratore oltre all’idraulico che gli ha aggiustato lo sciacquone. Non avendo quindi confidenza con l’immaginario della stragrande maggioranza degli Italiani pensa che è in grado di convincerli con raffinati ragionamenti: vizio tipico dell’illuminismo, pensiero sorretto dalla convinzione che alla fine ce la si sarebbe fatta a cambiare la testa della gente per ritrovarsi così in un mondo migliore. Sì, buonanotte! Se vuoi capire il povero che soffre devi soffrire insieme a lui mischiandoti nelle sue battaglie.
E non mi venite a dire che Engels era ricco perché Engels stava in mezzo agli operai per organizzarli.
Ce l’ha la sinistra gente così, temprata dalle battaglie? Se non la ritrova (ma bisognerebbe pure ritrovare le battaglie di popolo, che sono altro da quelle per i diritti civili) la sinistra è destinata a perdere sempre e in ogni campo.