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di Pino Cabras megachip.globalist.it 9 dicembre 2014
Di fronte alla crisi ucraina, le preoccupazioni per la guerra e la ricerca della distensione fanno superare gli steccati. L’interrogazione parlamentare di Salvini e Chiesa.
La crisi ucraina ha permesso sin qui di misurare quanto le vecchie appartenenze politiche contino ormai sempre meno. Per misurare le distanze fra le azioni politiche pesa invece sempre di più il grado di vicinanza o lontananza dall’attuale regime europeo, un sistema che ai cittadini europei impone l’impoverimento tramite l’austerity (con diverse gradazioni di criminalità economica), agli ucraini impone un governo (in mano ai falchi di Washington), mentre alla Russia vuole imporre la fine di qualsiasi rapporto con l’Europa (se non basato sulla sottomissione agli USA).
Tutte le vecchie alleanze saltano in aria davanti a poteri bipartisan che vogliono torcere il braccio all’Europa. Questi poteri usano i mezzi della NATO e la sudditanza dell’Unione europea, in mano a leader ricattabili e subalterni. Se si continua così si va alla guerra, intanto che è ormai guerra economica, dove perdiamo di già.
In Germania abbiamo visto recentemente una clamorosa petizione che va da Wim Wenders agli ex presidenti della Repubblica federale, passando per manager, cantautori, accademici, politici di varie tendenze: l’appello chiede di puntare a una politica di distensione in Europa e accusa implicitamente l’attuale condotta dominante come guerrafondaia.
In Italia la politica internazionale è da anni sottovalutata, ma qualcuno anche da noi ha capito che la posta in gioco è estremamente importante, perché riguarda la sopravvivenza di intere società, paesi, economie: le minacce alla pace sono così forti da spingere a parlare in direzioni nuove, saltando gli steccati. Una personalità che sta tenendo conto di questa posta in gioco è il politico che negli ultimi mesi ha iniziato un’ascesa evidente a tutti, Matteo Salvini. Mille controversie si accendono al farne solo il nome, emerso nella lunga stagione della Lega Nord. Il fatto è che Salvini ora va a concludere definitivamente quella stagione per fondare un partito su base nazionale, che avrà azioni e orizzonti incomparabilmente più complessi del vecchio scenario claustrofobico della Padania bossiana. Un partito nazionale non sposa tutti i movimenti né sarà da questi votato, ma sicuramente parla con molti più soggetti e molti più interessi. Non solo: cerca di avere una politica internazionale completa, legata a un’idea di sovranità che può trovare partner costituzionali che pure si dividono rispetto ad altri temi.
Persino il segretario del PRC della Lombardia, Antonio Patta, dopo aver letto un’intervista di Salvini che proponeva l’uscita dalla NATO, lo ha immediatamente considerato un interlocutore, seppure un interlocutore da sfidare per andare fino in fondo alla questione, come ha notato in un suo comunicato il laboratorio politico Alternativa.
Accade dunque che adesso si scrivano pagine davvero nuove: i testi vanno letti nel merito e senza pregiudizi.
A novembre Matteo Salvini ha presentato, in collaborazione con Giulietto Chiesa, direttore di Pandora TV, un’interrogazione alla Commissione dell’Unione Europea al fine di fare luce sulla strage di Odessa, accaduta lo scorso 2 maggio, oggetto di diversi servizi e inchieste di Pandora TV.
Riportiamo di seguito:
1) il testo redatto da Chiesa e sottoposto dalla Lega alla Commissione europea;
2) Il messaggio di Matteo Salvini a Pandora TV nel quale usa inedite parole di denuncia verso le scelte politiche europee che hanno offerto copertura alla strage e agli atti di guerra in Ucraina.
Buona lettura.
1) IL TESTO DELL’INTERROGAZIONE SULLA STRAGE DI ODESSA.
Siamo a conoscenza di sconvolgenti episodi di violazione dei diritti umani avvenuti sul territorio dell’Ucraina nei mesi che sono seguiti al colpo di stato del 22-23 febbraio di quest’anno.
Colpo di stato, conclusosi con la cacciata violenta e illegale del presidente Viktor Yanukovic, legittimamente eletto dalla maggioranza degli ucraini. A questo riguardo va detto subito che non c’è traccia nei documenti ufficiali di questo Parlamento e delle altre istituzioni dell’Unione Europea di una qualsivoglia condanna di un tale gravissimo atto, che pure contraddice la lettera e lo spirito del Trattato di Lisbona e dei criteri dello Stato di diritto che esso esprime.
Un tale silenzio è davvero inammissibile, di per sé, poiché costituisce appoggio dell’Europa che si definisce democratica, implicito a una azione illegale.
Ma non è solo su questo che intendiamo interrogare la Commissione. Nei giorni stessi della sommossa che, com’è noto, fu guidata da gruppi armati organizzati di chiarissima provenienza filo-nazista, si verificò un eccidio in piazza, nel quale perirono oltre 100 persone, sia tra i dimostranti che tra i poliziotti. Testimonianze di persone e immagini televisive mostrano che agirono cecchini che spararono sulla folla. E che spararono simultaneamente sui poliziotti. Immagini fotografiche e testimonianze (tra cui la conversazione registrata tra un alto esponente del governo estone e la signora Catherine Ashton) inducono a ritenere che si sia trattato di una provocazione organizzata e criminale, atta a rendere possibile l’esito del colpo di stato.
Le autorità ucraine hanno fino ad ora rifiutato di aprire un’inchiesta su quei fatti, e non danno il minimo segno di voler procedere in quella direzione, nemmeno dopo l’elezione del nuovo presidente Petro Poroshenko. L’Europa non ha nulla da dire al riguardo?
Nei giorni in cui scriviamo questa interrogazione, nonostante la tregua firmata a Minsk, formazioni regolari e irregolari – vere bande armate, ma dotate di mezzi pesanti – continuano a bombardare i centri abitati sotto il controllo delle forze che si oppongono al governo centrale di Kiev. Il numero delle vittime civili ha ormai largamente superato le 2500. Anche secondo valutazioni degli osservatori internazionali risulta che perfino le norme di guerra vengono violate sistematicamente da parte delle forze militari governative o comunque associate all’esercito e in grado di usare le armi dell’esercito regolare. Città come Donetsk, Lugansk, Slaviansk, Kramatorsk sono ridotte in rovina, eppure non sono state sedi di combattimento. Il che dimostra che sono state bombardate con armi pesanti, con razzi, con bombe a grappolo, con bombe al fosforo: tutte armi in possesso delle forze governative. Tutte armi vietate dalle convenzioni internazionali. Tutte armi atte a colpire indiscriminatamente, cioè a uccidere civili disarmati.
E’ una vergogna per l’Europa democratica che le sue istituzioni abbiano fino ad ora taciuto su tali mostruosità, mentre appoggiavano il governo di Kiev che ne era resposabile. E’ una vergogna per l’Europa democratica che la quasi unanimità dei suoi mezzi di comunicazione di massa abbia taciuto tutti questi crimini, lasciando le opinioni pubbliche europee all’oscuro di tutto ciò.
Ma l’episodio più clamoroso, più evidente, più inaccettabile, riguarda la strage di Odessa, avvenuta il 2 maggio scorso. Una strage – davanti e all’interno della Casa dei sindacati – che ufficialmente ha provocato la morte di 48 persone, ma che in realtà è stata un pogrom nazista in cui sono state uccise, individualmente e sistematicamente, più di 150 persone, oltre a centinaia di feriti miracolosamente scampati all’eccidio.
La versione ufficiale è dimostrabilmente falsa e noi possiamo offrire tutte le prove, giudiziali e stragiudiziali che confermano questo giudizio. Ma le autorità ufficiali, di Kiev e di Odessa, non hanno effettuato nessuna indagine, non hanno trovato alcun colpevole. I morti sono tutti di nazionalità ucraina e di etnia russa. I riscontri dimostrano che non è stato l’incendio dell’edificio (che non c’è stato) a uccidere coloro che vi si trovavano all’interno, fuggiti per evitare di essere massacrati in strada, bensì che quasi tutti i cadaveri ritrovati sono stati uccisi uno ad uno, con arma da fuoco e/o incendiati individualmente.
La polizia, pur presente, non è intervenuta durante l’eccidio. Ci sono filmati che mostrano poliziotti e aggressori sparare sui disperati che cercavano di fuggire dalle finestre. Tutto dimostra che gli assedianti intendevano uccidere. Ma l’unico esito fu che oltre cento persone tra gli assediati vennero arrestate e imprigionate, per essere poi liberate dopo due giorni dalla folla dei parenti e amici che attaccarono a loro volta gli uffici della polizia.
Dunque si è trattato di un vero e proprio pogrom organizzato con la protezione delle forze dell’ordine. Su tutto questo è calato il silenzio. E’ ovvio che i criminali assassini che l’hanno organizzato e coperto non faranno nulla per fare luce e restituire giustizia. Ma è inaccettabile che Bruxelles mantenga il silenzio e ignori i fatti. Noi abbiamo il dovere, voi avete il dovere, di rendere giustizia alle vittime e di far punire i colpevoli.
Il governo ucraino ha già dimostrato di non coler condurre nessuna delle inchieste che noi qui chiediamo di aprire. Dunque si deve prendere atto che solo una o più commissioni d’inchiesta internazionali devono essere istituite perché si torni alla normalità democratica in un paese che è ora giuridicamente “associato” all’Europa.
Le fosse comuni, ritrovate nei pressi di Donetsk e in molte altre località del Donbass, tutte riempite di cadaveri civili, esigono anch’esse un’indagine approfondita. Solo una commissione d’indagine internazionale può effettuarla.
E sollecitiamo l’apertura di un capitolo che finora è stato accuratamente evitato da tutti i media occidentali: quali paesi europei, oltre agli Stati Uniti d’America, hanno finanziato i gruppi estremisti che hanno guidato la piazza a Kiev nelle settimane precedenti il golpe?
Il nostro silenzio collettivo ci condannerà all’infamia di fronte alle future generazioni di europei. La superbia con cui eroghiamo sanzioni agli altri perché non rispettano le nostre norme assume i contorni del ridicolo quando noi stessi le calpestiamo.
Chiediamo che venga istituita una Commissione Straordinaria d’inchiesta del parlamento europeo che esamini con la massima cura tutte le circostanze qui elencate e altre che possono essere avanzate da altre parti. Con urgenza. La crisi ucraina non è affatto risolta. E non potrà esserlo fino a che non sarà stata fatta luce su queste tragedie.
2) MESSAGGIO DI MATTEO SALVINI A PANDORA TV
Pochi giorni fa ho presentato un’interrogazione alla Commissione Europea affinché si faccia luce sulla strage di Odessa, un’altra atrocità della guerra in Ucraina emersa dal pantano della disinformazione italiana solo grazie al coraggio della vostra testata e del vostro direttore Giulietto Chiesa, che peraltro ringrazio per aver personalmente redatto il testo di questo atto parlamentare.
Qualche anno fa, quando entrambi sedevamo al Parlamento Europeo in banchi contrapposti, non avrei mai immaginato che in futuro avremmo iniziato una collaborazione per denunciare l’aggressione dell’Europa ai danni della Russia. Questo non tanto per le distanze ideali che separano me e Giulietto, a colmarle basta l’onestà intellettuale di entrambi, ma soprattutto perché ritenevo inimmaginabile che la classe dirigente europea potesse ancora considerare la Russia un nemico e non un naturale alleato per la sicurezza e la stabilità dell’Unione.
Mi sbagliavo.
La scelta di campo guerrafondaia e cieca di un’Europa delegittimata e allo sbando, risulta oggi ancora più assurda se la si inquadra dalla prospettiva italiana, dove le sanzioni commerciali stanno già mietendo vittime economiche con danni irrecuperabili.
Una guerra economica che per noi ha i tratti del masochismo e che lascia i russi sgomenti, come mi è stato più volte detto, a tutti i livelli, dai cittadini alle più alte cariche della Federazione, durante il mio recente viaggio in quelle terre.
Purtroppo in Italia non si avverte abbastanza l’urgenza di ricomporre questa frattura storica, culturale e geopolitica che rischia di produrre conseguenze gravissime già nell’immediato futuro.
Proprio per questa ragione spero che la leale collaborazione tra me e Giulietto Chiesa, a cui siamo giunti entrambi senza dover rinnegare una virgola del nostro passato, spinga tanti altri a fare fronte comune contro questa sporca guerra: per riprenderci il futuro di pace, democrazia e prosperità che sentiamo tutti di meritare.
Il segretario federale della Lega Nord Matteo Salvini.