di Alfredo Morganti – 26 gennaio 2018
I mali della politica italiana sono tanti, e potremmo enumerarli uno dopo l’altro. Ma uno è il male vero, profondo, tanto più grave e pernicioso, perché si traveste (e viene presentato) come il Bene: il personalismo, il bipolarismo e le coalizioni maggioritarie. L’essenza della Seconda Repubblica, quindi. Perché il Male? Perché ha neutralizzato la politica italiana, le ha tolto spessore, profondità, rappresentanza, per ridurla a uno strumento funzionale alla mera gestione del potere. Anzi, al potere per il potere. Mi spiego. Avevamo un sistema proporzionale che, con tutti i suoi limiti, produceva rappresentanza, promuoveva le identità politiche, garantiva stabilità (a onta dei frequenti cambi di premiership – ma non è che in questi ultimi anni sia andata meglio, eh?), salvava il Parlamento come luogo del dialogo e delle alleanze dinanzi al Paese, valorizzava le istituzioni, saldava ideologicamente e socialmente il Paese. La Seconda Repubblica, dopo aver picconato alle fondamenta la Prima, ha totalmente ribaltato il guanto, producendo uno scenario del tutto opposto al precedente.
I partiti sono morti, sostituiti da ectoplasmi che si ‘coalizzano’ per vincere. Le identità politiche sono state sostituite dalle ‘persone’: tribuni, capipopolo, leader, Unti del Signore, uomini nuovi, Capi, chiamateli come volete, la sostanza è la stessa. Anche il parlamentare eletto non è più il membro di un partito chiamato a lavorare nelle aule parlamentari, no, ma un uomo dei territori oppure del ‘nazionale’, uno che rappresenta un collegio, uno che ha i suoi contatti, i suoi riferimenti, una ‘persona’ che ha lavorato bene, che ‘merita’ di essere eletto, ‘uno di noi’ o al contrario uno ‘di Roma’. Non si fanno alleanze in Parlamento, nella sede deputata appunto, ‘dopo’ gli esiti del voto, sulla base della forza raccolta da ognuno – ma già ‘prima’, in modo ‘trasparente’, dicendo dapprincipio con chi si governerà (salvo poi non farlo), stipulando ‘patti’ meglio se segreti, oppure raffazzonati, tanto per ‘vincere’ e poi si vedrà. Si dice: la destra è bravissima, non vedete, a coalizzarsi, mentre la sinistra sa solo dividersi! Anzi, se non fai i patti prima, allora sei un lestofante che vuole ingannare gli elettori e vuole solo ‘manovrare’! Pronto a ‘vendersi’ al migliore offerente!
Il risultato? Un Parlamento che ratifica precedenti strette di mano, pieno di gente ‘leale’, incatenata alle decisioni prese antecedentemente in qualche stanzino, purché ciò sia avvenuto prima delle elezioni, per chiarezza verso l’elettore! Anche le liste sono ‘bloccate’, sennò poi arriva la mafia, la criminalità e ci obbliga a esprimere preferenze, eh? Meglio che i candidati siano oggetto di trattative e, chissà, anche di scambio tra potentati nazionali e locali, piuttosto che donne e uomini scelti o ‘preferiti’ dagli elettori, no? E infine il maggioritario, il ‘premio’ a chi prende un voto in più, l’uninominale per esaltare le persone contro i partiti, e per enfatizzare il collegio e le sue diramazioni clientelari o lobbistiche o personalistiche. E che dire del concetto di rappresentanza ridotto a uno straccio? Non più rappresentanza sociale, ma in primis territoriale. Non rappresentanza dei soggetti sociali, ma agli ambienti donde il candidato proviene e da cui viene ‘promosso’ come proprio campione. Quasi deducendone che gli operai o i lavoratori precari veneti sarebbero diversi rispetto a quelli piemontesi o pugliesi. Conclusione finale? Morte termica dei partiti, istituzioni disseccate, ideali politici ridotti a liste di ‘cose da fare’, ‘esecutivo’ che ‘vince’ sulle ‘forze’ rappresentate in Parlamento. E poi sinistra a terra, come un pneumatico bucato, perché il mondo delle mediazioni politiche e culturali, e delle rappresentanze sociali era il suo, mentre quello delle persone che sgomitano e delle identità che muoiono non è il suo.
Eppure la soluzione c’era. Bastava il ritorno al proporzionale e alle preferenze, con un piccolo sbarramento per evitare la polverizzazione. I partiti avrebbero ragionato da partiti, i candidati da candidati, gli elettori avrebbero scelto, le tendenze politiche sarebbero state chiare e le avrebbe espresse ‘nudamente’ il Paese, ridando effettiva centralità al Parlamento. Identità precise versus coalizioni rabberciate e francamente ridicole (vedi quella di ‘centrosinistra’). Organizzazioni politiche versus la roba americana dei candidati uninominali o di collegio. Parlamento finalmente rigenerato dal confronto politico post elettorale e dalla visione nazionale che ne sarebbe sorta. Alleanze politiche invece di patti d’onore tra capi e capetti. Politica invece del teatrino politico-mediatico. Parlamentari forti e rappresentativi invece di peones con l’occhio destro rivolto ai collegi e alle lobby, e il sinistro al Capo, in uno strabismo indicativo della crisi che stiamo vivendo.
Ingovernabilità? Ma che state dicendo! Se c’è la politica c’è governo. Se c’è rappresentanza c’è governo. Se ci sono partiti veri, nazionali, e se ci sono istituzioni forti c’è governo. Guardate in Germania. Fanno Grosse Koalition, ma competono sino all’ultimo, testimoniano un’identità politico-programmatica agli elettori, e si alleano, sulla base della ‘forza’ assegnata, su basi trasparenti dinanzi al Parlamento e al Paese, che quindi può giudicare senza remore. Oggi, invece, si andrà comunque a larghe intese e a patteggiamenti di potere, si spaccheranno le coalizioni preformate per consentire l’asse Renzi-Berlusconi, ma lo si farà dopo aver dichiarato che ‘mai e poi mai’, e dopo patti e strette di mano fuori onda, segreti, nascosti, di potere per il potere, di spartizione di quote e di cinico accordo tra fazioni tecnicamente lontane, che fanno male alla democrazia quasi come una dittatura. A ‘Liberi e Uguali’, che nasce contro tutto ciò, che è oggi la vera novità, e che spero evolva verso un partito nuovo, plurale, di sinistra democratica, chiedo di dare un segnale forte e autorevole contro questo riflusso politico che sta svuotando il nostro Paese di ideali e di politica. Lo chiedo a tutti, non solo al gruppo dirigente nazionale. E da domani è solo campagna elettorale.